La gara da 38 milioni, indetta dal Provveditorato lombardo alle opere pubbliche per ristrutturare la caserma Montebello, sarebbe stata condizionata dalle "gravi relazioni collusive fra alcuni funzionari pubblici e la dirigenza della ditta appaltatrice". Gli indagati sono accusati a vario titolo di corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente
Cambiano i nomi, ma il meccanismo è sempre lo stesso. Per favorire un’impresa amica nella gara d’appalto indetta per ristrutturare la caserma dei carabinieri ‘Montebello’ a Milano, il dirigente generale del ministero dei Trasporti Francesco Errichiello (all’epoca a capo del Provveditorato lombardo delle opere pubbliche) avrebbe intascato una mazzetta da 50mila euro. È quanto emerge dall’inchiesta della procura milanese coordinata dai pm Giovanni Polizzi e Paolo Filippini, che vede indagate in totale 8 persone accusate a vario titolo di corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Oltre a Errichiello, sono coinvolti un ingegnere del Provveditorato alle opere pubbliche per la Lombardia e l’Emilia Romagna, un libero professionista e 5 fra amministratori e dipendenti di imprese private, tra cui l’imprenditore romano Ottaviano Cinque, titolare della società vincitrice dell’appalto.
L’indagine, ribattezzata ‘Casa Nostra’, è iniziata nel febbraio 2017, quando in occasione della domanda di concordato preventivo presentata dalla società Socostramo alcuni subappaltatori hanno denunciato anomalie nella contabilizzazione dei lavori e ritardi nei pagamenti. I carabinieri hanno quindi accertato “gravi relazioni collusive fra alcuni pubblici funzionari del Provveditorato alle opere pubbliche di Milano e la dirigenza della ditta appaltatrice che hanno condizionato, sin dall’origine, l’affidamento e l’esecuzione dell’appalto”. Un affare da capogiro, dal valore di 38 milioni di euro.
Nel corso delle indagini, chiariscono i militari, è stata scoperta la corruzione del provveditore dell’epoca Errichiello (che è già stato condannato in un processo milanese e oggi ricopre il ruolo di dirigente generale presso il Ministero). I soldi sarebbero stati emessi attraverso una fattura falsa da una ditta compiacente e poi consegnati tramite il progettista esecutivo dell’appalto. Anche lui, spiegano gli investigatori, “aveva partecipato alla formazione della provvista illecita per remunerare” il dirigente pubblico “che lo aveva segnalato alla Socostramo per il prestigioso incarico di progettazione”.
Secondo gli inquirenti, il secondo episodio di corruzione riguarda il responsabile unico del procedimento, Giovanni Gatto, che nel 2014, in cambio della parziale ristrutturazione di due appartamenti di sua proprietà (per un controvalore di 6mila euro) non avrebbe vigilato sulla corretta esecuzione del contratto pubblico. Sono emersi, inoltre, accordi illeciti fra pubblici funzionari e professionisti privati per condizionare l’assegnazione di altri incarichi disposti nel 2019 dal Provveditorato alle opere pubbliche. Fra gli indagati compaiono anche Francesco Guidotti e Francesco Roselli dell’impresa Socostramo.