Le misure sblocca appalti inserite nel decreto Semplificazioni saranno efficaci fino al 31 dicembre del 2021. Lo prevede un emendamento approvato all’unanimità dalle commissioni Affari Costituzionali e Lavori pubblici del Senato, dopo un accordo tra maggioranza e opposizione. Le forze di minoranza, dalla Lega a Forza Italia e Fratelli d’Italia, avevano chiesto un allungamento dei termini – che nel testo scadono invece al 31 luglio – fino al 2023. Ora i lavori procedono a oltranza per arrivare ufficialmente in Aula martedì 1 settembre. E completare l’iter entro il 14, quando il decreto scade.
Il provvedimento prevede che non siano più necessarie gare per affidare i lavori su opere piccole e medie fino alla soglia comunitaria, 5,3 milioni di euro. Ora la deroga viene estesa di altri cinque mesi. Le stazioni appaltanti potranno procedere con l’affidamento diretto nel caso di lavori fino a 150mila euro o con la procedura negoziata in tutti gli altri casi. Per opere tra 150mila e 350mila euro di valore verranno invitate al negoziato cinque imprese (“nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti” e tenendo conto della loro “dislocazione territoriale”), dieci per opere da 350mila a 1 milione di euro, quindici fino a 5 milioni. Prevista inoltre la deroga all’iter ordinario del Codice appalti, con procedure a trattativa ristretta, anche per le opere di rilevanza nazionale individuate dalla presidenza del Consiglio. Mentre solo per gli interventi infrastrutturali più complessi e con alto tasso di difficoltà attuativa arriveranno uno o più commissari straordinari.
E’ passata pure la modifica, proposta dal senatore dem Franco Mirabelli, che prevede la pubblicazione dei bandi sia per gli appalti sopra che sotto soglia. In questo modo nel caso di procedure ristrette si apre la possibilità di candidatura anche per raggruppamenti d’impresa. L’emendamento introduce, poi, il criterio di rotazione per i lavori di maggiore valore. Restano dei nodi da sciogliere. Dalla rigenerazione urbana alla ricostruzione nelle zone terremotate, passando per gli interventi per gli stadi e la certificazione necessaria ai fini della realizzazione di opere che impattano sul territorio. E qui il dibattito politico si è focalizzato sull‘aeroporto di Firenze caro a Matteo Renzi. Il senatore Gianluca Ferrara, capogruppo M5S in Commissione Affari Esteri, ha annunciato che “nella riformulazione del Decreto sarà inserita una norma che prevedere l’obbligo di Vas nelle procedure di autorizzazione delle infrastrutture”. “Sono molto soddisfatto, poiché si rischiava diautorizzare opere già bocciate in passato, come nel caso del Piano di Sviluppo Aeroportuale di Firenze, il cui progetto è stato annullato dal Tar per la Vas e dal Tar Toscana e dal Consiglio di Stato per la Via”, ha spiegato.
Un altro emendamento approvato prevede che la produzione di gas industriali per la tutela ambientale sia tra i programmi di investimento agevolati nelle aree di crisi industriale. “Rappresenta una grande occasione di sviluppo economico a livello locale nell’ottica del green New Deal targato Ue”, scrivono in una nota il Senatore Mauro Coltorti, presidente della Commissione Lavori Pubblici e firmatario dell’emendamento, e il collega alla Camera Gabriele Lorenzoni. “Stiamo infatti parlando della produzione di idrogeno verde ottenuto cioè da fonti rinnovabili (eolico, solare, idroelettrico) e a zero emissioni di CO2, che consentirebbe anche di dare il via libera a progetti pilota per la locomozione a idrogeno in diverse aree del Paese, per cui, anche insieme ad altri parlamentari del Movimento, ci stiamo battendo da molto tempo”, proseguono. “Ora abbiamo una grossa opportunità da sfruttare per colmare il gap degli investimenti infrastrutturali in zone di crisi (pensiamo a quelle colpite dai terremoti del 2009 e del 2016), di cui l’Italia soffre storicamente. Ciò stimolerebbe la crescita e lo sviluppo di realtà locali nella produzione e distribuzione di un vettore energetico pulito e indispensabile alla transizione energetica da fonti rinnovabili”.