“Mio fratello è adulto e fa le sue scelte. Personalmente non è che la cosa mi facesse impazzire, ma era una sua decisione”. In un’intervista al Corriere della Sera, il conduttore radiofonico Linus torna sulla questione discoteche, dopo il duro post di accusa pubblicato su Instagram. Ma stavolta parla anche del fratello Albertino, che all’inizio del mese era sul palco della Praja di Gallipoli, la discoteca finita al centro delle polemiche per la folla accalcata senza mascherina. “Anche solo qualche tempo fa c’era l’idea che i locali si potessero organizzare”.
Tra un concerto (proibito fin da subito) e un cantante che fa la serata in un locale non c’è “nessuna differenza”, ammette il dj, ma ricorda che tutto sommato sono state poche: “C’è stata Elettra Lamborghini, che poi giustamente ha deciso di annullare le altre date… ma anche i ragazzi del rap e della trap e dintorni, in generale, sono stati buoni e a casa”.
Linus spiega che lo scopo del post non era prendersela con il settore: “Il mio non è un attacco alle discoteche, semmai una loro difesa, pensando anche ai gestori che sono stati lasciati a metà del guado: a un certo punto è stato detto loro ‘aprite’, ma buttandogli addosso tutte le responsabilità”. La questione più che prevedibile, per il direttore artistico di Radio Deejay, era con le riaperture sarebbero arrivati inevitabilmente gli assembramenti. “Sono il primo a dire che non si deve vivere in uno stato di polizia o, comunque, con il terrore continuo – aggiunge – ma era doveroso eliminare tutte le situazioni esageratamente affollabili“. Per quanto riguarda le serate di Radio dj a Riccione, dice, sono stati organizzati a capienza più che ridotta: “Se gli altri anni questi stessi eventi erano pensati per 15 – 20mila persone, oggi la piazza ne ospita 2mila al massimo e tutte sedute: sembra di essere al Cremlino, quando si facevano gli spettacoli per la nomenklatura”.
Nel corso dell’intervista al Corriere Linus spiega la decisione di non intervenire sulla questione discoteche per non “finire nella polemica“. Ma non è più riuscito a trattenersi, dice, quando dopo Ferragosto è arrivata la decisione di chiudere i locali. “Mi è sembrata talmente ipocrita a livello di tempistica“. E ribadisce: “Ho usato delle espressioni forti per dire che non ci voleva tanto, si poteva capire che saremmo arrivati a tutto questo. E resto convinto che quindi si poteva evitare“.
Oltre a non volersela prendere con i gestori, dice, non vuole nemmeno colpevolizzare i giovani: “Da marzo a maggio sono stati meravigliosi. Semplicemente, hanno bisogno di regole chiare, indicazioni precise. Quando diventano incomprensibili prevale la voglia di scatenarsi, specie dopo un periodo come questo”.