Impiegati a Fiumicino già dal 16 agosto, il commissario all'emergenza Domenico Arcuri ne ha ordinato una prima tranche da 130mila pezzi a un'azienda coreana. Mentre l'Università dell'Insubria promette di rendere disponibile il suo test entro metà settembre. Il professore della Statale al Fatto.it: "Effettuandoli direttamente sul posto potremmo identificare subito le nuove infezioni e intervenire con tempestività. Ma le istituzioni devono organizzarsi"
A Fiumicino li stanno usando già dal 16 agosto, cioè pochi giorni dopo la stretta del ministero della Salute per chi arriva da Spagna, Grecia, Malta e Croazia. Si chiamano test “antigenici” (o salivari) e sulla carta promettono di cambiare la nostra convivenza con il virus: costeranno meno dei classici tamponi molecolari, per ora sono affidabili “fino all’85 per cento” e permettono di sapere con rapidità se si è positivi al Covid-19. Niente analisi in laboratorio: basta un tampone di materiale oro-faringeo o di saliva e nel giro di 30 minuti arriva il responso. Autorizzati a inizio maggio negli Stati Uniti, per l’infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano Massimo Galli “sono il futuro” grazie al quale “tutto sarà più veloce e meno gravoso dal punto di vista organizzativo per le Regioni”. Un modo per non farsi trovare impreparati se i contagi dovessero aumentare ancora, dopo l’impennata registrata nelle ultime settimane. “Sarebbe assolutamente utile poter usare questo tampone rapido nei pronto soccorso, nelle scuole, nella grande distribuzione, lì dove c’è grande affluenza“, sostiene Francesco Vaia, direttore sanitario dell’istituto Spallanzani che si è occupato della validazione. In base a quanto apprende Ilfattoquotidiano.it, la prima tranche da 130mila pezzi è stata ordinata dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri a Ferragosto su richiesta “urgente” del ministero della Salute.
Cosa sono e come funzionano – Gli strumenti utilizzati finora nel mondo per diagnosticare il coronavirus appartengono a due categorie: la prima è quella dei ben noti test molecolari, definiti anche test di reazione a catena della polimerasi, che rilevano il materiale genetico del virus. In base ai protocolli validati dall’Oms sono i più sicuri, ma sono necessari dei costosi laboratori di virologia per poterli analizzare. Il responso per i comuni cittadini arriva entro 1-2 giorni. Poi ci sono i test sierologici, cioè quelli che vanno a caccia degli anticorpi contro Sars-Cov2 nel sangue. Permettono sia di diagnosticare un’infezione attiva, sia la presenza di una risposta immunitaria dovuta a precedente infezione. Anche in questo caso i tempi non sono brevi e serve un’analisi approfondita. In commercio esistono pure i cosiddetti “pungidito” (sempre sierologici), scartati dalla gara nazionale indetta per misurare la diffusione del Covid in Italia a causa di una presunta inaffidabilità. I nuovi test “antigenici”, invece, sono basati sulla rilevazione di proteine virali (antigeni) nelle secrezioni respiratorie. Se presenti in sufficienti quantità, si legano ad anticorpi specifici fissati sul kit e formano delle bande colorate o fluorescenti. Il responso arriva in tempi brevi e non servono macchinari di laboratorio. Anche se, spiegano gli esperti, per la lettura di alcune tipologie test è necessaria una piccola apparecchiatura portatile.
L’Iss: “Daranno contributo essenziale” – Il nodo più delicato è quello dell’efficacia. Nel documento sul contagio a scuola varato dall’Iss, si legge che hanno “una sensibilità (indicata dal produttore) nel migliore dei casi non superiore all’85%”. Anche se, aggiungono gli scienziati, “la loro specificità appare buona (riconoscono solo Sars-Cov2)”. In sostanza per ora c’è un margine di falsi negativi da tenere in conto. Per chi risulta positivo, il protocollo da seguire poi è sempre lo stesso. Test molecolare per il responso finale e quarantena fino a doppio tampone negativo. Nel rapporto sull’avvio del nuovo anno scolastico, gli scienziati sottolineano che “sono in continua evoluzione tecnologica per migliorare la loro performance” ed è prevedibile che “nuovi sviluppi tecnologici basati sulle evidenze scientifiche permetteranno di realizzare test diagnostici rapidi con migliore sensibilità. La disponibilità di questi test dopo opportuna validazione potrà rappresentare un essenziale contributo nel controllo della trasmissione di Sars-Cov2″.
