Sarà un ottimo allenatore (ne abbiamo parlato in settimana), caratterizzato forse da un eccessivo (quanto necessario in certe organizzazioni) orientamento all’obiettivo, ma la vicenda della truffa ad Antonio Conte sottolinea che, come gestore delle proprie finanze, l’allenatore dell’Inter è l’ennesima vittima dell’effetto Dunning-Kruger.
“E se chi è stupido fosse troppo stupido per accorgersi di essere stupido?” Questa è la domanda da cui sono partiti due ricercatori della Cornell University, che nel 1999 hanno studiato e definito l’omonimo effetto quantificando la confidenza delle persone in quello che credono di sapere su un argomento e confrontandolo con quello che realmente sanno. Risultato? Gli esseri umani producono l’insidioso cortocircuito mentale che condanna chi è incompetente a non accorgersi della propria incompetenza.
Alla luce di come sono andate le cose, però, se consideriamo tutti i protagonisti di questa vicenda, al di là della notorietà del truffato, ci accorgiamo che Antonio Conte non è affatto solo. Ci sono almeno altri otto investitori più il presunto truffatore. Si perché anche il presunto truffatore, tale Massimo Bochicchio, è vittima dell’effetto Dunning-Kruger dal momento che si è visto congelare un patrimonio da 61,4 milioni di dollari, tra proprietà di lusso a Miami, in Italia e Londra. Non il massimo per un truffatore.
Tutti truffati da loro stessi, dalla propria stupidità intesa come condizione duratura di “carenza” e “lentezza” nel comprendere, determinata essenzialmente da quella “fiduciosa ignoranza” con cui i ricercatori individuano la tendenza di ciascuno di noi a sopravvalutarci.
Molte riflessioni pubblicate sul caso si sono a giusta ragione soffermate sulla figura di Conte, che indubbiamente presta la lettura a una certa incredulità. Come sia stato possibile che un uomo apparentemente così intelligente (che non è il contrario di stupido: ci sono infatti persone intelligenti che, a volte, si comportano da stupide) sia stato preso nella morsa dell’effetto Dunning-Kruger?
È anche quello di cui si sono interrogati molti media che frettolosamente ne hanno sottolineato l’assoluta mancanza di logica e di dubbio come solo la presunzione di sapere e di potere comporta. Come se ciascuno di noi ne fosse immune. Sembrerebbe incongruente che un uomo con alle spalle una vita di successi, un leader conclamato del suo calibro possa essere caduto vittima di se stesso, della propria cupidigia e avidità.
Conte, gli altri otto truffati e il truffatore sono il segno dei nostri tempi. Non che la sopravvalutazione di se stessi sia di questo tempo. È il suo dilagare ad esserlo. Cosa fa di questo tempo, un tempo di proliferazione della propensione a una sopravvalutazione di sé? Lascio aperta questa domanda insidiosa non lasciandomi tentare dalla presunzione di sapere: voglio rimanere nel campo della domanda piuttosto che della risposta quasi a voler sottolineare la necessità che oggi ci si pone di essere dal lato del non sapere.
Correrei anche io il rischio altrimenti di essere vittima di questo fenomeno che facciamo fatica, come l’evento Conte mostra, a tenere a bada. Molti i moniti nella storia del pensiero in questo senso (da Socrate a Eco) e riprendere quella storia ci porterebbe sicuramente nella direzione opposta alla deriva verso cui siamo trascinati.
Occorre una sorta di vigilanza su se stessi, un lavoro come lo ha indicato Socrate in quel suo “conosci te stesso” che è la bussola a cui tendere per incontrare la propria spinta al “rifiuto della castrazione”, come dicono gli psicanalisti. Quella spinta a volere tutto, sapere tutto che spinge verso il rifiuto dell’esperienza e della mancanza, verso la presunzione di sapere tutto, di essere tutto, di potere tutto.
Lascio aperta la domanda su come sia possibile che un uomo come Conte sia stato così incapace di prendere in considerazione il suo non sapere, di non mettere in dubbio la sua competenza (anche nello scegliere il consulente), anzi di essere certo di esserlo. Da dove viene tanta supponenza? Un’arroganza che sembrerebbe contrastare con le sue doti di leader.
Mi permetto di ipotizzare, in base ad esperimenti sulla distorsione cognitiva effettuati da molti psicologi, che, (se meno si sa e più si pensa di sapere, se meno si studia e più si pretende, se meno si legge e più si perde la conoscenza), nel tempo del tutto e subito non c’è tempo per studiare, per riflettere, né per dubitare e o per accogliere in sé la dimensione della mancanza e del dubbio.
E si finisce, come ha ben detto Pietro Salvatori su Huffington Post, a proposito di quanto accaduto a Conte, nel campo dei miracoli come Pinocchio. Forse a questo si riferiva Conte quando, dopo la finale di Europa League, parlava di “tempo da dedicare alla famiglia”? In quel “conosci te stesso” mi sembra sia la strada per tenere a bada la bulimia contemporanea, che evidentemente non riguarda solo Conte.
In questo, truffato e truffatore sono la stessa cosa, espressione della stessa tendenza umana e della tendenza del nostro tempo. Bastava fermarsi un attimo a riflettere e fare un calcolo con una capacità di previsione che è mancata ad entrambi. Ed è questo il punto: nel nostro tempo non c’è tempo.
Né per osservare se stessi, né per osservare chi abbiamo di fronte. La dimensione dell’umano sembra essere evaporata, lasciando spazio sempre più all’avere piuttosto che all’essere. Come questa scabrosità si concili con l’essere leader di una squadra (o di una qualsiasi organizzazione) rimane enigmatico o quanto meno lascia spazio ad ulteriori dubbi su come si possano conciliare, in generale, stupidità e potere. Fino a che la verità non venga a galla.
E come reggerà adesso il potere dei “Conte”?