Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e membro del comitato tecnico scientifico, si schiera dalla parte del governo riguardo alla decisione di chiudere nuovamente discoteche e sale da ballo che ha provocato le proteste degli operatori del settore e quelle, timide, di alcuni governatori che, però, si sono adeguati alle posizioni degli altri presidenti di Regione. “O seguiamo le regole o rischiamo di dover chiudere altre attività dopo le discoteche”, ha dichiarato l’esperto del Cts in un’intervista al Corriere, dopo la nuova crescita della curva dei contagi registrata nelle ultime settimane e le immagini arrivate dai principali luoghi della movida estiva italiana. E a chi individua nei migranti una delle cause dell’aumento dei casi risponde: “Non oltre il 3-5% di loro sono positivi e una parte si infettano nei centri di accoglienza”.

Come già dichiarato dal ministro della Salute, Roberto Speranza, anche Locatelli spiega che in vista di settembre la priorità è “riaprire le scuole a ogni costo. I contagi aumentano ma siamo ancora in vantaggio e possiamo contenere l’epidemia”. La decisione di allentare più restrizioni possibili era legata all’inizio della stagione estiva che “ha comportato la necessità di considerare alcune riaperture per non danneggiare l’economia del turismo e per consentire agli italiani di godersi le vacanze in località montane e marittime, evitando l’estero. Forse, si doveva prestare maggiore attenzione al rispetto delle regole d’oro, come indossare la mascherina nei luoghi chiusi e all’aperto in caso di impossibilità a mantenere il distanziamento interpersonale adeguato, osservare una scrupolosa igiene delle mani ed evitare assembramenti”, ha aggiunto il presidente del Consiglio superiore di Sanità.

La nuova chiusura delle discoteche, ammette, “avrà un impatto economico, purtroppo, ma la salute viene prima di tutto e quanto abbiamo visto accadere nelle discoteche come luoghi di assembramento va evitato altrimenti rischiamo di ritrovarci presto in una situazione più allarmante. I giovani possono infettarsi e non sono al riparo da manifestazioni gravi come dimostra la storia della bambina di 5 anni ricoverata a Padova con sindrome uremico emolitica in possibile relazione al Sars-CoV-2. Tanti i ventenni ricoverati. Nessuno è immune. Il rischio per i giovani di infettarsi è simile a quello di chiunque altro”.

Con l’esperienza e la conoscenza del virus maturata nel corso della Fase 1, è improbabile che “si possa riprodurre un’emergenza paragonabile, anche perché i contagiati vengono diagnosticati precocemente per cui si prevengono le forme gravi”, continua Locatelli, anche se l’allerta deve rimanere alta, soprattutto per quanto riguarda il rischio di un nuovo sovraccarico del sistema sanitario e delle terapie intensive: “Per valutare l’andamento dell’epidemia dobbiamo avere una visione generale. Se il numero dei contagiati salisse in modo importante ci sarebbe per forza un carico maggiore per le strutture sanitarie. Essere messi meglio di Francia e Spagna non esclude il timore di una crescita esponenziale della curva nelle prossime due settimane. Ma non siamo alla seconda ondata”.

E a chi cerca, come fatto da Matteo Salvini, di spostare l’attenzione e le responsabilità dell’innalzamento dei contagi sul nuovo boom di sbarchi registrato a luglio, Locatelli risponde che “a seconda delle Regioni, il 25-40% dei casi sono stati importati da concittadini tornati da viaggi o da stranieri residenti in Italia. Il contributo dei migranti, intesi come disperati che fuggono, è minimale, non oltre il 3-5% sono positivi e una parte si infettano nei centri di accoglienza dove è più difficile mantenere le misure sanitarie adeguate”.

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