Cronaca

Condannato per violenza sessuale, è rieletto a capo dei trasporti della Basilicata. L’assessora: “Destituzione? No alla ‘caccia alle streghe'”

Giulio Ferrara, condannato a 2 anni e 6 mesi per aver palpeggiato una dipendente nel 2009, è stato da poco rieletto presidente del Consorzio Cotrab, dove però lavora anche la vittima, scatenando la bufera. La petizione che chiede di toglierli il ruolo è arrivata a oltre 16mila firme in meno di 24 ore, ma Donatella Merra prende le distanze. E intanto il caso arriva in parlamento con i senatori M5s che promettono un'interrogazione

Una condanna in via definitiva a 2 anni e 6 mesi per violenza sessuale su una propria dipendente e, poi, anni dopo, la conferma al ruolo di presidente di un Consorzio di aziende, tra cui la stessa per la quale ancora oggi lavora la vittima di abusi, nonostante le polemiche e nonostante la richiesta di dimissioni arrivata da più parti, sindacati e esponenti politici. È bufera attorno alla figura di Giulio Ferrara, ex direttore della Sita, azienda di trasporti con diverse sedi, tra cui una lucana, rieletto, tra le polemiche, presidente del Cotrab, il consorzio delle aziende di trasporti della Basilicata. La vicenda è complessa, e, nella Regione, va avanti da anni. Ma è con l’ultimo voto, che lo conferma in carica, messo a verbale il 20 agosto, che si sono riaccese le proteste: online è stata lanciata una petizione per destituire Ferrara, arrivata in meno di 24 ore a oltre 15mila firme, e anche i senatori del Movimento 5 stelle, che già con il loro consigliere Lucano, Gianni Leggieri, avevano paventato il rischio di una riconferma al vertice, hanno annunciato battaglia, promettendo un’interrogazione parlamentare. Intanto dalla Regione i fronti sono divisi: da una parte il Comitato per le pari opportunità ha preso le distanze dalla nomina, definendo la rielezione un “segnale preoccupante“, mentre l’assessora ai trasporti, Donatella Merra, con un comunicato ha fatto sapere di essere “l’ultima a dover intervenire sulla questione”, di non poter quindi “abbandonarsi a una semplice ‘caccia alle streghe'” né “avallare posizioni, sebbene assolutamente vicine alla sua più profonda sensibilità, ma che nulla hanno a che fare con il ruolo della istituzione che rappresenta”.

La vicenda – Ma andiamo con ordine. Gli abusi denunciati dalla donna risalgono all’ottobre 2009, e sono avvenuti all’interno della Sita, all’epoca di proprietà di Ferrovie dello Stato, e quindi Statale, di cui Ferrara era capo indiscusso in Basilicata. Secondo la ricostruzione, confermata da tre sentenze, di primo e secondo grado e della Cassazione, fatta grazie al racconto di lei e alle testimonianze di alcuni colleghi, l’allora direttore ha invitato la vittima nel suo ufficio per poi, mentre era vicino alla scrivania per vedere delle carte, afferrarla dai fianchi, facendola sedere con forza sopra le proprie gambe, e toccarla nelle parti intime. Tre, appunto, le sentenze che hanno confermato la colpevolezza di Ferrara, che ha compiuto la violenza “abusando di relazioni di ufficio e di autorità”, visto che la vittima era una sua “sottoposta”: la prima del 2016, con una condanna per l’ex direttore a 2 anni e sei mesi, di fronte a una richiesta del Pm di 9 anni e tre mesi, la seconda, l’appello, del 2018, e poi l’ultima, quella della Cassazione, risalente all’ottobre del 2019.

Gli appelli inascoltati e la riconferma – Dalla sentenza definitiva, sono stati diversi gli appelli, in particolare di sindacati e Movimento 5 stelle: in tutti si chiedevano le dimissioni di Ferrara che, cessato il suo ruolo all’interno della Sita, restava però al vertice del Cotrab. “Si impone una nuova riflessione di quanto accaduto – diceva il consigliere regionale Leggieri (M5s) all’indomani della decisione della Cassazione – Ho già chiesto le dimissioni di Ferrara e insisto”. Della stessa opinione l’Usb, il sindacato di base, della Basilicata, che, a distanza di qualche mese dalla sentenza, si meravigliava dell’assenza di presa di posizione del consorzio, invitando a “disporre l’immediato allontanamento” di Ferrara, e considerando i tempi lunghi “un’ulteriore violenza a danno della vittima e più in generale di tutte le donne e uomini, di tutte le lavoratrici e lavoratori”. Ma è dal 20 agosto, quando Ferrara, decaduto il mandato, viene rieletto come presidente del Consorzio delle aziende di trasporti, che il caso diventa nazionale, sia grazie al nuovo impegno del consigliere pentastellato, che grazie a una petizione lanciata in rete dal collettivo Dalla stessa parte martedì, raggiungendo in 24 ore oltre 15mila firme, che chiede alle ministre Elena Bonetti e Paola De Micheli, e all’assessora regionale ai trasporti Donatella Merra, la destituzione del presidente. “Mi dicono che molte aziende non si sono presentate alla votazione – spiega Leggieri al Fatto.it – Ma questa è comunque una situazione che ha dell’incredibile”.

Le opinioni e la nota dell’assessora ai trasporti – Nelle ultime ore in molti hanno preso posizione sull’accaduto. A partire dalla Commissione regionale Pari opportunità che ha sottolineato come “non sia stata in alcun modo presa in considerazione la posizione della vittima, e la sua protezione”. “La rielezione – scrive la Commissione – costituisce un segnale preoccupante che non puà essere certamente letto come una disattenzione”, per questo, “chiediamo l’immediata destituzione del Presidente del Cotrab e che la Sita si attenga al proprio codice etico”. E anche Valeria Valente, la presidente dem della Commissione di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere, ha condannato la rielezione, sottolineando che “se esiste un vuoto normativo che impedisce di evitare situazioni come questa va colmato subito” e che in questo modo “si manda alle donne un messaggio forte e chiaro: denunciare è inutile”.

Ma è la posizione dell’assessora ai trasporti della Regione, eletta in quota Lega, a far discutere di più. Dopo una prima giornata di silenzio, infatti, Merra ha rilasciato un comunicato, prendendo le distanze dalla richiesta di destituzione, e sottolineando che “chi si trova a gestire il delicato mondo dei trasporti, nella sua più ampia e palese complessità, non può abbandonarsi a una ‘caccia alle streghe'”. Secondo l’assessora, infatti, “seppur donna libera e consapevole”, lei è l’ultima “a dover intervenire sulla questione Ferrara”, perché, si legge nella nota “avallare posizioni, sebbene assolutamente vicine alla sua più profonda sensibilità, ma che nulla hanno a che fare con il ruolo della istituzione che rappresento, non giova alla risoluzione di un annoso problema come quello del trasporto”. “Forse l’assessora non ha capito la gravità della situazione – commenta al Fatto.it il consigliere Leggieri – Parliamo di una persona condannata per violenza sessuale. O lo butta fuori, o meglio che si dimette”.