Nel giorno in cui si registrano 1411 nuovi casi, l’Istituto superiore di Sanità diffonde il report che fotografa la pandemia nella settimana dal 17 al 23 agosto. Come già anticipato dall’analisi della fondazione Gimbe, aumenta sensibilmente il numero di contagi, con livelli simili a quelli di giugno, ma, soprattutto, cresce il numero di casi importati da un’altra regione o da un’altra provincia. Secondo il monitoraggio, realizzato insieme al ministero della Salute, il 15,7% di nuovi positivi di questa settimana è un contatto interregionale: la settimana precedente era il 2,3%. Resta più o meno stabile, invece, il numero di casi importati dall’estero: sono il 20,8%, contro il 28,3 della settimana precedente.
Continua, inoltre, il trend che vede l’età mediana dei contagiati abbassarsi e arrivare, negli ultimi sette giorni, a 29 anni. “La circolazione avviene oggi con maggiore frequenza nelle fasce di età più giovani, in un contesto di avanzata riapertura delle attività commerciali (inclusi luoghi di aggregazione) e di aumentata mobilità – si legge nel documento – Si riscontra un cambiamento nelle dinamiche di trasmissione, con emergenza di casi e focolai associati ad attività ricreative sia sul territorio nazionale che all’estero, ed una minore gravità clinica dei casi diagnosticati che, nella maggior parte dei casi, sono asintomatici”. Sono infatti oltre 1347 i focolai attivi in Italia (cioè l’individuazione di 2 o più casi positivi tra loro collegati) di cui 490 nuovi. “Entrambi – scrivono dall’Istituto superiore della sanità – in aumento per la quarta settimana consecutiva”. Questo, spiegano gli esperti, comporta un maggior impegno sul territorio, anche se, i servizi sono riusciti finora a “contenere la trasmissione locale del virus”. Ma, allertano, “qualora dovesse persistere l’attuale trend di incidenza in aumento, le capacità di risposta di questi servizi potrebbero essere messe a dura prova”.
Anche in questa settimana il monitoraggio certifica nuovi contagi in tutte le regioni e in tutte le province, con un aumento in sedici regioni. Il 36% dei nuovi casi è stato trovato grazie all’attività di screening, e il 32% in attività di contact tracing. “I rimanenti casi sono stati identificati in quanto sintomatici (27%) o non è riportata la ragione dell’accertamento diagnostico (5%)”, si legge. Di fatto, quindi, il 68% dei nuovi casi sono stati identificati grazie allo screening e all’indagine dei casi, monitorando in particolar modo i contatti stretti dei positivi.
Non tutti gli aumenti, specifica il report, sono attribuibili unicamente all’importazione dall’estero. In alcune realtà regionali, infatti, i nuovi casi sono elevati e si osserva un trend in aumento: “Questo deve invitare alla cautela in quanto denota che in alcune parti del Paese la circolazione del virus è ancora rilevante”, scrivono gli esperti. Per questo, raccomanda il ministero della Salute, “è fondamentale mantenere una elevata consapevolezza della popolazione generale circa il peggioramento della situazione epidemiologica e sull’importanza di continuare a rispettare in modo rigoroso tutte le misure necessarie a ridurre il rischio di trasmissione quali l’igiene individuale, l’uso delle mascherine e il distanziamento fisico”.
I numeri, comunque, non meravigliano. Già il report redatto in mattinata dalla fondazione guidata da Nino Cartabellotta, aveva evidenziato i trend in aumento, sia nel numero di contagi, quasi raddoppiati rispetto alla settimana scorsa, sia, ad esempio nel numero di ricoverati con sintomi. Dati che, comunque, non devono far pensare a un “ritorno al periodo del lockdown”. I numeri, ha spiegato Cartabellotta, “non sono paragonabili” perché ci sono “dinamiche epidemiologiche diverse” e perché rispetto ai primi mesi, “quando il coronavirus circolava insidiosamente sottotraccia con migliaia di asintomatici che infettavano senza saperlo parenti, amici e colleghi di lavoro”, oggi la situazione è “monitorata” e “il servizio sanitario è organizzato”.