Rinunciare a proseguire insieme, per club e allenatore, avrebbe significato dilapidare il vantaggio di programmazione sulla principale avversaria nella corsa allo scudetto, la Juventus. Ora però serve un patto solido: altrimenti la scelta di oggi potrebbe trasformarsi in un boomerang domani
Tre ore di vertice per prendere la decisione più logica, sia per l’Inter che per Antonio Conte. Le parole del tecnico sono state tante, pesanti, ma non hanno cancellato l’ovvietà dei fatti: quello appena concluso è stato l’anno della semina, il prossimo dovrà essere quello del raccolto. Conte non avrebbe trovato un altro club in grado di garantirgli quello che può avere in nerazzurro, l’Inter avrebbe gettato al vento le basi messe in questa stagione per ripartire nuovamente da zero. Lo strano matrimonio continua, non solo perché in ballo c’erano gli 11/12 milioni di euro netti a stagione di contratto. A poco meno di 150 km di distanza la Juventus ha cambiato allenatore, ha cambiato regista in campo e vuole cambiare (di nuovo) stile di gioco. Rinunciare a proseguire insieme, per l’Inter ma anche per Conte, avrebbe significato dilapidare questo vantaggio di programmazione sulla principale avversaria nella corsa allo scudetto.
Le parole scelte dalla società nel comunicato che annuncia la permanenza di Conte sono poche ma molto significative. La prima: si parla di un faccia a faccia “costruttivo“. Nella villa di Somma Lombardo, provincia di Varese, la sede scelta per l’incontro decisivo, il presidente Steven Zhang ha voluto tutti: il tecnico, gli amministratori Beppe Marotta e Alessandro Antonello, ma anche il direttore sportivo Piero Ausilio, uno dei nodi da sciogliere. Le decisioni prese durante l’incontro saranno note solo nei prossimi giorni, ma l’atteggiamento “costruttivo” sarà fondamentale per tutta la prossima stagione. Altrimenti la scelta di oggi potrebbe trasformarsi in un boomerang domani.
I pro
Zhang ha saputo andare oltre lo sfogo di Conte dopo la finale persa di Europa League. Il tecnico aveva attaccato la dirigenza, non la proprietà, ma le sue parole restano una cicatrice e un preoccupante precedente. Il presidente però ha lavorato fin da subito per ricucire, inseguendo un mantra a cui Suning ha dimostrato di tenere molto fin dal suo arrivo a Milano: la “continuità“. È un’altra parola messa nero su bianco nel comunicato della società. La famiglia Zhang ha voluto prima Marotta e poi Conte per aprire un ciclo, non per vincere subito. La squadra esce da un’annata positiva, in cui ha chiuso al secondo posto in campionato e ha sfiorato la conquista di un trofeo europeo. Il calendario congestionato dal coronavirus offre pochissimo tempo per preparare la prossima stagione: riprogrammare, anche con un allenatore esperto come Massimiliano Allegri, sarebbe stato complicato e rischioso. Andrea Pirlo avrà un mese di tempo per entrare nel mondo Juve e per prendere scelte decisive sul mercato. Conte ha in mano una squadra di cui già conosce pregi e difetti.
Il primo rinforzo sul mercato è già arrivato: si chiama Hakimi ed è perfetto per giocare a tutta fascia con l’allenatore salentino. All’Inter servono pochi altri innesti, semplicemente mirati. Ecco perché un altro punto cruciale è la “condivisione della strategia“. Sulla lista dei partenti ci sono, per motivi diversi, Skriniar, Brozovic e Lautaro Martinez, oltre a Vecino. Non è detto che partano tutti, ma è certo che dalle loro cessioni si potrà ricavare un bel tesoretto: da investire innanzitutto a centrocampo, dove Conte ha bisogno di profondità, per poter spremere il più possibile le sue mezzali. Potranno arrivare anche un nuovo difensore e un altro centravanti, ma è lì in mezzo al campo dove finora il tecnico non ha trovato la quadra. La “condivisione della strategia” dovrà riguardare anche Eriksen: se resta, deve essere al centro del progetto. Altrimenti meglio venderlo e ricavare un altro gruzzoletto. In ogni caso, Conte ha l’occasione di perfezionare una squadra e per renderla a sua immagine e somiglianza: quale altro club gli potrebbe dare questa garanzia oggi?
“Sono state stabilite le basi“, recita ancora il comunicato dell’Inter. È un “patti chiari, amicizia lunga” detto in modo più formale. Perché l’Inter le basi le aveva già messe la scorsa estate, fuori dal campo con il duo Marotta-Conte, nel rettangolo di gioco con gli arrivi di Bastoni, Barella e Lukaku. Se Conte ha chiaro quello che può ottenere dal mercato e la società sa cosa chiede il suo allenatore, non si dovrebbero ripetere le scene viste dopo Dortmund, con il tecnico a chiedere rinforzi in mondovisione. Non è tutto solo mercato, però: Conte ha chiesto soprattutto protezione mediatica. Se è rimasto, ha avuto la garanzia di una migliore gestione dell’ambiente. È stato un aspetto deficitario in questa stagione: le colpe vanno divise a metà, tra tecnico e dirigenza. Un altro anno insieme però può solo aiutare l’amalgama, mentre un nuovo tecnico avrebbe significato ripartire da zero anche sotto questo aspetto.
I contro
Nelle pieghe del rapporto tra Conte e società si nascondono anche le incognite, quelle che potrebbero trasformare la scelta di restare insieme in una decisione dannosa. Tutto dipenderà da quanto è solido il patto stretto a Somma Lombardo: se le divergenze sono davvero appianate, se non ci sono più “vedute diverse”, per usare le parole del tecnico. Tenere Conte significa avere in casa una bomba ad orologeria: non si sa se e quando il tecnico potrebbe esplodere di nuovo. Un altro sfogo pesante non sarebbe sopportabile e rischierebbe di minare gli equilibri interni. L’allenatore dovrà anche essere in grado di dimostrare e trasmettere maggiore serenità, anche di fronte a incomprensioni e difficoltà interne: in certi momenti della sua prima stagione in nerazzurro è stato Conte ad essere distruttivo, piuttosto che “costruttivo” (sempre citando il comunicato).
Voleva vincere subito, anche all’Inter, dove però nessuno gli aveva chiesto (almeno pubblicamente) di farlo: questa perenne tensione ha portato la squadra ad implodere nei momenti decisivi, ultimo la finale di Europa League. Voleva avere ragione sul mercato, pretendendo giocatori funzionali anche se vecchi e costosi: per questo ha fallito l’inserimento di Eriksen, dimostrando di non credere mai fino in fondo nel danese. Quindi, per far funzionare Conte all’Inter, servirà un equilibrio solido: altrimenti l’allenatore potrebbe far saltare il banco a stagione in corso (lo ha già fatto in passato). In quel caso, la decisione più logica si trasformerebbe nel peggiore degli incubi.