Politica

Zingaretti non può rispondere alla lettera aperta di Sales: la Campania è un feudo politico

Tutto tace. Nicola Zingaretti, segretario del Pd, non ha ancora trovato il tempo di rispondere alla lettera aperta scritta da Isaia Sales e pubblicata sul Fatto Quotidiano. Una missiva diretta, in cui senza tanti giri di parole vengono affrontate ed elencate tutte di un fiato nella loro sconcertante e aberrante crudezza le contraddizioni, gli opportunismi, il disinvolto cinismo politico delle scelte, fin qui, messe in campo dal complesso apparato di potere che fa capo al ricandidato presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca.

Un affresco di anacronistica realpolitik dove tutto si tiene con il fine che travalica i mezzi in una forma riammodernata ed estremizzata di un machiavellismo in salsa salernitana. Lo spaccato che emerge dalle inchieste e dai provvedimenti adottati, in questi giorni, dalla Procura di Napoli vedono coinvolti strettissimi collaboratori dell’ex sindaco di Salerno, delineano e tracciano un modus operandi che affonda le proprie radici nel canovaccio del sistema di potere della lunga esperienza amministrativa dell’ex sceriffo.

Stesso entourage con a capo della catena di comando i collaudati e obbedienti consoli e proconsoli, i signor Wolf, gli intermediari di sempre, la variegata schiera di pretoriani, di vassalli, valvassori e valvassini e la fila di aspiranti apprendisti al servigio del principe De Luca.

Stessi e differenziati anche i meccanismi del consenso: dalle fritturine di pesce ai grandi appalti passando per i provvedimenti “ad castam” fino alle scelte post ideologiche, di etica amorale e opportunistica che non guarda al pelo nell’uovo e consente a voltagabbana, transfughi, ceto politico bollito, indagati, rinviati a giudizio e tirati in ballo in sconcertanti e gravi intercettazioni di inchieste anche sulla camorra di accomodarsi a posti al sole riservati in liste civetta d’appoggio e finalizzate al rastrellamento scientifico nel mercato del consenso di ogni tipo, natura, tendenza, e origine di voto elettorale.

Scrive Sales: “E’ la più estesa “coalizione familistica” della storia politica meridionale, il più massiccio spostamento di personale politico da uno schieramento all’altro che si riscontri nella storia elettorale italiana”. Ecco, forse il segretario di un aspirante e nuovo Partito Democratico impegnato in uno sforzo importante di apertura alle nuove istanze e di vero rinnovamento, con urgenza, dovrebbe rispondere a Sales e chiarire come la pensa.

La posta in gioco è epocale: c’è da ricostruire un Paese. La sfida si gioca al Sud e c’è bisogno di una classe politica capace e libera dal ricatto delle cambiali in bianco da onorare. E nel dulcis in fundo della lettera aperta di Sales c’è un passaggio non casuale su Nello Mastursi, già capo della segreteria di De Luca e già responsabile dell’organizzazione prima dei Ds e poi del Pd regionale, condannato a 18 mesi e ora recuperato come responsabile della compilazione delle liste civiche di De Luca.

C’è chi sostiene che ha un’agenda più fitta di quella di un parrucchiere dopo il lockdown. E Mastursi, intervistato sulle polemiche del suo ritorno sulla scena, Repubblica del 14 agosto, ha risposto: “Di chi? Del professor Isaia Sales? Con tutto il rispetto ma chi rappresenta in questo Paese? Non rispondo nemmeno”. A Mastursi esponente silente della casta si consiglierebbe cautela e la lettura dei titoli dei tanti saggi scritti da Sales, di informarsi sulle sue battaglie civili e politiche, sul suo prestigioso curriculum e di usare prudenza visto che sul tema della rappresentanza non solo lui non è eletto e che il consenso incassato che diventa sistema di potere, spesso è tale per l’aver soddisfatto le più svariate richieste di lobby, le pretese dei reticoli clientelari e gli individuali particulari.

Ecco, il “volontario” Mastursi alla corte di De Luca, con incarichi in società del Comune di Salerno, ricordi che un minuto dopo lo scoppio dello scandalo del 2015 fu così, pubblicamente e solo apparentemente, liquidato proprio da De Luca: “Si è dimesso per troppo lavoro. Non è Winston Churchill, né Cavour. E’ una persona che fa il suo lavoro come tante. A volte bene, a volte male. Io di questa storia non so niente, di niente, di niente. Chi sbaglia con me è colpevole non una ma tante volte”.

La risposta di Mastursi alla critica di Sales ricolloca tutto alla realtà immanente e interpreta quel sentire comune, di quella cultura politica/utilitaristica della collaudata gioiosa macchina da guerra deluchiana: della serie: “Non disturbate il manovratore”. Insomma, Zingaretti alla fine pare non essere in grado di rispondere a Sales, gli dovrebbe dare solo ragione e ammettere che in alcune realtà il suo partito è poco più di un vascello in balia dei pirati. La Campania resta, purtroppo, ancora un feudo.