“Le poste americane sono nel caos” a causa di scelte “su larga scala” che da agenzia indipendente le hanno ridotte a un “football set” per “minare le elezioni federali“. Letitia James, procuratore generale dello Stato di New York, usa parole di fuoco nelle 64 pagine della causa federale contro i cambiamenti del servizio postale americano, definendoli “incostituzionali”. Usps (United States postal service), gravato da un debito di oltre 160 miliardi di dollari, è da mesi oggetto degli attacchi del presidente Donald Trump che vuole boicottare il ricorso al voto via posta, più che mai necessario nell’anno della pandemia, perché teme che l’allargamento della base elettorale – soprattutto a neri e minoranze – possa svantaggiarlo. Un punto che è stato centrale anche nel corso della prima serata della Convention repubblicana, dove ha accusato i dem di usare la “frode” del voto “in assenza” e il pretesto del Covid per vincere le elezioni. Secondo i dem, infatti, i tagli previsti potrebbero rallentare il voto per corrispondenza e compromettere la tempestività dello spoglio nelle elezioni di novembre. All’azione legale promossa da James – che ha anche chiesto lo scioglimento della potente lobby delle armi National Rifle Association – si sono uniti i colleghi di Hawaii, New Jersey, New York City, della città e della contea di San Francisco.
La guerra alle Poste – Nelle ultime settimane Trump ha insinuato più volte che il voto “in assenza” è sinonimo di frodi e brogli, nonostante fossero dichiarazioni del tutto infondate. Per penalizzare il sistema postale ha rifiutato di assegnargli fondi aggiuntivi, necessari per gestire l’atteso afflusso massiccio di voti, e al vertice dell’agenzia ha piazzato Louis DeJoy, suo finanziatore personale senza alcuna esperienza nel settore. Il postmaster general – che dal suo insediamento a giugno ha già avviato una serie di modifiche al che penalizzano e ritardano le consegne – ha però voluto assicurare davanti al Congresso che gli orari degli uffici postali non cambieranno, non chiuderanno i centri di smistamento e non verranno rimosse, come previsto, centinaia di caselle della posta. Ma dei miglioramenti assicurati non c’è stata traccia, scrive James. In un primo tempo, però, i piani del postmaster general, duramente contestati dai sindacati, erano molto diversi. DeJoy pensava di sospendere gli straordinari, prepensionare migliaia di lavoratori, bloccare i turni di consegna straordinaria della posta. In più Usps ha già messo le mani avanti: visti i loro servizi, hanno scritto in una lettera indirizzata ai 50 Stati, è possibile che i milioni di voti spediti non arrivino in tempo per essere conteggiati.