Nel 1854 il medico Inglese John Snow riuscì a far arginare l’epidemia di colera scoppiata nel quartiere di Londra di Soho applicando per la prima volta sistemi di contact tracing della popolazione infetta basati su modelli matematici. Snow fece un solido uso della statistica per illustrare il collegamento tra i casi di colera.
Gli sforzi di Snow si concentrarono nel creare quello che adesso è conosciuto come un diagramma di Voronoi. Egli mappò le località delle singole pompe d’acqua, a partire dalla pompa di Broad street, ritenuta fonte del batterio e ricavò delle caselle che rappresentavano tutti i punti sulla sua mappa che erano più vicini a ciascuna pompa. La sezione della mappa di Snow che rappresentava le aree della città ( e quindi gli individui che le abitavano) dove la sorgente di acqua disponibile più vicina era la pompa di Broad Street, comprendeva la maggior parte dei casi di colera.
Il contact tracing di Snow costituisce l’archetipo della cosiddetta “bio-sorveglianza”, da allora adottata in molti casi e non a caso caldeggiata, anche in occasione del Covid-19, da diversi virologi. Un esempio di questo approccio è stato adottato su base locale anche contro il Covid-19, si chiama Digital Enabler e consente di mettere assieme in tempo reale i dati che provengono dai laboratori di microbiologia dove si analizzano i tamponi; quelli anagrafici (chi sei, dove abiti, qual è il tuo stato di famiglia); quelli del lavoro (dove lavori e con chi) o della scuola (idem).
In pratica è un sistema di bio-sorveglianza a disposizione delle autorità locali che integrando in tempo reale i dati già disponibili dalla pubblica amministrazione consente di fare due cose fondamentali: primo, ricostruire le relazioni (e quindi i contatti probabili: se sei positivo e hai una moglie e dei figli è altamente probabile che li abbia contagiati; lo stesso per i tuoi compagni di ufficio; saperlo ha senso solo se puoi immediatamente sottoporre tutti a tampone); secondo, poter costruire una mappa dinamica dell’epidemia, non regionale o provinciale, ma di quartiere, arrivando fino al singolo condominio.
La strada per contenere il coronavirus passa quindi per il contact tracing massivo adottato dal sistema sanitario, come peraltro stanno facendo (e bene) diverse amministrazioni regionali di ogni colore politico (dal Lazio al Veneto, al Piemonte alla Puglia) a cui aggiungere un sistema di profilazione algoritmica in grado di fornire una immediata risposta pubblica a fattori di rischio.
L’app Immuni si basa invece su presupposti completamente diversi dal contact tracing: ovvero il sistema di exposure notifications che ripartisce tra Google-Apple le informazioni sulle potenziali esposizioni e l’utente, senza coinvolgere il sistema sanitario, se non successivamente e per esclusiva iniziativa del notificato e l’utilizzo di una tecnologia, il bluetooth che presenta diversi gradi di inaffidabilità e, ancora una volta non è integrato, soprattutto nella fase iniziale di ricerca del potenziale infetto con il sistema sanitario.
In pratica l’uso dell’app è simile ad un “consiglio”, analogo a quello che si può dare ad un utente a cui si dica di cercare i sintomi di una determinata malattia su internet e di decidere poi se contattare o meno un medico.
Si parla in questi ultimi giorni dell’utilizzo di Immuni in ambito scolastico.
La mancanza di un dato di partenza certificato dal sistema sanitario potrà creare, nel nuovo sistema di rientro scolastico diverse disfunzioni allorquando ad esempio, il telefonino di uno studente segnali un potenziale incontro con un infetto, generando poi la quarantena per la classe o per la scuola. Immaginiamo quali possano essere i risultati di una errata segnalazione sulla popolazione degli insegnanti, sulle famiglie e sui genitori di un sistema quale quello del bluetooth, del tutto rimesso, fra l’altro, alla buona volontà di uno studente (magari minore.)
Non è un caso che vi siano stati casi di richiesta esplicita di “disinstallazione” dell’app in ambiti sensibili quali gli ospedali.
In definitiva gli unici metodi efficaci di circoscrivere il virus sono: una forte presenza locale del sistema sanitario con dati affidabili e preventivi (attraverso un sistema probabilistico di esposizione al rischio) e procedure immediate di riscontro a casi di possibili infezioni nonché l’uso di sistemi di distanziamento fisico tra gli studenti.
In questo sistema di prevenzione e cura non si vede quale posto possa spettare all’app Immuni, che appare frutto di un “soluzionismo tecnologico” lontano dalla realtà e la cui adozione appare peraltro molto lontana da quanto ritenuto accettabile ed in grado di fornire riscontri in termini matematici e fattuali.