Il razionale della chiusura delle discoteche, l’ultimo provvedimento del governo per il controllo dell’epidemia, sfugge alla logica dell’epidemiologia e ai cittadini sarebbe dovuta una spiegazione da parte del comitato degli esperti del governo.
L’epidemiologia “classica” suggerisce che le misure di distanziamento sociale servano ad appiattire la curva epidemiologica, per mantenere il numero di malati al di sotto della capienza dei servizi sanitari. Questo concetto, espresso con il termine inglese “flatten the curve“, che qualunque lettore può trovare ampiamente spiegato sul web (ad esempio Cordis ), è graficamente illustrato nella figura (da pixabay).
La curva rossa rappresenta il numero di malati nel tempo in assenza di misure di contenimento dell’epidemia; si vede che il picco di contagi è alto e ripido. La curva blu rappresenta il numero di malati nel tempo in presenza di misure di contenimento; il picco di contagi è appiattito. La linea tratteggiata rappresenta la capienza del Servizio Sanitario Nazionale: la curva rossa, dell’epidemia incontrollata, la supera, indicando che ci saranno nel corso dell’epidemia malati che non potranno ricevere assistenza adeguata; la curva blu invece rimane al di sotto, e garantisce che tutti i malati potranno essere assistiti.
Le aree marcate in blu e in rosso sono proporzionali al numero finale di casi di malattia e sono tra loro uguali: infatti alla fine dell’epidemia, a meno dello sviluppo di un vaccino, il numero di malati guariti dovrà essere più o meno lo stesso perché ciò che causa la fine dell’epidemia è l’immunizzazione di una frazione sufficiente della popolazione.
I modelli epidemiologici dicono che per far terminare l’epidemia almeno il 60-70% della popolazione debba conseguire l’immunità; ma ci sono ottime probabilità che fenomeni di ridotta suscettibilità di una parte della popolazione per ragioni genetiche o per l’immunità crociata con infezioni virali pregresse possano rendere sufficiente una percentuale significativamente inferiore, come è stato ipotizzato dai Proff. Michael Levitt (Premio Nobel) e Karl Friston.
Poiché l’obiettivo delle misure di distanziamento è quello di mantenere il numero di malati al di sotto della capienza delle strutture del Servizio Sanitario, il numero di contagi giornalieri che tanto ha preoccupato sia l’opinione pubblica che il governo, al punto di decretare la chiusura delle discoteche, non è un parametro rilevante: il parametro rilevante è l’affollamento delle Unità di Terapia Intensiva. Su questo i Proff. Alberto Zangrillo e Matteo Bassetti, che vivono l’epidemia ogni giorno a contatto con i malati, ci hanno rassicurato: le Terapie Intensive non sono sovraffollate.
In queste condizioni, come ha esplicitamente affermato il Prof. Eric Caumes, è conveniente che l’epidemia circoli almeno tra i gruppi a minor rischio di complicanze, perché la mortalità è molto bassa e un’ampia immunizzazione della popolazione può essere ottenuta con minimo danno.
Questo non è cinismo, ma realismo: una epidemia causa sempre sofferenza e morte e l’obiettivo delle misure di contenimento è minimizzare questi effetti; questo risultato non consegue al tentativo di minimizzare ad ogni costo i contagi, consegue invece all’operazione di distribuirli nel tempo attraverso opportune misure. Infatti, minimizzare i contagi oggi può significare aumentarli domani: come ha spiegato il Prof. Johan Giesecke, i lockdown non eliminano la malattia ma spostano il problema al futuro, e con altissimi costi economici e sociali.
E’ facile calcolare che per raggiungere la soglia del 60% di immuni in assenza di un vaccino e al ritmo di 600 nuovi casi al giorno l’Italia impiegherebbe oltre 150 anni! E’ chiaro che l’epidemia finirà in ogni caso molto prima ma è altrettanto chiaro che le misure di contenimento applicate quando il livello di contagio è quello attuale non ci portano fuori dall’epidemia in tempi ragionevoli: chi si aspetta che un anno di lockdown risolva il problema è destinato a rimanere deluso.
Le considerazioni esposte in questo post sono estremamente banali, e certamente gli esperti al servizio del governo le conoscono benissimo, molto meglio di come sono state qui esposte; è chiaro quindi che questi esperti perseguono obiettivi diversi, forse anche soltanto l’attesa del vaccino. Però questi obiettivi devono essere chiariti alla popolazione, che si illude di poter sconfiggere l’epidemia rinunciando a ballare per qualche mese.