“Focolaio al Billionaire? Un evento del genere è un incubo per la sanità pubblica“. Così, a “In onda” (La7), l’epidemiologo Pierluigi Lopalco commenta il caso dei 63 contagi al Billionaire, puntualizzando: “Tremila persone che sono state in un posto, che sono state in gran parte tracciate ma che poi si sono spostate e sono tornate nel proprio luogo di residenza comportano un lavoro davvero enorme. Bisogna rintracciare queste persone e fare un tampone. Quando si pensa al tampone, non si tratta solo del lavoro di un laboratorio. Si tratta dell’impegno di una persona che deve infilare un tampone nel naso di un paziente. L’operazione richiede circa 5-10 minuti, moltiplicate per 3000 e capite quante giornate di lavoro servono per tener testa a un focolaio del genere”.
E aggiunge: “Per ogni positivo individuato, poi, bisogna attivare il contact tracing e quindi, a cascata, come una sorta di catena di Sant’Antonio, aumentano a dismisura le persone da tenere sotto sorveglianza, a cui fare il tampone e la diagnosi, con costi notevolissimi per il sistema sanitario. I clienti che nei locali pubblici, come al Billionaire, hanno fornito dati falsi? Lasciare le proprie generalità al ristorante non è solo per senso civico ma anche per protezione personale. Dare le generalità false non è una furbizia, è un’idiozia, una stupidaggine“.
L’epidemiologo, infine, disegna la situazione attuale di contagi da covid: “Quello che stiamo vedendo adesso è esattamente la parte sommersa dell’iceberg che a gennaio e a febbraio non riuscivamo a vedere. Attenzione a dare il messaggio che il virus si sia indebolito. Il virus che sta circolando oggi è praticamente molto molto simile a quello che è circolato a marzo e ad aprile. E’ diversa la popolazione in cui sta circolando e che riusciamo a identificare. Ora siamo bravi a identificare gli asintomatici, ma dobbiamo fare attenzione – conclude – perché se questi numeri aumentano, a febbraio dovremo stare attenti all’impatto sugli ospedali, ora dobbiamo vigilare sull’impatto sul territorio. Finché il territorio regge, riusciamo a contenere i focolai. Se invece questi numeri aumentano a dismisura, i servizi sanitari non possono tenere, perché non abbiamo il personale sufficiente. Quindi, in questo momento la parola d’ordine a livello nazionale deve essere ‘prevenzione’“.