Dopo tre interviste in tre giorni rilasciate dai vertici confindustriali su tre differenti grandi quotidiani, il presidente Carlo Bonomi denuncia, in una lettera interna destinata ai presidenti di tutte le associazioni del sistema, “intimidazioni alle imprese per indurle a tacere”. Torna insomma il tema del “sentimento anti imprese” che il leader degli industriali fiuta nell’aria ogni volta che mette piede oltre viale dell’Astronomia. La lettera tocca poi su molti dei punti toccati in questi giorni. Il primo, naturalmente, quello del rinnovo dei contratti collettivi. Dieci milioni di lavoratori italiani attendono infatti nuovi accordi visto che i precedenti sono scaduti, in alcuni casi da anni o decenni.
“All’accusa che i leader sindacali hanno rivolto a Confindustria di non volere i contratti abbiamo risposto con chiarezza che Confindustria i contratti li vuole sottoscrivere e rinnovare. Solo che li vogliamo ‘rivoluzionarì”, scrive Bonomi in occasione dei suoi primi 100 giorni di presidenza. Nella lettera Bonomi specifica “contratti rivoluzionari rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari. Non perché siamo rivoluzionari noi, aggettivo che proprio non ci si addice, ma – spiega – perché nel frattempo è il lavoro e sono le tecnologie, i mercati e i prodotti, le modalità per produrli e distribuirli, ad essersi rivoluzionati, tutti e infinite volte rispetto a decenni fa”. Bonomi , in vista del tavolo con i sindacati del prossimo 7 settembre, indica quindi agli industriali che questa è una posizione da sostenere “con grande energia”, con “chiarezza e fermezza”, con “tutto l’equilibrio ma anche con tutta la risolutezza necessaria”. Una chiamata alle armi che mostra però già importanti defezioni.
No agli aumenti in busta paga – Sinora la linea Bonomi è stata quella di non accettare aumenti in busta paga poiché non c’è inflazione. Neppure per quelle categorie come dipendenti della sanità privata o dell’industria alimentare che hanno continuato a recarsi al lavoro durante tutta la pandemia. Al massimo qualche concessione in termini di welfare aziendale, tutti interventi con forti agevolazioni fiscali per le imprese. Una linea sconfessata peraltro apertamente da colossi come Barilla, Ferrero o Coca Cola Italia che hanno invece firmato il nuovo contratto collettivo dell’alimentare che prevede aumenti in busta paga (a regime, cioè dal 2023, 119 euro lordi in media al mese). I “ribelli” compariranno davanti al presidente il prossimo 9 settembre.
Oggi è stato anche annunciato che il 16 settembre sarà sciopero nazionale dei lavoratori della sanità privata che incroceranno le braccia in segno di protesta per “la mancata sottoscrizione definitiva, da parte delle controparti ovvero Aiop (Associazione italiana ospedalità privata che fa capo a Confindustria) e Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari), della preintesa raggiunta il 10 giugno scorso sul rinnovo del contratto”
Libertà di licenziare – La scelta del governo di estendere gli ammortizzatori sociali e vietare per legge i licenziamenti nel pieno dell’emergenza Covid “poteva essere giustificata”, ma “protrarla ad oltranza è un errore molto rischioso”, afferma ancora Bonomi nella sua missiva. “Più si protrae nel tempo il binomio ‘cig per tutti-no licenziamenti più gli effetti di questo congelamento” del lavoro “potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese”, afferma. Per alcune, questa sorta di “anestesia” potrebbe significare “‘al risveglio l’avvio di procedure concorsuali”. Bonomi rilancia, invece, la necessità di una riforma delle politiche per il lavoro “profondamente diverse”, orientate verso politiche attive e non passive, già a cominciare dalla prossima legge di Bilancio. Una riforma “complessiva e di sistema”.
Giova ricordare che il blocco dei licenziamenti (il cui costo è stato sostenuto dalla fiscalità generale e non dalle imprese, attraverso la Cig Covid) è stato imposto dal governo nella speranza che nel frattempo l’economia iniziasse a dare segni di ripresa, limitando l’impatto occupazionale. Nel frattempo la valvola di sfogo delle aziende sono stati i contratti a termine quasi mai rinnovati una volta arrivati a scadenza.
