“Non scambiamo lo scandalo di Tangentopoli con questa piccionaia di piccole e miserabili persone. Ricordo che quei 600 euro sono soldi pubblici, quindi decidiamo noi cittadini a chi fare beneficenza. Questa beneficenza del giorno dopo per me è uno schiaffo peggiore dell’atto di fregarsi quei 600 euro. E’ una presa in giro che mi offende“. Così, a “L’aria che tira estate” (La7), l’ex magistrato Antonio Di Pietro commenta la vicenda dei politici che hanno ottenuto il bonus da 600 euro, introdotto dai decreti Cura Italia e Rilancio per sostenere autonomi e partite Iva in difficoltà.
E aggiunge: “Mi offende anche un’altra cosa. A me pare che parlare esclusivamente di questi 5 parlamentari sia troppo riduttivo. Se sono soldi pubblici, è bene che noi cittadini sappiamo chi li ha ricevuti: e non solo i parlamentari e i consiglieri regionali, ma anche una marea enorme di professionisti che hanno soldi a iosa e che hanno giocato con questo. Credo che la cosa migliore da fare sia consentire a Tridico di depositare l’elenco dei beneficiari di questi soldi pubblici, rispetto ai quali non deve esistere la privacy – conclude – Io voglio questo elenco. Perché quei soldi sono stati presi dai notai, dagli studi professionali, dalle partite Iva che non hanno sospeso l’attività e che hanno continuato a guadagnare durante il lockdown? Perché di tutti questi non si deve parlare? Sono come i parlamentari e anche peggio. La legge non poneva limiti sul reddito? Questa non è una buona ragione per fare il furbo. Io chiamo questi casi ‘precostituzione della buona fede’, che è il massimo del dolo: io mi organizzo in modo tale che, utilizzando quella legge, mi faccio gli affari miei. Ma questo vuol dire fregare il prossimo”.