Uber ha minacciato di interrompere tutte le sue attività in California fino a novembre, se dovesse perdere l’appello contro una legge statale che obbliga il colosso del ride-hailing a riconoscere i propri autisti come dipendenti. Questi conducenti regolari al momento sono considerati alla stregua di semplici appaltatori, ma rivendicano il diritto alle stesse prestazioni sanitarie e di disoccupazione offerte ad altri lavoratori.
Un diritto riconosciuto da un’ingiunzione preliminare che ha già intimato a procedere in tal senso, contro la quale tuttavia l’azienda sta appunto presentando appello. Secondo l’amministratore delegato di Uber Dara Khosrowshahi, infatti, una simile applicazione del diritto del lavoro minaccia l’intera gig economy, perché avrebbe come conseguenza un drastico aumento delle spese per le aziende.
“Se il tribunale non ci ripensa, allora è difficile credere che in California saremo in grado di passare rapidamente dal nostro modello al lavoro a tempo pieno”, ha dichiarato Khosrowshahi in un’intervista televisiva rilasciata all’emittente MSNBC.
Dagli insider riportati dalla testata specializzata Autonews, pare tuttavia che la minaccia di chiudere momentaneamente i battenti venga considerata più come una sorta di ultima ratio da parte dell’azienda, nel caso che fallisca ogni altro tentativo di mediazione. Tra cui quella che l’ingiunzione preliminare venga sospesa per tutta la durata del processo d’appello. Se non è un braccio di ferro, poco ci manca.