I soldi devono andare solo alle imprese – Nella lettera ricompare un altro leitmotiv del Bonomi pensiero. Gli aiuti per superare la pandemia devono andare alle imprese, molto di più di quanto avvenuto sinora. Basta con i “sussidi a pioggia”, formula cara al presidente per indicare sostegni che vanno a persone e famiglie in difficoltà. “Se non saremo uniti negli obiettivi prioritari per cui ci battiamo, nel respingere le polemiche ed anche i tentativi di intimidirci, allora diventerà ancora più improbo il tentativo di trasformare l’Italia in quel Paese dell’innovazione permanente capace di accogliere e trattenere i nostri figli che, noi sappiamo, può e deve essere”.”Ci aspetta una stagione – scrive – in cui la demagogia rischia di essere la più fraudolenta delle seduzioni. E, al contempo, in cui il costo dell’incompetenza sopravanzerà per generazioni i benefici di chi oggi se ne avvantaggia”.
Belle parole che cozzano però con una realtà che vede le aziende private italiane tra le ultime in Europa per la quota di risorse destinate a ricerca, sviluppo e innovazione. Circa lo 0,5% del Pil, meno della metà rispetto a Francia o Germania. Ma certamente tutto sarebbe diverso se fosse stata accolta l’unica “rivoluzionaria” concreta proposta con cui Confindustria si è presentata agli Stati generali dello scorso giugno: restituiteci 3,4 miliardi di accise sull’energia. A Bonomi, che pochi giorni fa ha negato che Confindustria sia “un potere forte”, proprio non va giù che palazzo Chigi non esegua i desiderata degli industriali. E così ogni occasione è buona per randellare l’esecutivo: “I numerosi interventi specifici, i bonus frammentati e i nuovi fondi accesi presso ogni ministero, non sono stati certo la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”. E ancora: politiche attive del lavoro “non possono essere attuate con il Reddito di cittadinanza“, la cui attuale configurazione va “smontata”, sostiene Bonomi. Bisogna “superare i limiti” dell’attuale sistema delle politiche del lavoro, puntando tra l’altro su formazione e riqualificazione professionale, ricollocazione e reimpiego, sottolinea inoltre il presidente di Confindustria facendo riferimento alla proposta di riforma “complessiva”, in dieci punti, inviata a metà luglio al governo e ai sindacati.
I contagi? Colpa solo degli altri – I panni sporchi si lavano in casa. La lettera interna avrebbe potuto fare un qualche accenno all‘uso indebito della Cig Covid attuato da alcune aziende o magari qualche accenno di autocritica sui contagi in fabbrica che continuano a registrarsi nelle fabbriche. Niente di tutto ciò. Anzi, Bonomi liquida come un “falso assoluto” la critica alle imprese di “aver osteggiato la chiusura di alcune aree del Paese a fronte della diffusione del Covid-19″. Il presidente di Confindustria non lesina però bacchettate tutti gli altri. “Sulle misure di sicurezza anti-Covid ancora non ci siamo”, scrive. E sottolinea: “Che il tema dopo tanti mesi sia purtroppo ancora irrisolto lo testimoniano due vicende in corso”. Si sofferma quindi sulle “profonde incertezze sulla riapertura delle scuole a settembre, che al di là del bando su 2,4 milioni di banchi a rotelle identificati come priorità ancora non vedono una risposta precisa alla domanda centrale: che cosa avverrà negli istituti in presenza di contagi?” C’è poi il tema per i presidi, come si era posto per gli imprenditori riguardo agli ambienti di lavoro, “dello scudo rispetto alla responsabilità penale in caso di contagi”. Bonomi sottolinea inoltre “l’esperienza dei mancati controlli e tamponi di massa al rientro dalle vacanze in Paesi posti dal Governo nella lista dei controlli obbligati”. E come “altra conferma” aggiunge “l’insuccesso della app Immuni”.
Economia
“Vogliamo firmare contratti rivoluzionari”. E Carlo Bonomi spiega come: nessun aumento ai dipendenti, libertà di licenziare
In una lettera alle associazioni confindustriali, il presidente degli industriali Carlo Bonomi torna su temi a lui più cari: più aiuti alle imprese, meno agli altri; niente soldi ma solo più welfare per i lavoratori e fine del blocco sui licenziamenti. Sulla diffusione dei contagi non ha dubbi: le fabbriche non c'entrano nulla
Dopo tre interviste in tre giorni rilasciate dai vertici confindustriali su tre differenti grandi quotidiani, il presidente Carlo Bonomi denuncia, in una lettera interna destinata ai presidenti di tutte le associazioni del sistema, “intimidazioni alle imprese per indurle a tacere”. Torna insomma il tema del “sentimento anti imprese” che il leader degli industriali fiuta nell’aria ogni volta che mette piede oltre viale dell’Astronomia. La lettera tocca poi su molti dei punti toccati in questi giorni. Il primo, naturalmente, quello del rinnovo dei contratti collettivi. Dieci milioni di lavoratori italiani attendono infatti nuovi accordi visto che i precedenti sono scaduti, in alcuni casi da anni o decenni.
