L’azione di Israele e degli Emirati Arabi Uniti che ha lo scopo di stabilire legami diplomatici formali tra i due paesi, si è potuta concretizzare dopo che Israele ha accettato di sospendere un piano per annettere parti della Cisgiordania occupata. Questo accordo inoltre fa parte di un più ampio programma degli Stati Uniti per rafforzare i legami con gli Stati arabi del Golfo.
Questa linea è stata anticipata dall’editoriale dell’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti negli Stati Uniti, Yousef al Otaiba, sui media israeliani, in ebraico, che ha evidenziato che “l’annessione certamente e immediatamente capovolgerà le aspirazioni israeliane per una maggiore sicurezza, per legami economici e culturali con il mondo arabo e con gli Emirati Arabi Uniti “.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno guidato gli sforzi per dare il via e successivamente mantenere vivo il processo di pace, offrendo la normalizzazione delle relazioni come ricompensa ad un compromesso israeliano per congelare l’annessione ed essere più disponibili a un ritorno verso i negoziati.
Tatticamente, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha voluto allargare il cerchio della pace a un accordo arabo-israeliano, invece di uno specifico per i palestinesi. Washington ha adottato la sua retorica sul bisogno di pace di Israele con gli arabi che per impostazione “predefinita” include anche i palestinesi. Per l’amministrazione americana questo passo è anche strategicamente importante in quanto il processo di pace sembrava essere fallito, tutto nell’ottica delle elezioni presidenziali che si terranno entro la fine dell’anno.
L’accordo tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele dimostra che l’amministrazione Trump sta ottenendo importanti risultati: si tratta del primo accordo di pace tra Israele e un paese arabo dal 1994. Appare ancora più significativo in quanto potrebbe avviare l’inizio della normalizzazione di altri paesi arabi e musulmani relazioni, come Bahrein, Sudan e Oman.
Il piano degli Stati Uniti per mediare tra Israele e i paesi del Golfo è iniziato con la prima visita del presidente Trump in Medio Oriente. È arrivato a Tel Aviv da Riyadh, e Netanyahu, ricevendolo, ha commentato di attendere con ansia il giorno in cui l’aereo sarebbe potuto tornare a Riyadh partendo da Tel Aviv. Il viaggio del presidente Trump effettuato all’inizio del suo mandato presidenziale ha rappresentato l’occasione per rinnovare le relazioni con l’Arabia Saudita e un’intesa più diffusa tra Israele e Riyadh, così come altri paesi del Golfo e Stati arabi in generale.
L’accordo tra le due nazioni creerà maggiori pressioni sull’Autorità Palestinese, poiché l’annessione israeliana era la giustificazione utilizzata per non tornare al tavolo dei negoziati, in particolare dato che Trump non ha mai negato l’esistenza di uno Stato palestinese. Ciò lascia ai palestinesi pochissimo spazio di manovra e potrebbe portare ad un approccio più realistico volto ad evitare l’isolamento e il rischio di una profonda crisi interna per identificare soluzioni a questioni critiche per la Palestina e per l’intera area.
La stessa area medio orientale che si trova a dover affrontare molte sfide: la sicurezza rimane una delle più critiche e prioritarie, combinata con essa anche l’attuale necessità di sviluppo economico, gli interessi reciproci e i mega progetti transfrontalieri che ad oggi rappresentano un’opportunità estremamente allettante per molti paesi.
Gli sforzi diplomatici degli Emirati Arabi Uniti evidenziano i suoi progressi nel posizionamento come hub regionale, per la cultura, l’arte, la tolleranza, il pluralismo, le start-up, il turismo e i mega-progetti economici. Anche se la sua politica produce diversi tipi di impatto sui paesi dell’area, che comunque rimane dominata da un’atmosfera di conflitto, queste sfide non sembrano rappresentare un ostacolo per l’ambizione degli Emirati di svolgere un ruolo significativo, di leader, nella regione.