I cetacei si ritrovano a cacciare nella stessa zona dove vengono lanciate le reti a strascico: muoiono di asfissia, intrappolati, per poi essere rilasciati in mare e venir trasportati dalle correnti fino a riva. La Commissione europea ha chiesto a Parigi di intervenire. La ong animalista a Repubblica: "Limitare il numero di pescherecci in mare e, di conseguenza, limitare al massimo il pesce sulle nostre tavole"
Per i pescatori sono “morti per cause accidentali” quelle di migliaia di delfini trovati spiaggiati in Francia ogni anno. Morti accidentali causate dal fatto che i cetacei si ritrovano a cacciare nella stessa zona dove vengono lanciate le reti a strascico: muoiono di asfissia, intrappolati, per poi essere rilasciati in mare e venir trasportati dalle correnti fino a riva. Solo nel 2020 si parla di ben 1177 morti in mare, un numero talmente alto da far intervenire la Commissione europea che ha chiesto alla Francia (insieme alla Spagna e alla Svezia) di invertire la tendenza.
Lo spiega Lamya Essemlali, presidente di Sea Shepherd France, la Ong che si occupa della salvaguardia della fauna ittica: “La Francia è il Paese che uccide più delfini in Europa. L’anno scorso gli scienziati hanno stimato che nelle acque delle coste atlantiche del Golfo di Biscaglia sono morti oltre undicimila cetacei a causa delle pesca non selettiva. Noi vediamo solo il 18% delle migliaia di delfini uccisi in mare, solo quelli che arrivano morti sulle nostre spiagge”, spiega sulle pagine della Repubblica. Un numero che quest’anno è tornato ad aumentare, principalmente nella zona di pesca del golfo di Biscaglia.
Oltre all’intervento della Commissione europea c’è stato anche quello del tribunale amministrativo di Parigi che ha condannato la Francia per “il ritardo nel mettere in pratica azioni concrete contro gli episodi ricorrenti, dagli anni Novanta e con picchi dal 2016, di morte di cetacei sulle coste atlantiche e in particolare nel golfo di Biscaglia”. Azioni concrete che, secondo gli attivisti, possono essere adottate fin da subito. Secondo Essemlali, infatti, bisogna “vietare tutti i metodi di pesca non selettivi, limitare il numero di pescherecci in mare e, di conseguenza, limitare al massimo il pesce sulle nostre tavole”.
I delfini vanno alla ricerca di spigole e merluzzi nelle acque francesi, finendo preda delle reti a strascico e vittime di un settore economico che per i francesi frutta ben 1,7 miliardi di euro all’anno. “Ci vuole coraggio politico anche per rispondere all’ultimatum dell’Europa e noi vogliamo per il nostro Paese lo scenario più ambizioso”, spiega Essemlali, “ovvero vietare per quattro mesi la pesca nelle zone del Golfo di Biscaglia e allo stesso tempo obbligare a installare telecamere a bordo dei pescherecci per filmare cosa finisce nelle reti. I pescatori negano di essere responsabili e non c’è trasparenza“, continua l’attivista.
Barbara Pompili, neo ministra francese della Transizione ecologica e solidale, fa sapere a Repubblica quali sono le misure allo studio per salvare i delfini: periodi di chiusura della stagione di pesca e telecamere per i pescherecci, anche se solo su base volontaria e solo per le piccole imbarcazioni private. Oltre alle telecamere, altrimenti, si sta ragionando al ministero sui dissuasori acustici, i cosiddetti “pinger”. Sea Shepherd però è contraria: “Così i delfini vengono allontanati dalle loro zone di nutrizione e finiscono per non trovare più cibo“. Rispetto alla Francia, in Italia muoiono molti meno delfini: sono comunque circa 200 ogni anno, secondo i dati riportati da Repubblica citando Life Delfi. La causa sarebbe sempre legata ai pescherecci privati o industriali.