“All’accusa che i leader sindacali hanno rivolto a Confindustria di non volere i contratti abbiamo risposto con chiarezza che Confindustria i contratti li vuole sottoscrivere e rinnovare. Solo che li vogliamo ‘rivoluzionarì”, scrive Bonomi in occasione dei suoi primi 100 giorni di presidenza. Nella lettera Bonomi specifica “contratti rivoluzionari rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari. Non perché siamo rivoluzionari noi, aggettivo che proprio non ci si addice, ma – spiega – perché nel frattempo è il lavoro e sono le tecnologie, i mercati e i prodotti, le modalità per produrli e distribuirli, ad essersi rivoluzionati, tutti e infinite volte rispetto a decenni fa”. Bonomi , in vista del tavolo con i sindacati del prossimo 7 settembre, indica quindi agli industriali che questa è una posizione da sostenere “con grande energia”, con “chiarezza e fermezza”, con “tutto l’equilibrio ma anche con tutta la risolutezza necessaria”. Una chiamata alle armi che mostra però già importanti defezioni.
No agli aumenti in busta paga – Sinora la linea Bonomi è stata quella di non accettare aumenti in busta paga poiché non c’è inflazione. Neppure per quelle categorie come dipendenti della sanità privata o dell’industria alimentare che hanno continuato a recarsi al lavoro durante tutta la pandemia. Al massimo qualche concessione in termini di welfare aziendale, tutti interventi con forti agevolazioni fiscali per le imprese. Una linea sconfessata peraltro apertamente da colossi come Barilla, Ferrero o Coca Cola Italia che hanno invece firmato il nuovo contratto collettivo dell’alimentare che prevede aumenti in busta paga (a regime, cioè dal 2023, 119 euro lordi in media al mese). I “ribelli” compariranno davanti al presidente il prossimo 9 settembre.
Oggi è stato anche annunciato che il 16 settembre sarà sciopero nazionale dei lavoratori della sanità privata che incroceranno le braccia in segno di protesta per “la mancata sottoscrizione definitiva, da parte delle controparti ovvero Aiop (Associazione italiana ospedalità privata che fa capo a Confindustria) e Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari), della preintesa raggiunta il 10 giugno scorso sul rinnovo del contratto”
Libertà di licenziare – La scelta del governo di estendere gli ammortizzatori sociali e vietare per legge i licenziamenti nel pieno dell’emergenza Covid “poteva essere giustificata”, ma “protrarla ad oltranza è un errore molto rischioso”, afferma ancora Bonomi nella sua missiva. “Più si protrae nel tempo il binomio ‘cig per tutti-no licenziamenti più gli effetti di questo congelamento” del lavoro “potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese”, afferma. Per alcune, questa sorta di “anestesia” potrebbe significare “‘al risveglio l’avvio di procedure concorsuali”. Bonomi rilancia, invece, la necessità di una riforma delle politiche per il lavoro “profondamente diverse”, orientate verso politiche attive e non passive, già a cominciare dalla prossima legge di Bilancio. Una riforma “complessiva e di sistema”.
Giova ricordare che il blocco dei licenziamenti (il cui costo è stato sostenuto dalla fiscalità generale e non dalle imprese, attraverso la Cig Covid) è stato imposto dal governo nella speranza che nel frattempo l’economia iniziasse a dare segni di ripresa, limitando l’impatto occupazionale. Nel frattempo la valvola di sfogo delle aziende sono stati i contratti a termine quasi mai rinnovati una volta arrivati a scadenza.
I soldi devono andare solo alle imprese – Nella lettera ricompare un altro leitmotiv del Bonomi pensiero. Gli aiuti per superare la pandemia devono andare alle imprese, molto di più di quanto avvenuto sinora. Basta con i “sussidi a pioggia”, formula cara al presidente per indicare sostegni che vanno a persone e famiglie in difficoltà. “Se non saremo uniti negli obiettivi prioritari per cui ci battiamo, nel respingere le polemiche ed anche i tentativi di intimidirci, allora diventerà ancora più improbo il tentativo di trasformare l’Italia in quel Paese dell’innovazione permanente capace di accogliere e trattenere i nostri figli che, noi sappiamo, può e deve essere”.”Ci aspetta una stagione – scrive – in cui la demagogia rischia di essere la più fraudolenta delle seduzioni. E, al contempo, in cui il costo dell’incompetenza sopravanzerà per generazioni i benefici di chi oggi se ne avvantaggia”.
