Jacob Blake è paralizzato, non si può muovere dalla vita in giù: la conseguenza dei colpi di pistola alla sua schiena, almeno sette, esplosi da un agente di polizia. Eppure il 29enne afroamericano è stato “ammanettato al suo letto di ospedale”: la denuncia è arrivata dallo zio di Blake, Justin. Alla Cnn ha raccontato che quando il padre lo ha visto in quello condizioni gli si è “spezzato il cuore“. “Questo vuol dire aggiungere la beffa al danno”, ha commentato. Poi nel corso della giornata è arrivata la svolta. Secondo quanto riferiscono i media americani, tutti i capi di imputazione nei confronti del giovane sono caduti e per questo gli sono state tolte le manette. Anche i poliziotti che piantonavano la stanza del ricovero sarebbero stati richiamati. Nel frattempo il 29enne ha ripreso conoscenza e ha incontrato i suoi familiari.
L’afroamericano è gravemente ferito e si trova ricoverato all’ospedale di Wauwatosa (Wisconsin). Come è noto, Blake è stato colpito alla schiena domenica scorsa da sette proiettili sparati da un poliziotto di Kenosha mentre cercava di entrare nella sua auto dove lo aspettavano i suoi tre figli piccoli. Questa notte la Casa Bianca ha contattato per la prima volta la famiglia di Jacob. A parlare con sua madre però non è stato Donald Trump ma il suo chief of staff Mark Meadows. Il presidente Usa, invece, nel suo discorso di accettazione della nuova nomination repubblicana non ha mai nominato il caso di Jacob Blake. Anzi, il tycoon ha messo in guardia dalle “folle inferocite” e si è schierato a favore della polizia.
L’ennesimo episodio di brutalità della polizia contro un nero, dopo quello di George Floyd, ha riacceso le proteste antirazziste, fino ad arrivare a fermare l’Nba, dopo la notizia di un 17enne bianco amante delle armi, della polizia e di Trump che ha ucciso due manifestanti ferendone un terzo. Dopo il basket, che ora sembra pronto a ripartire, si sono fermati molti altri sport e atleti americani. Le proteste oggi potrebbero sbarcare nella capitale nella marcia per i diritti umani sul National Mall.
Proseguono intanto le indagini sul caso, scoppiato dopo una telefonata alla polizia per una disputa domestica. Ma gli inquirenti non hanno ancora spiegato perché l’agente Rusten Sheskey, in servizio da sette anni, ha sparato sette colpi alla schiena dopo gli inutili tentativi di fermare Blake col taser. “Aveva ammesso di avere un coltello“, spiegano, ma è stato ritrovato dopo sotto il pianale della vettura. Due agenti coinvolti sono stati sospesi ma per ora non incriminati, mentre il dipartimento di Giustizia ha avviato un’indagine parallela condotta dall’Fbi sulla violazione dei diritti civili. Molti gli interrogativi anche su Kyle Rittenhouse, il 17enne arrestato per gli spari alle proteste. I suoi profili social lo identificano come un fan delle armi e delle forze dell’ordine, che aveva partecipato ad un comizio di Trump in gennaio e che si considerava un membro di una milizia votata a proteggere la proprietà. Ma come era entrato in contatto con quel gruppo? Chi lo ha armato con un fucile? Perché arrivava dall’Illinois?