In un'intervista a La Stampa, l'ex tennista parla anche del suo amico Flavio Briatore: "Forse, diciamolo, l'orda andava proprio evitata". Anche se, aggiunge, non vuol dire che "dobbiamo diventare uno stato di polizia"
“Possono pure insultarmi, ma i negazionisti sono scemi. Mettono a rischio tutti noi, se prendessero piede non ne usciremmo più”. Non usa mezzi termini l’ex tennista Adriano Panatta, intervistato a La Stampa, nel commentare le manifestazioni di chi sminuisce la pericolosità del Covid che si sono svolte a Berlino nelle ultime settimane. “Ho visto le immagini, tante teste rasate e magliette discutibili – racconta Panatta – e ho pensato: ma questi sono scemi. Come si fa a negare l’evidenza? Ci siamo già dimenticati i camion che portavano via le bare dalle zone rosse?”. Il 70enne aveva già detto come la pensa in un post su Twitter, attirandosi gli attacchi di decine di utenti. “Mi hanno insultato dandomi sia del comunista sia del fascista, sostenendo che sono un ‘rimasuglio dittatoriale’. ‘Tornatene in Cile!’ mi hanno scritto sui social, proprio a me, ma stiamo scherzando”.
Nel corso dell’intervista Panatta se la prende anche con la gente “che si ammassava in discoteca: una totale mancanza di rispetto per il prossimo”. L’ex tennista è amico storico di Flavio Briatore, anche lui risultato positivo al Covid dopo settimane di attacchi al governo per le misure restrittive sui locali notturni. “Se aprono le discoteche e la maggior parte delle persone si comporta da idiota, diventa difficile. Anche Flavio non poteva fermare l’orda. Forse, diciamolo, l’orda andava proprio evitata”, spiega al quotidiano torinese. A suo parere, però, “non dobbiamo diventare uno stato di polizia. Ci sono provvedimenti, come l’uso delle mascherine e il distanziamento, basterebbe rispettarli. Anche perché non mi sembra un grande sacrificio, specie rispetto a quello che abbiamo passato durante il lockdown“.