La Corte dei Conti, che ha esaminato il Rendiconto annuale dello Stato, conferma con i suoi dati il fatto che la “lotta all’evasione fiscale” – anche quest’anno – ha dato risultati a dir poco modesti. Su più di mille miliardi (per l’esattezza, 1.002,8) di tasse, imposte e contributi evasi e affidato agli agenti della riscossione tra i 2000 e il 2019 ne sono stati incassati appena 133,4, cioè il 13,3%. Non ha funzionato nemmeno la strada delle sanatorie: malgrado la facoltà concessa agli evasori di pagare il dovuto a rate e senza sanzioni e interessi – afferma la Corte dei Conti – non si è riusciti ad incrementare il tasso di riscossione. E la Corte fornisce dati davvero scoraggianti su quanto riscosso con le due “rottamazioni” del 2016 e 2017.
Nonostante tutte le sanatorie degli anni passati – conclude la Corte – c’è ancora un magazzino teorico di entrate iscritte a ruolo da riscuotere per un importo di 954,7 miliardi, ma solo 79,6 hanno concreta possibilità di essere incassati. Per il resto, si tratta di evasioni a carico di soggetti falliti, ditte cessate e nullatenenti.
Come noto, l’Italia è il primo evasore fiscale in Europa ed è il paese in cui l’evasione non è sostanzialmente punita dal punto di vista penale: in Italia sono in carcere per reati fiscali solo 156 persone, contro le 8.600 della Germania e le oltre 12mila degli Usa. E in diversi Paesi europei per i grandi evasori c’è la “gogna mediatica”: ogni tot mesi, sui giornali vengono resi noti i loro nomi, le professioni, l’ammontare della evasione e la relativa pena carceraria. Personalmente non la auspico, ma la cito per dare un’idea di come se la passano gli evasori in Paesi vicini al nostro.
Eppure, l’evasione – stimata dal governo in 110 miliardi annui, come l’intera spesa per la Sanità – secondo altre fonti attendibili raggiunge un totale di 18o miliardi. Si tratta di uno dei reati più gravi sia dal punto di vista morale (Robin Hood alla rovescia, che rubano ai poveri per dare ai ricchi) sia da quello economico: recuperando anche solo un terzo della evasione si potrebbero risolvere gran parte dei problemi dei milioni di “diseredati” italiani: disoccupati, disabili, malati di Alzheimer, immigrati da mettere in regola.
Con la Lega e Forza Italia a mio avviso sempre molto indulgenti con gli evasori, si sperava che Di Maio tenesse fede alle sue promesse di lotta dura alla evasione, con carcere per i casi più gravi. Ma di fatto siamo rimasti ai buoni propositi, forse anche perché qualcuno avrà ricordato a Di Maio che queste misure drastiche avrebbero potuto irritare il fondatore del M5s Beppe Grillo (i giudici di Genova hanno detto che non è reato definirlo “evasore”, perché l’accusa rivoltagli da un giornalista risponde al vero).
Invece la montagna ha partorito il topolino, con le solite, inefficaci misure antievasione (del tipo “studi di settore” o “redditometro”) adottate ripetutamente negli ultimi venti anni. D’altra parte anche il Pd, sul tema evasione, è sempre molto cauto. Anni fa, avendo un direttore de L’Unità amico, provocai l’allora responsabile economico del Pd Stefano Fassina sull’inerzia del suo partito. Dato che non mi rispondeva pubblicamente, tornai alla carica sullo stesso quotidiano. E Fassina mi rispose con una mail in cui mi diceva, in sintesi: “Caro Troilo, andiamoci piano con l’evasione perché anche nel nostro partito ci sono tante partite Iva”.
Questa inerzia delle forze politiche è tanto più criticabile se si pensa che vi sono molti milioni di italiani che sono “costretti” a pagare le tasse perché soggetti alla “ritenuta alla fonte”: 18 milioni di lavoratori dipendenti, 16 di pensionati. Dovrebbero essere i sindacati e le associazioni che li rappresentano a protestare contro l’evasione, che ovviamente aumenta il carico fiscale su queste categorie di italiani.
L’esigenza di recuperare almeno parte della evasione appare ancora più stringente se si pensa alle drammatiche conseguenze dell’epidemia di Covid sulla occupazione e sul reddito di tante categorie di italiani, e alla conseguente necessità di una maggiore capacità di spesa pubblica da parte dello Stato. E forse varrebbe la pena di verificare a fondo anche l’operato della Guardia di Finanza, per individuare eventuali casi di eccessiva indulgenza verso gli esercizi commerciali.
Un ricordo personale. Alcuni anni addietro frequentavo abitualmente una nota pizzeria romana, dove non veniva mai rilasciata una ricevuta. Una sera venne da me il gestore e mi disse: “Dottò, stasera ti devo dare la ricevuta”. E dinanzi alla mia domanda sul perché di questa novità mi rispose: “Perché mio fratello ha un amico alla Guardia di Finanza e lo ha avvertito che stasera ci sarà una ispezione”. Naturalmente, su questo piccolo episodio possono testimoniare le persone che erano a cena con me.
Perché tacciono i partiti “progressisti e riformisti” che sostengono il governo? Vale sempre il detto latino “Quieta non movere?”.