Belle parole che cozzano però con una realtà che vede le aziende private italiane tra le ultime in Europa per la quota di risorse destinate a ricerca, sviluppo e innovazione. Circa lo 0,5% del Pil, meno della metà rispetto a Francia o Germania. Ma certamente tutto sarebbe diverso se fosse stata accolta l’unica “rivoluzionaria” concreta proposta con cui Confindustria si è presentata agli Stati generali dello scorso giugno: restituiteci 3,4 miliardi di accise sull’energia. A Bonomi, che pochi giorni fa ha negato che Confindustria sia “un potere forte”, proprio non va giù che palazzo Chigi non esegua i desiderata degli industriali. E così ogni occasione è buona per randellare l’esecutivo: “I numerosi interventi specifici, i bonus frammentati e i nuovi fondi accesi presso ogni ministero, non sono stati certo la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”. E ancora: politiche attive del lavoro “non possono essere attuate con il Reddito di cittadinanza“, la cui attuale configurazione va “smontata”, sostiene Bonomi. Bisogna “superare i limiti” dell’attuale sistema delle politiche del lavoro, puntando tra l’altro su formazione e riqualificazione professionale, ricollocazione e reimpiego, sottolinea inoltre il presidente di Confindustria facendo riferimento alla proposta di riforma “complessiva”, in dieci punti, inviata a metà luglio al governo e ai sindacati.
I contagi? Colpa solo degli altri – I panni sporchi si lavano in casa. La lettera interna avrebbe potuto fare un qualche accenno all‘uso indebito della Cig Covid attuato da alcune aziende o magari qualche accenno di autocritica sui contagi in fabbrica che continuano a registrarsi nelle fabbriche. Niente di tutto ciò. Anzi, Bonomi liquida come un “falso assoluto” la critica alle imprese di “aver osteggiato la chiusura di alcune aree del Paese a fronte della diffusione del Covid-19″. Il presidente di Confindustria non lesina però bacchettate tutti gli altri. “Sulle misure di sicurezza anti-Covid ancora non ci siamo”, scrive. E sottolinea: “Che il tema dopo tanti mesi sia purtroppo ancora irrisolto lo testimoniano due vicende in corso”. Si sofferma quindi sulle “profonde incertezze sulla riapertura delle scuole a settembre, che al di là del bando su 2,4 milioni di banchi a rotelle identificati come priorità ancora non vedono una risposta precisa alla domanda centrale: che cosa avverrà negli istituti in presenza di contagi?” C’è poi il tema per i presidi, come si era posto per gli imprenditori riguardo agli ambienti di lavoro, “dello scudo rispetto alla responsabilità penale in caso di contagi”. Bonomi sottolinea inoltre “l’esperienza dei mancati controlli e tamponi di massa al rientro dalle vacanze in Paesi posti dal Governo nella lista dei controlli obbligati”. E come “altra conferma” aggiunge “l’insuccesso della app Immuni”.
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "I continui rinvii del governo Meloni sembravano indirizzati a portare a compimento qualcosa di più della semplice propaganda, ma invece si va verso il nulla. Tre miliardi rispetto alla marea di aumenti sulle bollette sono davvero poca cosa, quasi una presa in giro. Milioni di cittadini stanno subendo rincari di quasi il 40%, migliaia di aziende rischiano la chiusura e altrettanti lavoratori il proprio posto. Ma d'altronde sbagliamo noi a stupirci. Per il governo Meloni il modello d'imprenditoria è quello della ministra Santanchè. Sbaglia chi si spacca la schiena come i cittadini che cercano di far quadrare i conti a fine mese o le imprese che fanno di tutto per stare sul mercato. Per Giorgia Meloni la cosa migliore è cercare qualche santo in paradiso o, meglio ancora, qualche amicizia che conti". Così in una nota Riccardo Ricciardi, capogruppo M5S alla Camera.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Ci sono modalità diverse con le quali ci si rapporta a Trump. Credo che la presidente Meloni senta la responsabilità di essere un ponte fra l'Europa e l'America dati i suoi buoni rapporti con Trump". Lo ha detto l'eurodeputata di Fi, Letizia Moratti, a Otto e mezzo su La7.
"Sul tema dei dazi, credo che Trump sia uno shock per l'Europa, uno stimolo positivo perché l'Ue può mettere in atto le riforme richieste nel rapporto Draghi e Letta che chiedono un'Europa più competitiva, più favorevole agli investimenti, con una transizione energetica sostenibile e quindi in grado di sostenere il welfare."
