Il guardasigilli Alfonso Bonafede ha attivato una serie di verifiche interne al ministero per accertare se sussistono i margini per costituirsi parte civile nei confronti di Luca Palamara. L’ex presidente dall’Anm è accusato di corruzione dalla procura di Perugia e i magistrati ieri ne hanno chiesto il rinvio a giudizio. Qualora gli accertamenti diano esito positivo, si apprende da fonti ministeriali, il numero uno di via Arenula ha manifestato l’intenzione di procedere senza indugio, dal momento che ritiene il suo ministero “persona offesa” nell’eventuale processo a carico del magistrato (ora sospeso dalle funzioni).
Palamara è accusato di avere ricevuto il pagamento di diversi soggiorni e viaggi in Italia e all’estero dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, al quale avrebbe in cambio messo a disposizione le sue funzioni di magistrato. La procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, ha chiesto il rinvio a giudizio anche per Centofanti, l’amica del magistrato Adele Attisani e Giancarlo Manfredonia, titolare di un’agenzia di viaggi. Un’inchiesta che, dopo la pubblicazione di diverse intercettazioni ascoltate dal trojan inoculato nel cellulare di Palamara, ha terremotato il Consiglio superiore della magistratura, portando alle dimissioni di diversi consiglieri.
Uno degli incontri documentati dagli inquirenti risale al 9 maggio 2019 ed è avvenuto all’hotel Champagne di Roma. È qui che si sono ritrovati l’ex presidente dell’Anm, cinque magistrati e diversi politici (tra cui l’ex ministro Luca Lotti e il deputato Cosimo Ferri) per parlare di nomine ai vertici degli uffici giudiziari, compresa quella a capo della procura capitolina. La vicenda è ora al centro di un procedimento disciplinare a Palazzo dei Marescialli, aperto a luglio e subito rinviato a dopo l’estate. Ma gli strascichi hanno travolto anche il mondo della politica, spingendo il governo a riformare radicalmente il Csm.