Non ha aspettato Antonio Conte. Era passata poco più di un’ora dalla cocente delusione della sconfitta in finale di Europa League quando il tecnico, ai microfoni di Sky Sport, ha scelto quali parole usare per dire addio all’Inter. Ha parlato di idee differenti, di “vedute diverse“, della “decisione migliore per il bene” della società. Ma non ha avuto il coraggio di strappare definitivamente: “A mente fredda ci incontreremo con la società. Si farà poi una disamina della stagione, di tutto. In maniera serena cercheremo di pianificare eventualmente il futuro dell’Inter, con o senza di me“. Siamo ai saluti, a meno di un clamoroso colpo di scena e ammesso che la società riesca ancora a digerire un allenatore che per la seconda volta – dopo lo sfogo post-Atalanta – parla razionalmente di un suo addio. Lunedì ci sarà l’incontro decisivo con il presidente Steven Zhang. L’Inter nel frattempo si è già cautelata: pronto a sedersi in panchina c’è Massimiliano Allegri, proprio l’uomo che prese il testimone di Conte alla Juventus.

Conte ha rotto con l’Inter nonostante una stagione in cui ha centrato il secondo posto in campionato e la finale di Europa League. “Non c’è nessun rancore, è questione di alcune situazioni che ho affrontato quest’anno e non mi sono piaciute”, ha detto nel post-partita. “Bisogna capire se c’è la voglia di tutti di non passare un’altra annata in questa maniera – ha aggiunto – Ci sono risvolti della vita che se devono intaccare l’aspetto privato non vanno più bene”. Parole che celano la rottura definitiva con qualche membro della dirigenza: il primo indiziato è il direttore sportivo Piero Ausilio, perché con la famiglia Zhang il tecnico rivendica un rapporto ottimo. Forse nel faccia a faccia con il presidente, Conte proverà a giocare proprio la sua ultima carta: “O si cambia o me ne vado”. La strada più probabile è l’addio, con un accordo sulla buonuscita.

La talpa – Conte già a fine campionato aveva evocato la presenza di una talpa, ricordando le lamentale del suo predecessore Spalletti. “Tanto voi sapete tutto…”, ha detto ai giornalisti che ieri questa notte gli chiedevano dell’incontro con Zhang. L’accusa alla società di non aver protetto lui e i suoi giocatori è il principale motivo della rottura. Uno strappo con la dirigenza che, se dopo la cavalcata in Europa poteva apparire alle spalle, ora invece è riemerso come insanabile. Al tecnico hanno dato fastidio alcune indiscrezioni uscite sulla stampa, qualche parola mancata nei momenti di difficoltà. La rottura con la dirigenza è alla base anche degli altri due motivi del suo probabile addio.

La famiglia – Conte dopo la sconfitta in finale ha parlato di “famiglia” e di “vita privata”. Un richiamo che cela due diversi malumori. Il primo è legato sempre alla “talpa”: il tecnico non ha mai digerito il fatto che i media abbiano saputo della lettera anonima contenente minacce e un proiettile ricevuta a metà novembre. Il secondo malumore è invece tutto dell’allenatore, che da gennaio in poi è parso teso e nervoso: una collera interiore che si è riflessa sul rendimento frenetico della squadra e infine anche sulla finale di Europa League, giocata senza un briciolo di serenità.

Eriksen – Il terzo motivo della rottura è Eriksen: non il danese in assoluto ma in quanto simbolo di un mercato che Conte ha a più riprese sottolineato di non aver gradito. Nonostante siano arrivati in estate i giocatori funzionali al suo 3-5-2 e a gennaio i rinforzi chiesti a gran voce. Tra questi proprio l‘ex Tottenham: un’occasione che l’Inter non poteva sciupare e che invece l’allenatore non ha saputo sfruttare. Forse anche per dimostrare che il centrocampista che serviva era un altro (Vidal?): per questo Eriksen può essere considerato il simbolo della rottura con la dirigenza. Mentre, con l’arrivo di Allegri, potrebbe diventare una delle punte di diamante di una nuova Inter.

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