A che punto è il governo – In attesa di impiegarli nelle scuole, la prima partita di test è stata consegnata in alcuni aeroporti italiani. Dallo staff del commissario all’emergenza Arcuri fanno sapere che a richiederne l’acquisto è stato il 14 agosto il Direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute Gianni Rezza. Attualmente l’unico fornitore è un’azienda coreana, ma altre sperimentazioni sono in fase finale in tutto il mondo. Anche in Italia, dove l’Università dell’Insubria promette di rendere disponibile il suo test entro metà settembre. L’auspicio è che con l’arrivo di più concorrenti sul mercato il loro prezzo possa abbassarsi: stando a quanto risulta al Fatto.it, l’Italia li ha acquistati a un prezzo di favore compreso tra i 10,5 e i 12 euro l’uno. Molto di più rispetto a un tampone molecolare, ma va ricordato che per analizzarli non è necessario l’impiego di laboratori (con i conseguenti costi di trasporto) o di personale specializzato. L’intenzione del commissario, da condividere con il dicastero guidato da Roberto Speranza, ora è quella di continuare ad acquistarli.
Le possibili applicazioni, dalle scuole agli ospedali – L’idea non è quella di sostituirli ai tamponi classici, ma di usarli su larga scala come primo screening. Ad esempio “presso gli studi dei pediatri e dei medici di famiglia”, scrive l’Iss. Il direttore sanitario dello Spallanzani si spinge anche oltre: “Scoprire con i test rapidi che ci sono persone con alta carica virale è un atto di sanità pubblica veramente rilevante”, ha dichiarato a SkyTg24. “A mio giudizio nessuno deve entrare in navi, treni o aerei se non ha effettuato in loco questi tamponi. Questo dovrebbe essere l’obiettivo. Dobbiamo riaprire traffici aerei nazionali e internazionali, ma in condizioni di sicurezza: se mi imbarco devo essere certo che tutti coloro che sono con me sono negativi. Il modo per esserlo è associare al biglietto il tampone”, conclude, ipotizzando di estenderne l’uso anche alle scuole, ai supermercati e pure negli ospedali. I nuovi test sono infatti “di grande attendibilità ed efficacia” e sono stati validati dal laboratorio diretto dalla dottoressa Maria Capobianchi, la stessa che con la sua equipe ha isolato il virus nel febbraio scorso.
Galli al Fatto.it: “Tutto il mondo vorrà procurarseli” – Il primo a sottolineare nei giorni scorsi le nuove possibilità date dagli “antigenici” è stato il professore della Statale Galli. Che ora al Fatto.it spiega: “Premetto che io sto iniziando solo adesso a provarne alcuni: esistono vari tipi di test rapido (o di antigeni o di materiale genetico virale), molti dei quali già in uso in Cina da qualche tempo”. Il vantaggio è che, potendoli effettuare “direttamente sul posto” potremmo “identificare subito le nuove infezioni, intervenire con tempestività e per quanto riguarda i rientri dall’estero creare il minor disturbo ai cittadini”. Il problema in questa fase della pandemia, infatti, secondo Galli è sempre lo stesso. “Io sono d’accordo praticamente sempre con il collega Crisanti (che in un’intervista al nostro giornale chiede 300mila tamponi al giorno, ndr). Il nostro Paese fa ancora troppi pochi test, complessivamente ne ha fatti il 40% in meno di Francia e Spagna. Bisogna farne di più”, chiarisce, sottolineando la sua preoccupazione per il boom di contagi registrato nei giorni scorsi. Perché non succede? “Bisogna interrogarsi sulla capacità organizzativa delle istituzioni e sulla portata di questa problematica”.
Una situazione che potrebbe colpire anche i nuovi test “antigenici”, dal momento che “tutto il mondo vorrà procurarseli“, continua il docente, sottolineando il rischio che possano mancare sostanze reagenti come avvenuto in passato. La loro affidabilità “non è differente da quella dei tamponi fatti per altra via”. Il plus, rispetto ad esempio ai “pungidito” (anche questi rapidi), è che la cosiddetta “fase finestra” durante la quale il virus non si vede ancora è più breve. Gli antigenici, come i tamponi molecolari classici, al netto degli errori non rilevano il coronavirus solo se una persona è stata contagiata da pochi giorni. Tutti i sierologici, invece, “leggono gli anticorpi al virus almeno dopo 10 giorni dalla manifestazione dei sintomi (se ci sono)”. Ogni strumento, conclude Galli, “ha comunque una sua utilità in diversi contesti, a seconda dell’obiettivo che si vuole perseguire”.