Francesco Merloni, presidente dell’Anac in una intervista, sottolinea che era inevitabile nell’emergenza che succedesse: "Come era inevitabile che gran parte degli affidamenti avvenisse senza gara. Ma nella prima fase le amministrazioni si sono trovate nelle mani dei fornitori, che hanno spuntato anche prezzi fuori mercato. Poi c'è stato un allineamento"
Differenze abnormi tra prezzi con differenze fino all’800 per cento. Durante le fasi iniziali dell’emergenza sanitaria provocata dal coronviru camici, mascherine, visiere, i preziosi dispositivi di sicurezza che doveva utilizzare il personale sanitario, medici, infermieri e oss, sono stati pagati a cifre esorbitanti e spesso con enormi differenze tra strutture anche a pochi chilometri di distanza. Come riporta La Stampa l’Anticorruzione sta indagando sul perché a Lodi i camici sono stati pagati a 1,80 euro l’uno, ma a Legnano 7,90 euro. Una differenza che sfiora il 400%.
“L’indagine nasce dalla volontà di capire che cosa succede negli acquisti di emergenza. Varie segnalazioni ci dicevano di prezzi molto differenziati” spiega al quotidiano torinese Francesco Merloni, presidente dell’Autorità Anticorruzione (Anac) sottolineando che era inevitabile nell’emergenza “come era inevitabile che gran parte degli affidamenti avvenisse senza gara. Ma nella prima fase le amministrazioni si sono trovate nelle mani dei fornitori, che hanno spuntato anche prezzi fuori mercato. Poi c’è stato un allineamento”. Come per esempio ha dimostrato l’inchiesta a Varese sull’ospedale di Saranno dove una dirigente favoriva un imprenditore. Dalle visiere alle mascherine, le variazioni di prezzi corrisposti da Regioni e aziende sanitarie in tutta Italia oscillano tra 300% e 800%. Con punte del 4250% sui guanti. Quei guanti che a un certo punto erano diventati anche obbligatori per i cittadini che dovevano prendere i mezzi pubblici ed erano introvabili. “Noi svolgiamo indagini su indicatori esterni, come il prezzo e la procedura seguita. Non disponiamo, né possiamo procurarci, informazioni interne. Non spetta a noi cercare reati. Noi vigiliamo, sanzioniamo, chiediamo informazioni ed eventualmente segnaliamo all’autorità giudiziaria”, aggiunge Merloni. Per Merloni, “va bene in fase di emergenza allargare affidamenti diretti e procedure negoziate senza gara, ma gestendone i rischi. Altrimenti si rischia il caos“.
In emergenza, spiega, “legittimamente prima si fa il contratto e solo dopo si verifica se l’affidatario ha i requisiti professionali o ha commesso in passato gravi irregolarità. Ma non sempre funziona, perché in diversi casi si è dovuto rescindere il contratto, ritardando l’approvvigionamento di dispositivi sanitari”. Anche le visiere hanno fatto registrare oscillazione importanti di prezzo: da 1,40 euro di Reggio Calabria a 12,25 di Trapani, le tute sono state pagate 6,60 a Modena e 27,90 a Bolzano. Anche sui ventilatori polmonari – un macchinario fondamentale per le terapie intensive che per settimane era esaurito in tutto il mondo – c’è stato uno scostamento: per esempio è stato pagato mila euro a Ferrara ma quasi 40mila a Bologna. Su tutti i dispositivi “il range di prezzi è abbastanza ampio”, scrive l’Anac. In alcuni casi, soprattutto nella prima fase, «l’elevata variabilità» è giustificata dalla crisi dell’offerta e dallo “stravolgimento dei valori di mercato”. In altri no ed è per questo che è stato deciso “un supplemento di istruttoria” su 35 appalti.
Senza contare, come già registrato dalla cronaca, che in alcuni casi (il 25% secondo il dossier Anac) ci sono stati ritardi dei fornitori che non potevano garantire l’intera fornitura o non avevano alcun requisito di affidabilità professionale. Truffe e operazioni di sciacallaggio non sono mancate. Come nel caso del mega appalto indetto da Consip per la fornitura delle mascherine che lo scorso aprile ha portato all’arresto di un imprenditore. Tra marzo e aprile sono stati spesi per l’emergenza sanitaria 5,8 miliardi di euro attraverso 61.341 contratti. Più della metà per le preziose mascherine; il 22% per gli altri dispositivi (guanti, camici, tute); il 7,3% per i ventilatori polmonari che hanno consentito di portare i posti nelle terapie intensive da 5mila a oltre 9mila. Solo il 3%, pari a 178 milioni, per i tamponi. Il commissario Domenico Arcuri ha speso oltre 2 miliardi su 5,8 dopo essere entrato in campo a età marzo. La Protezione Civile, incaricata nella prima fase di provvedere per tutti, è riuscita a spendere solo 332 milioni. Tra le Regioni, quelle che hanno speso di più in valore assoluto sono Lombardia (6,8% del totale nazionale) e che ha avuto il numero maggiore di contagiati e pazienti ricoverati, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto.