All’umorista e regista britannico Chris Morris è bastato venire in contatto con una delle big lies vendute per storie vere per innescargli la curiosità di approfondire la materia e tradurla - inevitabilmente - in una commedia grottesca dal sapore cinico quanto le ingiustizie che l’hanno ispirata
Cia, Fbi, Servizi segreti. Tutti indifferentemente alla ricerca di un capro espiatorio. Perché ai garanti della sicurezza americana poco importa di arrestare i veri colpevoli: al blasone in trionfo è sufficiente esibire una preda qualunque, meglio se mediatamente attraente. Se in ballo, poi, ci sono i terroristi islamici, il loro hunger game si accende almeno quanto la creatività a ordire trame totalmente false ma spettacolarmente credibili.
Il caso vuole che il capro espiatorio, ovvero protagonista del film, sia Moses, il leader goffo e cialtrone di una comunità nera (The Star of Six Farm) che predica il black power: in totale buona fede pensa di esser d’aiuto a rintracciare dei terroristi ignaro di prestare il fianco all’Fbi che si serve della sua stupidità per incastrarlo e mettersi in mostra. “Il problema – continua Morris contattato in pieno lockdown nella sua casa londinese – è che questo genere di vicende sono all’ordine del giorno, scatenate dalla fobia post 11 settembre contro ogni cosa riguardi l’Islam, con il lato preoccupante che sono sostenute, se non volute, dalle istituzioni stesse, dai governi nazionali!”. Sotto accusa sono soprattutto gli States, “dove i crimini vengono organizzati apposta per inventarsi dei colpevoli da mandare in tv e farsi applaudire dal popolo ignorante; un vero giro d’affari per incentivare il crimine, per giustificare l’uso delle armi, insomma un sistema perfettamente architettato che manipola la verità sintetizzabile in un amarissimo slogan: è più difficile catturare un vero terrorista che crearne uno all’occorrenza”.
In The Day Shall Come – in digital download per l’Italia dal 17 agosto – s’innerva anche la recente protesta del #BlackLivesMatter benché ante litteram se vogliamo legarla al suo accedersi post omicidio di George Floyd: il film, chiaramente, è stato pensato e girato molto prima. La materia tragica, tuttavia, è così argutamente mescolata nei suoi elementi di parossismo da risultare estremamente comica: evidentemente ne è complice la penna di Jesse Armstrong, creatore della geniale serie HBO Succession, che ha co-firmato con Morris la sceneggiatura. “E’ il sapore della satira pura, che punge sulla scomodità, attinge dal tragico e rivela verità con la sapienza beffarda degli antichi buttando al cesso ogni politcally correct” ammicca Morris che su questi discorsi è tra i sovrani d’Albione. Così è che tutti, veramente nessuno escluso, diventa preda del ridicolo in un gioco al massacro: agenti federali e locali, nazi, spie, terroristi (indistinti tra aderenti all’Isis, Al Qaeda e altre organizzazioni..), e naturalmente i blacks, il cui “Sultan” Moses è il più sbeffeggiato di tutti. “Noi ridiamo e ci divertiamo a farvi ridere, ma il pensiero si rabbuia se ci rendiamo conto che l’inquietante situazione non può che peggiorare” ammonisce il regista. “Ormai si tratta di una storia universale sull’abuso di controllo da parte dei potenti: ovunque tu sia ti possono incastrare e non c’è legge a cui potrai appellarti perché – paradossalmente – questi delinquenti agiscono secondo legge. Se si continuerà a permettere ai governi di agire così, un giorno o l’altro capiterà anche a te”.