La costituzionalista: "Il Sì al taglio degli eletti è la strada per arrivare alla riforma elettorale. Ora la rappresentanza è distorta: la scelta è delle direzioni dei partiti ed è verso questi che gli eletti si sentono responsabili. Se verso di noi non sentono alcuna responsabilità, di che democrazia stiamo parlando?"
“Se passasse il No, nulla verrebbe più cambiato. In particolare non verrebbe più cambiata neppure la legge elettorale“. E con quella attuale “la scelta di chi sarà eletto è unicamente operata dalle direzioni dei partiti ed è verso questi che gli eletti si sentono responsabili, prescindendo completamente dal rapporto con gli elettori“. Per questo sono infondati i timori di chi paventa che un Parlamento ridotto a 600 membri sia meno rappresentativo: “In questa situazione non conta tanto il numero dei parlamentari quanto il loro rapporto con gli elettori. Se verso di noi non sentono alcuna responsabilità, di che democrazia stiamo parlando?”. E’ con queste motivazioni la costituzionalista Lorenza Carlassare spiega, in un’intervista a La Repubblica, perché voterà Sì al referendum sul taglio dei parlamentari.
Carlassare, che nel 2015 fu tra i primi firmatari dell’appello per il No al referendum costituzionale promosso da Matteo Renzi, premette di avere “molti dubbi” perché, appunto, resta irrisolto il nodo della legge elettorale. L’avvio della riforma in aula prima del voto del 20 e 21 settembre è la condizione posta dal segretario Pd Nicola Zingaretti per sostenere il Sì, visto che si tratta di uno dei correttivi previsti dall’accordo di maggioranza che portò i dem, lo scorso ottobre, a dare il via libera finale alla riforma in Parlamento. E’ evidente, avverte la costituzionalista, che approvare anche solo in una commissione una nuova legge elettorale nei prossimi 20 giorni non è realistico, “e proprio da ciò vengono le incertezze”. Tuttavia “ritengo che se passasse il No, nulla verrebbe più cambiato. In particolare non verrebbe più cambiata neppure la legge elettorale. Con il Sì ci resta almeno la speranza“.
La legge elettorale “non è indifferente, è il fondamento di tutto il sistema politico costituzionale” visto che “la rappresentanza gioca un ruolo fondamentale”. E “una rappresentanza distorta, come quella che ci veniva fornita da leggi elettorali che la Corte costituzionale ha bocciato, altera l’esito della consultazione popolare, e altera di conseguenza la democrazia. La volontà degli elettori non risulta in nessun modo rispettata e soprattutto risulta irrilevante. Inoltre essenziale è il problema della responsabilità politica” verso gli elettori. “L’eletto”, è il ragionamento, “è legittimato ad esercitare un potere che gli viene conferito dal popolo solo se poi risponde a chi lo ha votato. Oggi questo pare del tutto dimenticato“. Perché “se guardiamo alle leggi elettorali degli ultimi decenni vediamo che in realtà con le liste bloccate la scelta di chi sarà eletto è unicamente operata dalle direzioni dei partiti. Ed è verso questi, dai quali dipende la loro carriera politica futura, che gli eletti si sentono responsabili. E sono quindi pronti ad assecondare ogni indicazione che venga loro fornita”.
Il problema, insomma, non è certo il taglio del numero degli eletti. A parte il fatto che in caso di vittoria del Sì il rapporto tra parlamentari e popolazione sarà di circa 1 ogni 100mila abitanti, più alto di quello di Germania, Francia e Regno Unito, “in questa situazione non conta tanto il numero dei parlamentari quanto il loro rapporto con gli elettori. Se non siamo rappresentati, se verso di noi non sentono alcuna responsabilità, di che democrazia stiamo parlando?”