C’è una cosa che il trasferimento di Cristiano Ronaldo alla Juventus ci ha insegnato: l’acquisto di uno straordinario campione non è una garanzia di successo a livello internazionale. Anche se la squadra che lo compra è già fra le più forti d’Europa. I trasferimenti, soprattutto quelli più importanti, devono essere il frutto di un’analisi attenta, che tenga insieme costi e benefici. Un ragionamento che può essere utilizzato con il copia-incolla anche per quanto riguarda Leo Messi. I club che si possono permettere la pulce argentina si contano sulle dita di una mano, forse anche meno. Ma a chi conviene davvero prendere Messi? Il nome più caldo (sempre se l’argentino dovesse liberarsi a parametro zero) è ovviamente il Manchester City. Una squadra in un campionato straniero ma che parla la sua stessa lingua calcistica. Merito di Pep Guardiola, ovviamente, il demiurgo del tiki taka, il rivoluzionario che in blaugrana è stato capace di abbinare bel gioco e dominio internazionale (con ben 2 Champions alzate al cielo). Il legame fra i due è ancora forte. Tanto che, secondo Radio Catalunya, la scorsa settimana Messi avrebbe telefonato a Guardiola per sondare l’effettiva possibilità di un trasferimento. Il City è il club che più avrebbe convenienza ad acquistare la pulce. Oppure, ribaltando il concetto, è l’unica squadra che ne ha davvero bisogno.

Guardiola era arrivato a Manchester per compiere la sua seconda rivoluzione (dopo quella parzialmente fallita a Monaco di Baviera). Doveva creare una squadra e una filosofia di gioco soverchiante, capace di aprire una dinastia in Europa, di sopravvivere al suo stesso creatore. E invece, dopo 4 stagioni in panchina e una valanga di soldi spesi sul mercato, sono arrivati “solo” 2 titoli e 6 coppe nazionali. Così, dopo anni di Champions perse a causa di dettagli e dopo un campionato dominato dal Liverpool, i Citizens si ritrovano in un momento complicato della loro storia. Un’altra stagione senza successi di rilievo sarebbe considerata più di un costoso fallimento.

Bisogna vincere, dunque. E anche subito. La possibilità di utilizzare Messi faciliterebbe molto le cose, ma il successo non sarebbe affatto automatico. Perché il calcio di Guardiola si è evoluto molto rispetto a quello messo in campo dal suo Barcellona. Negli anni Pep ha sperimentato, studiato, ha cambiato pelle ma non mentalità. Per questo l’arrivo dell’argentino a Manchester potrebbe rappresentare non tanto un ritorno al passato dei fasti blaugrana, ma l’ennesimo sviluppo calcistico del catalano. Paradossalmente, però, l’arrivo di Messi metterebbe Pep con le spalle al muro. La vittoria della Champions è diventata un’autentica ossessione più per gli altri che per Guardiola. Ma non salire sul tetto del mondo con la pulce in campo sarebbe come una sentenza di condanna per il più grande rivoluzionario del calcio del nuovo millennio.

Anche se la delusione per la sconfitta in finale contro il Bayern è ancora cocente, il Psg non ha addosso la stessa pressione del City. Principalmente perché in questo momento i parigini hanno in panchina un tecnico preparato e ambizioso, un allenatore a cui è stato chiesto di creare quel progetto che i suoi predecessori non sono riusciti a imbastire. Tuchel non è Guardiola e un margine di errore gli è ancora concesso. L’arrivo dell’argentino porterebbe alla creazione del tridente più forte d’Europa (almeno sulla carta), uguale per due terzi a quello che è stato capace di vincere il triplete con Luis Enrique in panchina (Mbappé giocherebbe al posto di Luis Suarez, un altro rottamato dal nuovo tecnico del Barça Ronald Koeman). Eppure la partita contro il Bayern ha evidenziato che il vero problema del Psg non è l’attacco, ma la difesa. E con Thiago Silva in partenza, un investimento importante andrà fatto anche dietro. I vincoli, a volte piuttosto labili, del fair play finanziario porteranno a una scelta: meglio un progetto più oculato o un instant team (magari incompleto) condannato a vincere la coppa dalle grandi orecchie per evitare un disastro economico e sportivo?

Un discorso che, almeno parzialmente, può essere esteso anche all’altra grande pretendente di Messi: l’Inter. Dopo il secondo posto in campionato e la sconfitta in finale di Europa League, Antonio Conte è ossessionato dall’idea di interrompere il ciclo bianconero che lui stesso ha creato. Solo che per livellare il gap con la Juventus servono almeno quattro pedine importanti (un esterno destro, un centrale difensivo, un centrocampista e un attaccante). L’acquisto di Messi alzerebbe enormemente il livello tecnico della squadra, ma non basterebbe a colmare il distacco, a completare una rosa che in questa stagione ha mostrato lacune soprattutto in mediana. La sensazione è che anche con un ipotetico arrivo dell’argentino, la Juventus sarebbe ancora davanti in un testa a testa lungo 38 giornate. Con il Real Madrid fuori per evidente incompatibilità e con il Bayern che ha dimostrato di voler perseguire, con successo, una filosofia molto diversa, la partita intorno al numero 10 argentino sembra riguardare solo questi tre club. La domanda è: chi ci riuscirà? Ma ancora prima resta da chiedersi: a chi conviene davvero comprare la pulce?

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