Juri Imeri ha chiesto e ottenuto i soldi elargiti dall'Inps per la sua attività con partita Iva. Il Carroccio lo sta difendendo: "Giù le mani dagli amministratori locali". Ma è giallo sul suo reddito: per le opposizioni avrebbe praticamente cessato il lavoro da consulente, mentre a IlFattoQuotidiano.it il sindaco ha spiegato: "Non è così, ecco perché"
Il “mai più ricandidati” nelle liste della Lega non vale per il sindaco di Treviglio, Juri Imeri. Anche il numero uno dell’amministrazione che guida la città da 30mila abitanti in provincia di Bergamo ha chiesto e ottenuto il bonus da 600 euro messo a punto dal governo per partite Iva e autonomi per i mesi di marzo e aprile. Ma Lega, a differenza di quanto fatto coi deputati Elena Murelli e Andrea Dara, che sono stati sospesi, ha già fatto quadrato intorno al proprio esponente: Imeri è un amministratore locale, nulla ha a che vedere con parlamentari o consiglieri regionali che portano a casa, ogni mese, stipendi da cinque cifre.
Eppure nella cittadina della Bergamasca non si parla d’altro. Le opposizioni, con Pd, liste civiche e M5s hanno firmato un documento comune per condannare il gesto del sindaco (Italia viva, con Stefano Sonzogni, si è smarcata sostenendo che un primo cittadino “deve essere valutato per l’operato”). “Non si può far finta di nulla, la sua scelta è stata inopportuna“, sono le parole di Erik Molteni del Partito democratico, “ci sono state persone che hanno faticato veramente, persone a reddito zero. Il caso del sindaco è molto diverso, per questo valuteremo azioni in via ufficiale quando torneremo in Consiglio comunale a settembre”. Le opposizioni, in particolare, puntano sulla situazione reddituale di Imeri. Come primo cittadino di Treviglio, infatti, incassa un’indennità da 3.346 euro lordi al mese. Sul sito del Comune, nel documento sul suo stato patrimoniale relativo al 2018, il sindaco dichiara di avere un “reddito complessivo pari a 43.962 euro“. Imeri, al di là dell’attività da sindaco, si occupa dal 2011 (stando al suo curriculum vitae) di “incarichi di prevenzione e protezione” sui luoghi di lavoro in qualità di “consulente con partita Iva“. Per questo Imeri – o meglio, il suo commercialista – avrebbe fatto domanda per il bonus da 600 euro “nella consapevolezza dei gravi danni che il lockdown avrebbe comportato alla mia attività”.
Ma per Molteni e le minoranze non ci sono dubbi: “Se all’anno dichiara quasi 44mila euro, e da sindaco guadagna più di 3300 euro al mese, con la sua attività da consulente già a partire dal 2018 porta a casa meno di 4mila euro“. Insomma, è il ragionamento, la sua entrata principale è quella da amministratore e quella da partita Iva risulta, sostanzialmente, irrilevante. Raggiunto al telefono in quella che definisce “una vacanza rovinata”, Imeri rispedisce indietro le accuse e, anzi, attacca: “Mi auguro che escano gli elenchi con tutti i politici. Così quando usciranno i nomi di quelli del Pd faremo loro le pulci. Io non sono un bugiardo, ho sempre detto la verità. Ora sono finito nel tritacarne solo perché, tra i tanti, è uscito il mio nome”. Secondo il sindaco è “una follia” che “chi ricopre un incarico pubblico non possa avere anche un ruolo privato. Sono stato vittima di un attacco vergognoso, e le opposizioni ne risponderanno”. Per Imeri, infatti, l’accusa sulla sua attività di consulente è una fake news: “Il mio reddito relativo al 2018”, precisa, “è di poco più di 43mila euro così ripartiti: 29mila euro da sindaco e 14mila con la mia attività con partita Iva. Questi sono tutti importi netti“. Quindi, stando alla sua spiegazione, i 43.962 euro denunciati lo scorso anno, con relativo documento pubblicato sul sito del Comune, sarebbero al netto delle tasse (“14mila euro di imposte e 4mila euro di Inps”, aggiunge). Il che, se fosse corretto, limiterebbe la critica delle opposizioni. Ma, nella vicenda del bonus, forse cambierebbe ulteriormente le cose. Perché il quesito resterebbe: è opportuno chiedere i 600 euro quando si guadagnano, a questo punto, quasi 44mila euro netti all’anno?
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