Quando arriva il momento servono a poco operazioni di facciata come tingersi i capelli e fare qualche “ritocchino”; l’importante è mantenere in efficienza il proprio orologio biologico con gli strumenti giusti, cioè dieta, attività fisica e niente fumo
Siamo una nazione con un’aspettativa di vita alta. Nel 2018, rivela l’Istat, è cresciuta la speranza di vita alla nascita: un incentivo in più a prepararsi per tempo, perché una buona vecchiaia si coltiva fin da giovani. E quando arriva il momento servono a poco operazioni di facciata come tingersi i capelli, cospargersi il viso con costose creme o, peggio, fare qualche “ritocchino”; l’importante è mantenere in efficienza il proprio orologio biologico con gli strumenti giusti, cioè dieta, attività fisica e niente fumo. Aumentano così le possibilità di una maggiore autonomia psicofisica e indipendenza e quindi di una buona qualità di vita.
Sempre secondo l’Istat, la speranza di vita per le donne è di 85,2 anni (+ 0,3 rispetto al 2017), per gli uomini di 80,8 (+0,2). Nel gennaio 2019 gli over 65 erano il 22,8%, con una speranza di vita residua di 19,3 anni per gli uomini e di 22,4 per le donne; gli over 85 erano 2,2 milioni. C’è però un dato che mette un po’ di allarme: i non autosufficienti sono 2,5 milioni e si prevede che raddoppieranno nel 2030. Insomma, l’allungamento della vita non può bastarci, occorre affiancare una migliore qualità.
Secondo i dati Istat 2017, complice il fatto che l’età media si è allungata molto, gli anni in condizione di disabilità sono mediamente nove per uomini e donne. Sempre nel 2017, l’Osservatorio sulla salute dell’Università Cattolica ha fornito dati significativi. Tra i maschi over 65 i cronici gravi sono il 77,9%, mentre tra le donne il 72,4%. L’11,2% degli anziani fatica a svolgere almeno un’attività quotidiana (1 persona su 5 oltre i 75 anni). Attività fisiche come la spesa sono off limits per il 17%, mentre l’8% non riesce a gestire le medicine e il 13,5% le risorse economiche. Così compiti quotidiani come lavarsi, vestirsi, mangiare ecc. possono diventare gravosi.
Il nemico numero uno: la malnutrizione – Secondo le stime riferite nel 2013 durante il congresso annuale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, circa un milione di anziani soffre di malnutrizione. Nel 2016 la Fondazione Veronesi parlava di un anziano denutrito su due al momento dell’ingresso in ospedale. Ne derivano ricoveri più prolungati e maggior rischio di decubito per l’allettamento, ma anche tempi di recupero più lunghi dopo le dimissioni. La malnutrizione può essere per difetto o per eccesso. Mangiare troppo è una cattiva abitudine in varie fasi della vita e talvolta prosegue nella terza età, nonostante la ridotta necessità calorica per il calo del metabolismo basale e dell’attività fisica. L’eccesso di cibo favorisce l’accumulo di massa grassa, particolarmente pericoloso se si concentra sulla pancia, avverte il dottor Gianni Pes, docente e ricercatore al dipartimento di scienze mediche chirurgiche e sperimentali dell’università di Sassari. “Negli ultimi 20 anni sono state fatte molte ricerche per chiarire il ruolo di questo grasso addominale che è metabolicamente attivo, cioè infiamma l’organismo. Anche se bassa, quest’infiammazione è responsabile di tutti i danni, per esempio malattie cardiovascolari e diabete, in parte anche tumori e patologie neurodegenerative”. Ma se il diabete è ancora latente, aggiunge Pes, può regredire semplicemente con il calo del peso e l’attività fisica regolare quotidiana. Per sapere se si ha troppa pancia basta misurare la vita con un centimetro da sarto (massimo 94 cm per l’uomo e 80 per la donna).
Anche la malnutrizione per difetto crea grossi problemi: prima di tutto un calo ponderale, pericoloso se supera il 10% in sei mesi, per le conseguenze della cattiva o scarsa alimentazione protratta. Le conseguenze sono una maggiore fragilità, un’aumentata predisposizione alle infezioni, una riduzione della mobilità, un ridotto apporto di vitamine e altri nutrienti.
Gli errori a tavola – Un po’ per abitudine, un po’ per pigrizia, gli anziani tendono a consumare pasti ripetitivi, osserva il Pes. “Il consiglio è di variare il più possibile la dieta: la varietà preserva dalle carenze nutrizionali occulte”. Quelle cioè che non si manifestano in modo esplicito, ma per così dire “lavorano sotto”. E i danni prima o poi arrivano: Pes porta l’esempio della cheilite angolare, ragadi e arrossamenti agli angoli della bocca dovuti a carenze di vitamine del gruppo B. Altro errore, l’insufficiente idratazione. “La situazione è diffusissima perché gli anziani non percepiscono lo stimolo della sete a causa di una ridotta funzionalità dei centri cerebrali predisposti. Ed ecco gola e bocca secche, lingua patinosa; altro segnale d’allarme sono le urine scarse e molto concentrate”. Bisogna allora stimolarli a bere. “Devono arrivare ad almeno 1 l, meglio 1,5 l. Il minimo sono cinque bicchieri al giorno da 200 ml di acqua, tè, tisane, brodi, anche latte”.
