La promessa è di quelle che, se realizzata, potrebbe dare il colpo di reni per altri quattro anni alla Casa Bianca. Donald Trump ha infatti dichiarato a più riprese, e con particolare enfasi davanti ad una folla osannante senza mascherine né distanziamento sociale alla Convention repubblicana, che “entro fine anno se non prima” arriverà il vaccino anti-Covid. Una promessa, in un momento dove la gestione della pandemia domina le agende dei leader di tutto il mondo, che la Food and Drug Administration (Fda) – l’ente regolatore americano dei prodotti alimentari e farmaceutici – sarebbe intenzionata ad accompagnare con un via libera al trattamento anche prima della conclusione della fase III, l’ultimo step della sperimentazione clinica rigorosa alla quale devono essere sottoposti i nuovi prodotti farmaceutici. A dichiararlo è stato il commissario dell’ente regolatorio, Stephen Hahn, in un’intervista al quotidiano inglese Financial Times che ha suscitato polemiche nella comunità medico-scientifica. Nonostante Hahn abbia assicurato che “questa non sarà una decisione politica” bensì “una decisione scientifica, medica, basata sui dati”, sono note le pressioni di questi mesi sull’agenzia da parte del presidente, impegnato in una campagna elettorale in cui promette dieci milioni di posti di lavoro in dieci mesi, un altro taglio delle tasse, il ripristino dell’ordine e della legalità nelle città travolte dalle proteste ma, soprattutto, la cura per il Covid.
Intanto la Russia, primo paese al mondo ad avere annunciato il vaccino tra le critiche della comunità scientifica, ha dichiarato che la vaccinazione sarà possibile da novembre mentre da settembre lancerà un ulteriore trattamento analogo. I due vaccini “competeranno l’uno con l’altro” e avranno “la stessa efficacia”, ha detto Putin. Ma gli scienziati sono ancora perplessi dalla volontà di Mosca di volere registrare Sputnik prima della fine della sperimentazione.
Le pressioni di Trump – La Fda era peraltro già finita nel mirino nei giorni scorsi per avere fatto marcia indietro sui benefici della terapia al plasma in chiave anti-Covid, annunciata da Trump stesso come “una terapia potente che trasmette i forti anticorpi delle persone guarite a quelle malate e ha un incredibile tasso di successo“. Dichiarazioni legate dalla presentazione di Hahn, che poco dopo ha fatto dietrofront: “Sono stato criticato per le osservazioni che ho fatto sui benefici del plasma convalescente. La critica è del tutto giustificata. Quello che avrei dovuto dire meglio è che i dati mostrano una riduzione del rischio relativo non una riduzione del rischio assoluto”, aveva twittato.
Ma il New York Times nei giorni scorsi ha sottolineato quanto la Fda sia sensibile alle critiche della Casa Bianca. La cronologia aiuta a ricostruire la dinamica: il 22 agosto Trump aveva accusato l’agenzia di ‘boicottare’ il processo per il via libera al vaccino prima del 3 novembre (giorno delle presidenziali). Due giorni dopo c’è stato l’ok al trattamento col plasma, con Hahn che dichiarava fosse una terapia salvavita nel 35% dei casi. Dati smentiti, scrive il quotidiano americano, da Stat News – sito legato al Boston Globe e dedicato alle notizie su medicina e salute. Il sito spiega infatti che la percentuale reale va dal 3 al 5, senza contare che si tratta di informazioni relative a uno studio osservazionale e non da uno studio clinico rigoroso. E oltre al plasma Trump aveva fatto pressione sulla Fda anche per il via libera d’emergenza a clorochina e idrossiclorochina, sponsorizzati specialmente da lui e da Bolsonaro, a cui si è opposto anche il virologo a capo della task force americana, Anthony Fauci. Farmaci che la Fda ha dovuto ritirare a giugno per i timori sulla loro sicurezza ed efficacia.
Le pressioni del tycoon sono però andate oltre Fda: a luglio Trump ha dato infatti ordine agli ospedali di aggirare i Centers for Disease Control and Prevention – che hanno sempre raccolto i dati sulla salute pubblica – e di riferire le informazioni relative ai pazienti Covid direttamente a Washington. Una decisione che ha scioccato i Cdc e ha sollevato dubbi sulla trasparenza e l’efficienza del controllo della pandemia. E se per i sostenitori di Trump può sembrare “una vittoria” semplificare l’iter e ridurre i passaggi con altre agenzie federali in tempi di emergenza come questi, a lungo andare, scrive il New York Times, bypassare la scienza “costerà più vite a lungo termine”.