"Siamo alleati storici degli Usa - continua Moratti - e in questo momento dobbiamo avere la consapevolezza di dover comunque avere a che fare con un presidente eletto ed anche amato dai cittadini americani. L'Europa non può permettersi di non avere un dialogo con Trump. Sono moderata e liberale e il suo stile non mi appartiene ma nell'ambito del mio ruolo di parlamentare europea credo sia dovere rispondergli con fermezza e immediatezza ma cercando sempre il dialogo che porta vantaggi reciproci, come ha detto oggi la presidente Metsola."
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Nel momento in cui Donald Trump "fa saltare l'ordine internazionale basato sul multilateralismo" e "mette a rischio l'unità europea", è importante non far mancare "il nostro sostegno all'Ucraina" parallelamente ai negoziati che "non potranno coinvolgere Europa e Ucraina". Così Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia Popolare, alla Direzione del Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Il giorno in cui Eni annuncia un utile di 14,3 miliardi di euro, la maggioranza presenta un decreto truffa che non affronta la vera questione di come ridurre il peso delle bollette. Il Governo Meloni per aiutare veramente le famiglie italiane avrebbe dovuto tassare gli extraprofitti, rivedere la decisione di trasferire 4,5 milioni di famiglie dal mercato tutelato a quello libero, e puntare sulle rinnovabili invece che sul gas". Così Angelo Bonelli, Co-Portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
"La realtà dei fatti resta una sola: il governo di Giorgia Meloni ha favorito i grandi colossi energetici, che hanno accumulato extraprofitti per oltre 60 miliardi di euro, mentre le famiglie italiane hanno visto raddoppiare le bollette e molte sono costrette a non riscaldarsi per paura di non poterle pagare".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Benissimo il governo sulle bollette: previsti tre miliardi che andranno a sostegno di imprese e almeno 8 milioni di famiglie. Dalle parole ai fatti”. Così Armando Siri, Consigliere per le politiche economiche del Vicepremier Matteo Salvini e coordinatore dipartimenti Lega.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Alcune veloci considerazioni a partire dalle cose che credo vadano meglio precisate. La prima: non siamo stati e non siamo di fronte a postura bellicista dell’Europa. Non è mai stata l’Ue a voler fare o a voler continuare la guerra e non è nemmeno vero che la mancanza di iniziative di pace siano dipese da una mancanza di volontà politica della ue. È stato Putin a rifiutare sempre ogni dialogo, quel dialogo che oggi riconosce a Trump perché lo legittima come suo alleato", Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.
"Occorre spingere con forza per un’autonomia strategica e politica dell’Europa, iniziando subito il percorso di cooperazione sulla difesa perché non saranno le buone intenzioni a rendere forte l’Unione Europea ma la capacità di imporsi e esercitare deterrenza, non escludendo nessuna opzione che sarà necessario adottare e che sarà stabilita in quadro di solidarietà europea".
"Per noi, democratici e europei, è il tempo di decidere - aggiunge Picierno- se essere solo un pezzetto di un Risiko in cui altri tirano i dadi o se essere un continente libero e forte. E va chiarito tanto ai nemici della democrazia quanto ai nostri alleati, senza perdere altro tempo e senza cincischiare noi: l’unica lotta che definisce il nostro tempo e il campo della politica, oggi, è quella dell’europeismo e in difesa delle democrazie liberali e delle libertà dei popoli".
"Siamo noi tutti in questo campo? Pensiamo ad un'alternativa alla destra che parta da questo campo? A me onestamente non è ancora chiaro. Sarei felice di essere smentita, ovviamente. Ma servono parole chiare che vanno pronunciate senza più giocare a nascondino. Crediamo tutti in un’Europa competitiva, con attori strategici del mercato più grandi e forti, un’Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali sul piano politico e militare? Perchè questa è l’Europa che serve al mondo e agli europei. Non domani, oggi".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni, "nell’incontro di Parigi c’era in ritardo e di malavoglia. Intanto partecipa con trasporto e passione agli incontri della destra mondiale che considera l’Europa un incidente della storia. A Kyiv alle celebrazioni per il terzo anno della resistenza, non c’era proprio. A dir il vero ero sola proprio come italiana, ma con tanti colleghi progressisti e socialisti, c’era il mondo libero, i leader e parlamentari progressisti consapevoli della sfida che abbiamo di fronte e che il tempo di agire è ora". Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.