Peggiora il problema l’eccesso di sale, condimento di cui spesso gli anziani abusano, sottolinea Pes. Vero è che sentono meno i sapori, ma per esaltarli si può ricorrere piuttosto alle erbe aromatiche. “L’eccesso di sale infatti causa un aumento della pressione arteriosa e del rischio di malattie cardiovascolari: infarto, angina, ictus ecc.”.
Sul fronte frutta e verdura non andiamo meglio. Secondo dati 2017, il 55% degli anziani mangia solo 1-2 porzioni quotidiane di frutta e verdura e per lo più cotte. Si rischiano varie carenze, tra cui quella di fibre. “A seconda dei tipi, queste sono importanti per ridurre l’assorbimento di colesterolo e facilitare la peristalsi intestinale e l’evacuazione (con il bonus aggiunto di eliminare con regolarità scorie e tossine). Alcune vengono fermentate dal microbiota intestinale, producendo acidi grassi a catena corta con effetti benefici”. Le fibre, aggiunge l’esperto, possono aiutare anche a prevenire la diverticolosi.
Infine, zoppica spesso la suddivisione dei pasti. “In base ai diari alimentari che facciamo compilare emerge che molti anziani fanno solo due pasti al giorno, saltando la colazione (che, come risulta sempre più evidente, è importante quanto nei bambini) e i due spuntini di metà mattina e metà pomeriggio. Solo così si può evitare di arrivare al pasto principale con troppa fame, con il rischio di mangiare troppo e ingrassare”. E di anziani sovrappeso, assicura il medico, se ne vedono sempre di più.
La dieta della terza età – Non richiede di rivoluzionare le proprie abitudini: è sostanzialmente uguale a quella di altre fasi della vita, ma con qualche attenzione in più per quanto riguarda le calorie e i nutrienti. Oltre ad adottare un’alimentazione equilibrata, è fondamentale contrastare la sedentarietà il più possibile. Ovviamente sono di grande beneficio anche tutte le occasioni sociali che scacciano la tristezza e la solitudine, e tutte quelle attività che aiutano a rilassare e rasserenare.
Miti da sfatare – Ecco alcune false credenze da correggere per mantenersi in salute anche in età avanzata. Gli anziani hanno una dieta tutta loro. In realtà è la stessa di altre fasi della vita, ma con più attenzione ai nutrienti e alle calorie. Le proteine? Poche. L’idea che la ridotta attività fisica diminuisca molto il fabbisogno proteico espone al rischio di un calo muscolare che, soprattutto dopo un periodo di immobilità come una convalescenza, rende difficile il recupero delle attività quotidiane. E invece il movimento, commisurato alle proprie possibilità, è sempre indispensabile. Anche quando le giunture dolgono, assicurano gli esperti. Altra leggenda: i grassi proibiti. Esagerare con i lipidi è sbagliato, soprattutto se saturi; ma un moderato apporto di quelli insaturi quotidiano è fondamentale per molte funzioni. Anche le uova, spiega il dottor Pes, sono concesse un paio di volte alla settimana.
Nei lieti calici – Acqua, bevande calde come tisane, rooibos, camomilla e tè bancha (tutti privi di teina), meglio se non zuccherati, sono i liquidi raccomandati. Massima moderazione per le bevande gassate e meglio niente alcol. Di fatto, con l’età diventa più difficile metabolizzare l’alcol, che tra l’altro non va certo d’accordo con i farmaci (molti seniores ne devono assumere vari) e mette a rischio l’equilibrio, facilitando le cadute. Non solo, appesantisce fegato e reni, già logorati dagli anni. Eppure, nel 2017 un rapporto dell’Istituto superiore della sanità parla di 2,7 milioni di anziani a rischio eccessi, qualcuno anche oltre la soglia. Occhio anche al bicchiere di vino rosso a tavola, che di solito viene perfino raccomandato. Non è innocuo come si crede; anzi, come afferma il dottor Emanuele Scafato, gastroenterologo e direttore del centro Oms per la ricerca sull’alcol, va contro “la salute e il benessere dell’anziano. Bere alcolici a livelli ritenuti sicuri è in realtà una falsa credenza. Quello che si osserva è una minore aspettativa di vita e la comparsa di diversi effetti negativi sulla salute”.
Muoversi! – Numerosi studi promuovono a pieni voti l’attività fisica nell’ottica di un invecchiamento sano e attivo. Fare movimento è importante per l’autonomia e il benessere psicofisico: in una parola, per la qualità della vita. Fa uscire dall’isolamento e contribuisce ad allontanare la depressione. Aiuta a prevenire o controllare varie malattie, tra cui quelle cardiovascolari; a contrastare ipertensione, diabete e sovrappeso; a mantenere ossa robuste, muscoli sodi e ben coordinati. Favorisce la sintesi della vitamina D se fatta all’aria aperta (indispensabile per le ossa), previene alcune forme tumorali e, non ultimo, tiene in movimento le giunture, rendendole più elastiche. Perciò se queste fanno male a causa dell’artrosi non bisogna rinunciare: uno studio americano di inizio 2019 mostra che bastano 60 minuti per prevenire la disabilità indotta dalla malattia. I soggetti attivi, hanno rilevato gli studiosi, erano in grado di camminare meglio e di svolgere meglio i compiti quotidiani. Certo, non tutte le attività sono però adatte alla terza età: possono andare bene stretching, camminate, pilates, ballo, il tutto preferibilmente affiancato da esercizi per l’equilibrio (consigliati dall’Oms almeno tre volte alla settimana). Prima di cominciare è meglio chiedere al medico come regolarsi, anche in base alle proprie patologie e necessità individuali.
Articolo di Giuliana Lomazzi
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