Nella fase iniziale e più acuta della pandemia in Europa c’erano i milioni di dollari di aiuti offerti da Donald Trump ai Paesi più in difficoltà, gli esperti cinesi e le attrezzature di Pechino. Ma anche l’arrivo in Italia, a bordo di mezzi militari, dei medici militari dalla Russia. Adesso, invece, il nuovo fronte della Guerra Fredda del virus che coinvolge Stati Uniti, Russia e Cina è la corsa al vaccino. Chi riuscirà a renderlo disponibile per primo si aggiudicherà questa nuova sfida scientifica e tecnologica che ha però assunto un’importanza strategica nel panorama internazionale. Ed è per questo che Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, ha presentato la sperimentazione italiana come la“partecipazione attiva dell’Italia a questa guerra, per non essere schiavi di altri Paesi” (video). “Prima era la corsa agli armamenti, negli Anni 50 e 60 la conquista dello spazio. Oggi questa è la nuova frontiera dello scontro tra le principali potenze mondiali”, spiega a Ilfattoquotidiano.it lo storico ed ex deputato dei Radicali, Massimo Teodori.
Professor Teodori, cosa ha pensato quando ha saputo che il nuovo vaccino presentato dalla Russia è stato battezzato Sputnik V?
Che era un tentativo di trasformare un’operazione necessaria per la salvaguardia della salute della popolazione mondiale in un’operazione incentrata sulla propaganda da parte di Putin che voleva mostrare un paese, il suo, all’avanguardia della tecnologia sanitaria. Esattamente come fu a suo tempo lo Sputnik, quando la Russia riuscì a superare gli Stati Uniti per pochi mesi sull’invio del primo corpo nello spazio. Anche in questo caso si tratta della sfida sul campo tra due autocrati, quello russo e quello americano.
Chi sono i destinatari di questo messaggio. Sono solo gli Stati Uniti o ce ne sono altri?
Il messaggio è rivolto agli Stati Uniti, è rivolto ovviamente ai cinesi e forse anche a tutta quella zona mediorientale in cui Putin cerca da tempo di farsi largo essendoci ormai dei concorrenti di prima linea come, ad esempio, Erdoğan da una parte e gli iraniani dall’altra. È un messaggio che dice “io, Russia, sono ancora una grande potenza di cui tutti quanti devono tenere conto”.
Tutti ricordiamo le offerte di aiuto degli Usa, i medici cinesi e i mezzi militari russi per le strade del Nord Italia, poco dopo l’inizio della pandemia in Europa. La corsa al primato del Covid era già iniziata?
Certo. Lo hanno fatto in primo luogo i russi, lo hanno fatto i cinesi, lo hanno fatto addirittura i cubani e altri ancora. È stato fatto soprattutto da Paesi autoritari, ossia quei Paesi che hanno bisogno di trasformare un dramma, come quello del virus che si espande e della morte di centinaia di migliaia di persone, in un atteggiamento propagandistico per dire “io sono il più forte, io sono il più bravo”. In primo luogo sono gli Stati Uniti ad aver fatto questo tipo di operazione che è detestabile, anche per i risvolti che ha all’interno degli Usa.
Non l’ha sorpresa il fatto che un Paese come gli Stati Uniti si sia messo, in questa occasione, sullo stesso piano di altre potenze considerate molto meno democratiche?
No, non mi sono meravigliato perché è vero che gli Stati uniti rimangono una democrazia liberale nel senso delle istituzioni e delle strutture di fondo, ma oggi questa democrazia liberale è guidata da una politica illiberale ai limiti dell’autoritarismo. Ciò che è drammatico negli Usa è che esiste un 10-15% della popolazione che vive in assoluta marginalità ed è priva di assistenza sanitaria. Tanto è vero che il rapporto di morti per Covid tra la popolazione bianca e quella nera è di uno a tre. Il grande tema è quello dell’estensione dell’assistenza sanitaria, che Obama aveva cercato di realizzare con l’Obamacare e che Trump sta cercando di ostacolare. Il Covid ha fatto sì che questo tema abbia assunto un’importanza primaria, mentre fino ad oggi era stato spesso nascosto al grande pubblico.
Crede che proprio questa situazione darà il colpo di grazia a Trump in vista delle elezioni di novembre?
Trump non ha mai avuto una maggioranza di consenso nella popolazione anche prima del Covid. Questo consenso si è andato restringendo sempre più durante la gestione di questi tre mesi di Covid perché è apparso davanti agli occhi di tutti il disastro, con un presidente che diceva cose inenarrabili, anche contro i suoi principali collaboratori nel campo come Anthony Fauci. Questo ha portato i consensi a un livello bassissimo. A mio parere, uno come Trump che dichiara che non riconoscerà le elezioni americane se queste saranno determinate dal voto per posta è una persona pericolosa.
Invece la Cina che giovamento può trovare in un’eventuale leadership in campo scientifico e tecnologico sul coronavirus?
La famosa legge di Tucidide dice che quando c’è una potenza egemone e una montante, inevitabilmente si genererà uno scontro. Questo è il caso del rapporto tra Stati uniti e Cina. Che poi lo scontro non sia militare ma tecnologico, commerciale, economico o di altro tipo poco importa. I conflitti del futuro non sono come quelli del Novecento. Quindi è inevitabile che la Cina si scontrerà su questi campi con gli Stati Uniti. Non è un caso che Trump abbia definito il coronavirus “il virus cinese”.
Trova un parallelo tra questa competizione in atto e altre del Novecento?
Le frontiere, nelle diverse epoche, sono diverse. Ci sono state la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, negli Anni 50 e 60 è diventata la frontiera dello spazio e oggi è quella dello sviluppo tecnologico e delle questioni sociali, nelle quali i virus sono un elemento non transitorio, bensì permanente, che si ripeterà.