Enzo Bianchi, il fondatore della comunità di Bose, a breve lascerà l’eremo dove vive da tre mesi per una nuova casa, possibilmente in campagna, dove andrà con due altri fratelli. Ma non c’è pace per l’ex priore. Le tensioni all’interno del monastero piemontese continuano e da mesi vi è in atto il tentativo di “silenziare” il fondatore e cancellare un pezzo fondamentale di storia di Bose per dare avvio, come ci sostiene il teologo ed ex monaco Riccardo Larini, alla revisione dello Statuto e all’adeguamento della liturgia.
Ad alimentare le polemiche è una nota di queste ore scritta da padre Amedeo Cencini, delegato pontificio, psicoterapeuta che si sta occupando con l’attuale priore Luciano Manicardi di “ristrutturare” la comunità dopo la consegna del decreto della Santa Sede del 13 maggio scorso che prevedeva l’allontanamento di Bianchi a tempo indeterminato e dei fratelli Goffredo Boselli, Lino Breda e della sorella Antonella Casiraghi a tempo determinato.
Nei giorni scorsi il sito Settimana News ha pubblicato un articolo che criticava Bianchi per non essere ancora andato via da Bose. A smentire il blog cattolico ci ha pensato lo stesso fondatore con un tweet: “Non ascoltare notizie fantasiose su di me. Mi sono allontanato dalla comunità da tre mesi, senza aver più contatti con essa. Vivo in radicale solitudine in un eremo fuori comunità e date le mie condizioni di salute (non sono più autonomo) ho un fratello che mi visita”.
Ieri una nota di padre Cencini ha riaperto la questione: “Fratel Enzo Bianchi si trova tuttora nel suo ‘eremo’ cioè nello stesso edificio composto da più locali e situato a poche decine di metri dal nucleo centrale della Comunità, nel quale vive da oltre quindici anni. Lì, oltre al fratello che provvede alle necessità quotidiane – scrive il delegato pontificio che secondo fonti sentite da Ilfattoquotidiano.it non ha mai messo piede nell’eremo di Bianchi -, riceve regolarmente altri membri della Comunità e da lì si muove, da solo o con altri, in auto per diverse ragioni, come ha sempre fatto. Non ha pertanto ancora dato seguito alla promessa da lui fatta di accettare, eseguendoli, i provvedimenti notificati con il decreto del 13 maggio 2020”.
Parole che gettano ombre sull’ex priore che in realtà è convinto d’andarsene ma sta cercando, grazie all’aiuto di amici e non solo, un’abitazione adeguata dove poter vivere a 77 anni con la serenità necessaria. Per trovare una soluzione si è affidato persino a delle agenzie immobiliari. A confermarlo è Riccardo Larini, teologo, ex monaco di Bose per 11 anni, rimasto in contatto con l’intera comunità: “Fratel Enzo non può certo andare in un albergo. Quando ha accettato il decreto ha comunicato che se ne sarebbe andato anche dal suo eremo. Ha sofferto molto nel prendere questa decisione ma se ne andrà. È questione di poco tempo”.
Nel frattempo in quest’ultime settimane il tentativo di “silenziare” il fondatore è proseguito: dal sito della comunità sono spariti i suoi articoli e le sue riflessioni. Lontana anche qualsiasi ipotesi di riconciliazione tra Manicardi e Bianchi, nonostante il secondo abbia tentato a più riprese un dialogo, anche scrivendogli.
In tutta la vicenda il più irremovibile è padre Amedeo Cencini che nemmeno di fronte al tentativo di mediazione messo in atto da un noto cardinale avrebbe fatto un passo indietro, pronunciando tali parole: “Ho il mandato di riformare Bose”. Su questo aspetto Larini, che è tra i pochi ad aver letto il decreto del Vaticano, ha le idee chiare: “Ci sono due aspetti che emergono da quel documento, oltre all’allontanamento dei quattro. Il primo è la revisione dello Statuto. Il secondo, l’adeguamento della liturgia”.
Sul primo punto il teologo che ha abbandonato Bose nel 2005, quando era segretario del Capitolo (il parlamentino della comunità), è particolarmente esperto: “Lo Statuto nel 2004 lo scrissi io. Non so se da allora ad oggi vi siano state delle modifiche. Enzo allora capì che era importante un inquadramento canonico. Bose era ed è ecumenica. I fratelli non cattolici non dovevano cambiare la loro appartenenza ecclesiale per diventare membri della comunità. Avevamo pensato di creare lo Statuto di un’associazione di laici per i soli membri non cattolici. L’ultima parte dello Statuto, bocciata allora dal Capitolo, prevedeva una specie di struttura di visita delle comunità amiche. Io ed Enzo ritenevamo fosse utile, qualora nascessero questioni interne, che qualcuno ci potesse aiutare. La maggioranza della comunità votò contro sostenendo che i panni sporchi si lavano in casa”.
Quindici anni dopo qualcosa è cambiato. “Ora Il decreto prevede che la comunità diventi una congregazione di diritto pontificio o altro”. E in merito alla liturgia Larini spiega: “La comunità la dovrà rivedere. A Bose avvengono sperimentazioni liturgiche tutt’altro che misteriose. Durante la liturgia predicano i laici e le donne e questo non è ben visto”. Larini in questi mesi ha tentato di dialogare con Luciano Manicardi e Bianchi: “Ho scritto loro una lettera perché si parlassero ma mi ha risposto solo Enzo. In questo momento c’è un irrigidimento totale con un’unica soluzione possibile, ossia l’allontanamento totale del fondatore e di chi stia apertamente dalla sua parte”.
Quando si chiede a Larini quanto Papa Francesco sia protagonista di questa vicenda, il teologo non punta il dito contro il Pontefice ma non nasconde nulla: “Papa Francesco non è mai stato a Bose, non riceve Enzo Bianchi in udienza privata ogni settimana. Indubbiamente nei grandi giochi si paragona la Chiesa di Francesco a quella di cui parla Bianchi, ma non ho la minima idea di quanto Francesco conosca la realtà di Bose. Il decreto emesso dal Vaticano è esagerato. Anche il Papa può sbagliare”.