Entrambi sono trattenuti in carcere dopo i primi accertamenti degli investigatori. Secondo i pm, a provocare i lividi a Evan è stato il 32enne convivente. La donna, invece, non avrebbe fatto nulla per fermarlo. Nei mesi scorsi il bambino aveva già subìto una frattura, diagnosticata all’ospedale di Noto e giustificata dalla coppia come un incidente. Il padre biologico aveva presentato un esposto contro ignoti per lesioni al figlio
Svolta nell’inchiesta della procura di Siracusa sul bimbo di un anno e otto mesi morto ieri a Rosolini. Dopo il fermo del patrigno 32enne, i magistrati hanno disposto la stessa misura per la madre. Per entrambi, ora trattenuti in carcere, si ipotizzano i reati di omicidio volontario e maltrattamenti in famiglia. Il piccolo Evan, che aveva 21 mesi, è arrivato in ospedale a Modica già senza vita e sul suo corpo sarebbero stati rinvenuti dei “lividi evidenti“. Secondo l’accusa, a procurarglieli sarebbe stato il convivente della donna, ritenuto responsabile di uno stile di vita “aggressivo”, insofferente verso i pianti del bambino e da “padre-padrone”, a cui lei non si sarebbe mai opposta. Tanto che, stando alle prime informazioni, nei mesi scorsi il 32enne aveva già provocato al piccolo una frattura, diagnosticata all’ospedale di Noto e giustificata dalla coppia come un incidente. Violenze continue per cui il padre biologico, che lavora in Liguria, aveva presentato un esposto per maltrattamenti contro ignoti per lesioni ai danni del figlio.
A far scattare le indagini su Evan è stato il medico di Modica che lo ha visitato al suo arrivo in ospedale, constatandone il decesso. Come riferito dalla polizia, è rimasto “quasi sotto choc” nel vedere il corpo martoriato del piccolo. La procura sostiene che, anche questa volta, i due hanno mentito sull’accaduto. Cercando di nascondere la violenza con delle bugie: hanno detto che il piccolo era stato male, che aveva ingoiato un giocattolo, che era caduto, che era rimasto incastrato in una porta di casa. Ma le ferite evidenti e l’esperienza del dottore di turno al pronto soccorso hanno fatto scattare l’allarme e le indagini del commissariato di polizia.
Gli agenti hanno quindi sentito la madre e già dal primo interrogatorio sono emersi degli elementi che hanno fatto scattare il fermo del convivente. La donna, riferisce l’Ansa, ha prima cercato di ‘coprire’ l’uomo, poi ha raccontato l’accaduto e ha svelato anche le violenze che avrebbe commesso nel tempo nei suoi confronti e verso il bambino. In altri contesti era stato già denunciato per maltrattamenti in famiglia. Inoltre, si sarebbe più volte lamentato perché non sopportava i continui pianti del piccolo e per questo – sostiene l’accusa – lo scuoteva e lo picchiava. Violenze che lei non avrebbe mai denunciato. Nessuna aggressione, invece, avrebbe subito il figlio più grande (di sei anni) che la 23enne aveva avuto durante una precedente relazione e di cui ora si occuperà il Tribunale per i minorenni di Catania.
La donna e il compagno sono quindi al centro delle indagini, dirette dal sostituto procuratore Donata Costa, col coordinamento del procuratore capo Sabrina Gambino. Disposta l’autopsia. Il padre biologico della piccola vittima, invece, che lavora fuori dalla Sicilia e che aveva interrotto un anno fa la relazione con la 23enne, è stato avvertito dell’accaduto e si è messo subito in viaggio per fare rientro nell’isola. Già in passato i suoi familiari avevano notato che Evan “non era sereno”. La nonna paterna aveva visto le lesioni e le aveva documentate con delle foto scattate al bambino, che pare avesse anche problemi a camminare. La mamma, riferisce l’Ansa, si era sempre giustificata raccontando che era caduto mentre giocava. A quel punto il padre ha presentato un esposto contro ignoti in Liguria, dove vive, mostrando agli inquirenti le fotografie. In alcune si vedono dei lividi vicino all’orecchio del piccolo.