Il sisma arriva a due giorni dal quarto anniversario del sisma che quattro anni fa provocò danni e vittime in tutto il Centro Italia. Il sindaco della cittadina: "La situazione è ancora pessima, siamo messi malissimo"
La terra torna a tremare nelle Marche. Una scia sismica di 13 scosse con epicentro a 4-5 km da Acquasanta Terme (Ascoli), tra i 18-20 km di profondità, proprio alla vigilia della prima grande scossa del terremoto del 2016 nel Centro Italia (6.0 alle 3.36 del 24 agosto tra Arquata del Tronto nell’Ascolano e Accumoli nel Reatino) che colpì in particolare le Marche. Alle 12.50 di oggi la scossa da 3.1 avvertita dalla popolazione anche ad Ascoli Piceno (circa 15 km da Acquasanta Terme) ma che non ha causato danni; poi una seconda più lieve, 2.5, due minuti dopo, seguita da altre undici di magnitudo compresa tra 0.9 a 1.4, l’ultima alle 14:17. Nessun danno segnalato o chiamate, per informazioni o interventi particolari, ai vigili del fuoco di Ascoli Piceno che sono stati però avvisati dal Centro operativo nazionale dopo la prima e più forte scossa di oggi.
Un anno fa il sindaco ricordava che la ricostruzione era ferma al 2018 e che c’erano “30mila persone ancora fuori dalle proprie case“. Lo scorso maggio c’era stata una visita ufficiale del commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini, nelle zone terremotate di Arquata del Tronto e Acquasanta. A dicembre invece i sindaci del Piceno avevano protestato contro il dl terremoto. “La situazione è ancora pessima, siamo messi malissimo. Ho notato che in questi ultimi sei mesi, con l’arrivo del nuovo commissario, si sta lavorando tanto e – dice all’Adnkronos il primo cittadino Sante Stangoni – si sta cercando di arrivare a dare quella dignità ai nostri territori. Sia nell’accelerazione della ricostruzione, sia per un rilancio economico dei territori perché è difficile continuare a vivere qui. Zone martoriate dal sisma, dove l’economia purtroppo latita. Ma non basta. Forse i comuni piccoli che portano pochi voti non interessano ai politici”. È triste il bilancio del sindaco di Acquasanta Terme Sante Stangoni a 4 anni dal sisma che ha distrutto il Centro Italia.
Alle 3.36 del 24 agosto 2016 la scossa che ha martoriato la zona. “I miei cittadini sono degli eroi – racconta all’Adnkronos Stangoni – perché vogliono rimanere qui, perché amano la loro terra. Però è ovvio che poi subentrino situazioni di scoramento e tristezza. Cerchiamo di farli restare, ma il rischio grande è di uno spopolamento generale. Se i tempi della tanto promessa ricostruzione post sisma continueranno ad essere così lunghi, sempre che ci sarà, è inevitabile. Questo crea e creerà problemi anche demografici, a livello anche di scuole”. Richieste e speranze? “Quello che chiedo da 4 anni – prosegue il sindaco di Acquasanta – io e tutti gli altri sindaci dei comuni colpiti, è una risposta immediata anche se con 4 anni di ritardo. Dare segnali importanti che un Governo come quello italiano, uno Stato, può e deve dare. Sempre che lo voglia. È necessario attenzionare anche le piccole realtà come la nostra che, purtroppo, portano pochi voti. Sono arrivato a pensare questo, perché arrivati a tal punto penso sia il problema principale. Che il Governo dia dignità a tutti, indipendentemente dalle dimensioni dei paesi e dei consensi che porta”.
Difficoltà enormi quelle che sta affrontando Acquasanta Terme. “A livello di sostanza – ammette Stangoni – non abbiamo avuto aiuti. Andiamo avanti tra mille problemi, con precarietà del personale, con pratiche burocratiche che vanno a rilento. Noi ci stiamo barcamenando facendo impossibile. I sindaci dei piccoli paesi come il nostro aiutano la comunità più da psicologi. Di più non si può fare. Il compito di sbloccare queste situazioni più grandi di noi spetta al Governo. Situazioni come l’accelerazione delle pratiche, creare delle norme speciali, zone economiche speciali le deve sbloccare lo Stato. Non noi. Sono un ottimista di natura e continuo ancora a fare il sindaco per questo. Le ho passate tutte, dalla tendopoli, alla neve, al covid. Ma ora sono stanco”.
Il sindaco fissa una scadenza, l’ennesima. “Entriamo in un anno zero adesso, dobbiamo dare risposte, altrimenti andiamo fuori tempo massimo. E già lo siamo. Sono passati 4 anni. Entro il 2021 che il Governo attivi i canali almeno per l’aspetto della ricostruzione, diminuisse i tempi della burocrazia, ci desse più gru. Dopodiché viene anche l’aiuto per la situazione economica disastrata qui, ma anche negli altri centri colpiti. Bisogna far rimanere i giovani, non farli andare via, creare impresa, dare agevolazioni. Altrimenti qui non resterà più nulla”.