A luglio il mercato del lavoro ha dato un primo segnale di ripresa. In base ai dati Istat appena pubblicati, infatti, gli occupati sono aumentati di 85mila unità e 80mila di quei nuovi posti sono andati a lavoratrici donne, più colpite dagli effetti del lockdown. Nel complesso, il tasso di occupazione sale di 0,2 punti, al 57,8%. Inevitabilmente, però, rispetto alla situazione pre pandemia il quadro è drammatico ed è probabile che peggiorerà ancora con la fine del blocco dei licenziamenti. Da febbraio il livello dell’occupazione è sceso di quasi 500mila unità, che salgono a 556mila se il confronto è con luglio 2019: a luglio avevano un lavoro 22,8 milioni di persone contro i 23,2 milioni di febbraio. Ma il Covid non ha danneggiato tutti allo stesso modo: mentre i lavoratori con contratto stabile sono stati “protetti” dalla cassa integrazione, il crollo ha colpito quelli a termine: sono 440mila in meno rispetto a febbraio. I permanenti, al contrario, sono aumentati di 38mila unità. Anche a luglio l’incremento degli occupati dipende interamente dai lavoratori dipendenti: gli autonomi sono diminuiti di 60mila unità.
I più penalizzati dal Covid restano i giovani: tra febbraio e luglio si sono persi 375mila posti nella fascia tra i 15 e i 34 anni di età. A luglio il tasso di disoccupazione per i 15-24enni ha toccato il 31,1% tornando sopra il 30% per la prima volta da aprile 2019 – un aumento di 1,5 punti da giugno e di 3,2 punti da luglio 2019 – ed è salito al 15,9% per i 25-34enni. Solo 6mila tra gli 85mila nuovi occupati di luglio sono under 24, mentre nella fascia 25-34 anni gli occupati sono scesi di 3mila unità. I nuovi posti si concentrano tra i 35-49enni e, in misura minore, nella fascia successiva, quella degli over 50.
Il tasso di disoccupazione generale è risalito al 9,7% (+0,5 punti) perché sono aumentate in modo “consistente”, spiega Istat, le persone in cerca di lavoro: 134mila unità in più rispetto al mese prima. Durante il lockdown e subito dopo, infatti, anche le attività di ricerca di un posto si erano ovviamente fermate. Con l’avvio della ripresa sono ripartite, facendo crollare il numero degli inattivi: -224mila unità. Il tasso di inattività è sceso al 35,8%, -0,6 punti.
Le “ripetute flessioni congiunturali” registrate a partire da marzo 2020, commenta Istat, hanno contribuito a una “rilevante contrazione dell’occupazione rispetto al mese di luglio 2019” (-2,4% pari a -556mila unità), che ha coinvolto uomini e donne di qualsiasi età, così come “dipendenti (-317mila) e autonomi (-239mila)”. Unica eccezione sono gli over 50, con un incremento di occupati (+153mila) che però è dovuto esclusivamente alla componente demografica.
A luglio 2020 il numero di ore pro capite effettivamente lavorate nella settimana, calcolato sul complesso degli occupati, prosegue nella tendenza all’aumento. Il livello di luglio, pari a 33,1 ore, è solo di 1,2 ore inferiore a quello registrato a luglio 2019. Per i dipendenti il gap rispetto a luglio 2019 è ancora più ridotto: hanno lavorato in media 31,4 ore, 0,8 in meno rispetto un anno prima.