Chi è schierato contro il referendum sostiene che "se vincerà il Sì, l'Italia avrà il rapporto tra eletti e abitanti più basso d'Europa". Ma nel calcolo si tiene conto solo dei 400 deputati previsti dalla riforma e non pure dei 200 senatori. Il portavoce delle Sardine: "Arriveremmo a un eletto ogni 150mila abitanti e poi ci lamentiamo che la politica è distante". L'ex presidente della Consulta contro "chi si riempie la bocca dicendo che nel confronto con gli altri Paesi europei abbiamo troppi deputati". I casi di Cuperlo e Gori. E quello del Corriere della Sera
In questi giorni di dibattito sul taglio dei parlamentari, il refrain di politici, costituzionalisti e giornali schierati contro il referendum è sempre lo stesso: “Se vincerà il Sì, l’Italia avrà il rapporto tra eletti e abitanti più basso d’Europa”. I numeri invece dicono che sarà in linea con quelli dei principali Paesi europei (se non migliori). Come nel Regno Unito, dove c’è un rappresentante ogni 102mila cittadini, o in Germania e Francia (uno ogni 117mila). Il motivo è che il bicameralismo italiano è un unicum nel panorama internazionale e bisogna tenere conto sia della Camera che del Senato (i cui membri sono entrambi eletti dai cittadini) quando si vogliono fare paragoni con i sistemi vigenti all’estero. Sia a Berlino che a Londra, ad esempio, solo la Camera bassa è eletta dal popolo e detiene i principali poteri legislativi. Nell’errore sono incappati in tanti, come i dem Gianni Cuperlo, Giorgio Gori e Tommaso Nannicini. Ma anche il leader delle Sardine Mattia Santori, l’ex presidente della Consulta Giuseppe Tesauro e il quotidiano di via Solferino.
Nell’articolo pubblicato su L’Espresso lo scorso 6 agosto con cui il deputato del Pd Gianni Cuperlo ha annunciato il suo No al referendum, si legge che”cancellare un terzo della rappresentanza parlamentare senza i contrappesi dovuti suona come successo della divisione o disunità”. Come se non bastasse, spiega, c’è “l’aggravante delle percentuali destinate a mutare il rapporto, almeno numerico: oggi per eleggere un deputato servono 96mila cittadini, dopo la riforma ce ne vorrebbero 151mila, il più basso livello di rappresentanza politica in rapporto alla popolazione dell’intera Unione Europea“. Il calcolo di per sé non è errato: in caso di vittoria del Sì, Montecitorio potrà contare su 400 membri. Se correlati ai 60 milioni di cittadini presenti in Italia, in effetti il rapporto è di 1 eletto ogni 150mila abitanti. Ma Cuperlo tralascia di considerare i 200 seggi del Senato, sempre elettivi, che vanno aggiunti al totale se davvero si vuole fare un confronto con gli altri Paesi europei. Nel Bundestag, l’unica Camera tedesca che ospita rappresentanti votati alle urne dai cittadini, sono presenti 709 parlamentari e il rapporto eletti-abitanti è inferiore a 1 ogni 100mila. Situazione simile in Francia, dove la figura istituzionale analoga al Parlamento italiano nella sua interezza è l’Assemblea nazionale, composta da 577 membri.
A prendere un abbaglio come Cuperlo è il Comitato dei “democratici per il No” a cui hanno aderito diversi esponenti del Nazareno: ci sono il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il parlamentare europeo Daniele Viotti, Gianni Pittella, Tommaso Nannicini. Nell’elenco compare anche il nome del socialista Riccardo Nencini. Sul loro sito si legge che il “taglio orizzontale” di chi siede nei due rami del Parlamento “produrrà risparmi risibili e avrà effetti negativi sulla qualità della nostra democrazia. L’Italia diventerà il paese europeo con il peggior rapporto tra numero di cittadini ed eletti”. Una tesi anticipata da Pittella già nel dicembre scorso, quando parlava di una riforma “demagogica e sostanzialmente inutile” in quanto prevede “un taglio lineare senza alcuna riforma organica delle istituzioni”. A suo parere, rimangono intatte le “due camere fotocopia” e l’effetto sarà “ulteriormente distorsivo”, con una rappresentatività pari a “0.7 eletti del popolo ogni 100mila abitanti”. Il senatore dem, a lungo parlamentare a Strasburgo, si dice quindi contrario al bicameralismo perfetto ma non ne tiene conto quando mette a confronto il sistema italiano con quello degli altri Paesi Ue.
Al coro si è unito anche il portavoce delle Sardine Santori, che in un’intervista a Repubblica del 21 agosto accusa la riforma Fraccaro di “mortificare la rappresentanza”. “Arriveremmo a un eletto ogni 150mila abitanti – spiega – e poi ci lamentiamo che la politica è distante“. In questo caso l’errore di calcolo è ancora più vistoso rispetto a quello di Cuperlo, dal momento che il leader bolognese parla esplicitamente di “eletti”, ma quando calcola il rapporto con gli abitanti tiene conto solo dei 400 membri della Camera. Sempre sul quotidiano romano sono comparse in questi giorni altre posizioni simili: l’ex procuratore di Torino Armando Spataro boccia come “bufale colossali” le tesi di chi sostiene che il referendum permetterà all’Italia di “allinearsi” al resto del continente.
L’ex presidente della Corte costituzionale Giuseppe Tesauro si spinge anche oltre: “Oggi c’è chi si riempie la bocca dicendo che nel confronto con gli altri Paesi europei abbiamo troppi deputati. Ma il numero assoluto dei deputati e dei senatori non significa niente”, dichiara. “Conta il rapporto tra eletti e cittadini e in questo caso siamo al 23esimo posto in Europa. Con la riduzione saremmo ultimi”. L’intervista è comparsa sull’edizione napoletana del quotidiano guidato da Maurizio Molinari, anche lui schierato per il No. Nell’editoriale con cui ha annunciato la posizione di Repubblica, il direttore ha parlato genericamente di un “indebolimento” del rapporto eletti-elettori. Più esplicita una tabella comparsa il 25 agosto sul Corriere della Sera, in cui l’ipotetico nuovo Parlamento italiano viene messo a confronto con quelli di Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. I membri vengono opportunamente divisi tra chi appartiene alla rispettiva Camera bassa e chi alla Camera alta, ma quando arriva il momento di calcolare il rapporto si prendono in considerazione solo i deputati (che solo all’estero corrispondono quasi sempre alla totalità degli eletti).