Tra settembre e ottobre verrà consegnata la perizia sulle cause che hanno portato alla tragedia del 14 agosto di due anni fa. Sarà quella la prova che cristallizzerà eventuali responsabilità su cui poi si baserà il futuro processo. La procura di Genova: "Le nostre indagini hanno permesso di mettere in sicurezza l’intera rete autostradale"
Sarà un autunno caldo, e non solo sul fronte dell’emergenza coronavirus. Tra il settembre e l’ottobre prossimo l’inchiesta sul crollo del ponte Morandi arriverà al giro di boa. A due anni dalla tragedia, che alla vigilia del ferragosto 2018 costò la vita a 43 persone, verrà consegnata la perizia sulle cause che hanno portato al collasso del viadotto. Sarà quella la prova che cristallizzerà eventuali responsabilità su cui poi si baserà il futuro processo.
In questi 24 mesi sono stati indagati gli ex vertici di Autostrade per l’Italia, di Spea, la società che faceva le manutenzioni, i funzionari del ministero dei Trasporti e i tecnici. Settantuno indagati, più le due società, accusate a vario titolo di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, attentato alla sicurezza del trasporti, falso. Secondo il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e i sostituti Massimo Terrile e Walter Cotugno la struttura era ammalorata e nella società lo sapevano tanto che nel 2015 era stato approvato un progetto di retrofitting per consolidare le pile 9 (quella crollata) e la 10. Un restyling rinviato per tre anni che è stato ‘anticipato’ dal crollo.
Scavando tra le macerie e la mole di documenti, gli uomini del primo gruppo della guardia di finanza, guidati dal colonnello Ivan Bixio, hanno scoperto che i report sulla sicurezza venivano edulcorati e modificati, i voti sulla reale condizione dei viadotti abbassati per permettere l’ingresso nella holding di nuovi soci (cinesi e tedeschi). La sicurezza, insomma, secondo l’accusa era finita in secondo piano tanto che i costi della manutenzione straordinaria del Morandi erano passati da un milione e 200 mila euro, quando le autostrade erano pubbliche, a 24mila euro.
“Le nostre indagini hanno permesso di mettere in sicurezza l’intera rete autostradale. La cosa più importante e la sicurezza degli utenti affinché non succedano più tragedie come quelle di due anni fa”, spiega la procura di Genova. L’inchiesta, infatti, non si è fermata al crollo del ponte Morandi ma ha portato all’apertura di nuovi fascicoli. Da quella sui falsi report sui viadotti di altre regioni, alle barriere fono assorbenti difettose, fino a quelle sulla pericolosità delle gallerie. Dopo le prime intercettazioni, Aspi ha silurato l’amministratore delegato Giovanni Castellucci e gli altri ex vertici della società ed ha sostituito Spea con società esterne. L’ultimo fronte caldo è quello sulle gallerie dopo il crollo della volta della Bertè sull’ A26 il 30 dicembre 2019 in. Da quel giorno sono partite le ispezioni nei 285 tunnel liguri e lavori urgenti in molte di queste, con disagi continui lungo il nodo autostradale.