Scuola

Crisanti: “La temperatura va presa a scuola, abbassare a 37,1 la soglia per entrare in aula”

Il microbiologo dell’Università di Padova, 'padre' della strategia dei tamponi di massa, spiega quali sono i suoi "distinguo" sulla misurazione della febbre e aggiunge che a suo avviso "le mascherine sono sicuramente necessarie per i più grandi. Per i piccoli si sa che non è possibile..."

La temperatura “sui ragazzi va presa a scuola, non a casa” e la soglia “andrebbe abbassata, direi a 37,1, per entrare in aula”. Sono i due “distinguo” del professor Andrea Crisanti in vista del ritorno in classe degli alunni per l’inizio del nuovo anno scolatistico. Il microbiologo dell’Università di Padova, ‘padre’ della strategia dei tamponi di massa, spiega anche che a suo avviso “le mascherine sono sicuramente necessarie per i più grandi. Per i piccoli si sa che non è possibile…”. “Nelle misure per il ritorno a scuola bisogna evitare di sbagliare due volte. Le misure sono state scelte, ora vanno applicate in maniera rigorosa“, aggiunge ancora Crisanti.

La linea del professore è dall’inizio quella di moltiplicare i tamponi. A maggior ragione, secondo Crisanti, bisogna farlo adesso, per limitare il rischio di chiusure per gli istituti e di quarantena per intere classi: uno studente con la febbre, magari anche non Covid, provoca a catena una richiesta di decine e decine di tamponi. “Abbiamo 30 giorni per far sì che le lezioni riprendano in sicurezza e 60 per evitare che questo inizio di scuola si risolva in un drammatico fallimento“, diceva dieci giorni fa lo stesso Crisanti intervistato da Il Fatto Quotidiano, chiedendo di arrivare a fare tra i 2oo e i 300mila tamponi al giorno. Come fece per la popolazione di Vo’ Euganeo a inizio pandemia, il microbiologo ha proposto al governo un piano nazionale per aumentare la capacità di effettuare tamponi: come anticipato dal Fatto Quotidiano, l’idea nasce dall’interlocuzione con il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà e prevede l’utilizzo di superlaboratori fissi e mobili e una “centrale comune di analisi dei dati”.

Il piano per una vasta campagna di tamponi “mi è arrivato alla fine della scorsa settimana, l’ho letto sabato e oggi l’ho girato al Comitato tecnico scientifico“, ha confermato il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, nel corso della trasmissione ‘Agorà Estate’ su Rai3. Crisanti aveva inviato il piano, ha aggiunto Sileri, “a Federico D’Incà. Avevo sentito in seguito D’Incà e, successivamente, mi ha chiamato Crisanti. Gli ho chiesto di inviarmi il documento che è arrivato alla fine della settimana scorsa”.

“La proposta che ho inviato al governo per un piano nazionale sui tamponi è una bozza, ancora informale, e avrei preferito fosse rimasta tale. Confermo che l’obiettivo è aumentare in modo esponenziale i test, quadruplicando il numero attuale di tamponi per affrontare con più sicurezza la riapertura delle scuole e la ripresa di tutte le attività lavorative”, ha detto all’Ansa Crisanti. “E’ nata da una discussione informale con alcuni esponenti del governo – ha aggiunto – Mi hanno chiesto cosa si poteva fare per contrastare maggiormente la diffusione del virus. Ho risposto che, se questo era il problema, potevo dare il mio contributo. Ma ripeto, con un piano informale, che ho dato al ministero perché venga discusso, approfondito. Non è detto non sia perfettibile“, ha concluso Crisanti.

Per arrivare a quadruplicare i tamponi, il primo obiettivo individuato dal professore dell’università di Padova è il superamento delle divisioni regionali che hanno portato a una “insensata panoplia di iniziative e adozioni tecnologiche che generano confusione“. Sull’aumento dei casi di Covid-19 registrato in Italia negli ultimi giorni, Crisanti ha sottolineato oggi in un intervento sul Corriere della Sera che “questa ripresa della trasmissione presenta delle differenze rispetto a quanto abbiamo osservato durante i terribili mesi di febbraio, marzo e aprile: la maggior parte delle persone infette sono giovani in grande maggioranza asintomatici o con sintomatologia molto lieve”. Crisanti ha ricordato che, “nel giorno in cui l’Italia è entrata in lockdown, i reagenti per i tamponi scarseggiavano, i test venivano eseguiti solo su persone ricoverate in ospedale che versavano in gravi condizioni e molti malati rimanevano a casa senza cure e diagnosi. Nessuna traccia allora degli asintomatici la cui presenza e contributo alla trasmissione era negata con vigore da tutte le autorità sanitarie. Tutti ora concordano – osserva – che quei numeri erano una drammatica sottostima della realtà”. Secondo Crisanti, quindi, “è fondamentale tenere l’attuale equilibrio dei numeri il più basso possibile, perché se si raggiunge la soglia di rottura, con il numero dei casi che eccede la capacità di risposta del sistema sanitario, l’unica opzione disponibile rimane il lockdown che, vista la situazione economica, rimane una scelta estrema. L’identificazione degli asintomatici è la sfida che abbiamo davanti per evitare che i casi aumentino vertiginosamente fino al punto di rottura”.