La Corte dei Conti si appresta a bacchettare il governo sulla norma contenuta nel decreto Semplificazioni che riforma la responsabilità degli amministratore in caso di danno erariale. Ne da notizia oggi Il Sole 24 Ore che anticipa parte dei contenuti della conferenza stampa che l’Associazione dei magistrati della Corte terrà lunedì prossimo. Sotto accusa c’è nello specifico l’articolo 21 del decreto che circoscrive le possibilità di perseguire sindaci e amministratori che diano il via libera a lavori pubblici che finiscono per produrre un danno per lo Stato. L’intento della norma è quello di rimuovere la cosiddetta “paura della firma”, ossia l’inazione degli amministratori dettata dal timore di venire successivamente perseguiti. A questo scopo il decreto ridefinisce il procedimento dolo imponendo che sia dimostrata l’intenzionalità e riduce temporaneamente i casi di colpa grave, limitandola ai danni cagionati da omissioni o inerzia.
La Corte sottolinea però, dati alla mano, come questo significhi una sostanziale patente di impunità a fronte di una giurisprudenza che già oggi è estremamente selettiva nei comportamenti sanzionati. Su quasi 29mila denunce presentate lo scorso anno, ricordano i magistrati contabili, 24mila sono state archiviate ed altre si sono fermate prima di arrivare in aula. Appena 934 (il 3%) hanno portato ad una condanna di primo grado. I requisiti per configurare una colpa grave sono già ora molto stringenti. Il reato si configura infatti in presenza di intensa negligenza, sprezzante trascuratezza dei propri doveri, grave disinteresse nell’espletazione delle proprie funzioni. Non è qui, avvisa la Corte, che si creano gli ostacoli che rallentano o paralizzano l’esecuzione di lavori pubblici, quanto piuttosto nella giungla di norme e di adempimenti burocratici.