Diceva Charles Darwin: “Le specie che sopravvivono non sono quelle più forti o più intelligenti, ma quelle che si adattano al cambiamento”. Questa massima si adatta bene al Covid-19: chi, come il Brasile o gli Stati Uniti, non vuole cambiare le proprie abitudini paga un prezzo altissimo.

In Italia, la sottovalutazione iniziale ha causato almeno 13.000 vittime in più del necessario. Il lockdown di marzo-aprile – a quel punto inevitabile – ha pesato non solo sull’economia, ma anche sulla nostra salute mentale, lasciando dietro di sé una profonda insofferenza verso distanziamenti, chiusure, divieti, e altre misure di contenimento del Covid-19. “Non è pensabile il protrarsi di una situazione emergenziale che rischia di erodere i rapporti interpersonali, la vita sociale ed economica e finanche le istituzioni democratiche” (M.D., ordinario di Economia). “Sono alquanto preoccupata per quanto si va prefigurando per la scuola: mascherine sempre dai sei anni in poi, chiusura istituto al primo infetto rilevato, quarantena per l’intero nucleo familiare, eccetera” (L.B., ordinario di Sociologa). La stanchezza alimenta il ribellismo di destra (faccio quel che mi pare, non pago tasse, inquino, faccio abusi edilizi, non accetto divieti), di sinistra (“allarmismo strumentale del governo per controllare l’opinione pubblica”), e grillino (“non si limitino i diritti e la vita dei giovani per le paure della gerontocrazia”).

C’è anche chi minimizza la pericolosità del Covid-19, muovendo da dati inoppugnabili: a parità di “nuovi casi” rilevati, decessi e terapie intensive sono oggi molto meno frequenti che a marzo. Per alcuni, questa è la prova che “il virus è cambiato” e ora “ci sta colonizzando pacificamente”. Altri rilevano che la progressione dei nuovi contagi è più lenta e “non più esponenziale”, o addirittura contestano i dati ufficiali sui nuovi casi (a torto: Belgio, Spagna). Insomma, il Covid sarebbe ora meno contagioso e letale. Ma è davvero così?

Per quanto riguarda i contagi, in Italia la percentuale di positivi al test è cresciuta in Agosto da 0,6% a 2,5%, seguendo ancora un andamento esponenziale, anche se più lento (v. grafico su Repubblica: “Rapporto tra nuovi positivi e tamponi effettuati su persone mai testate prima”). Il famoso e (da Zangrillo) mal pubblicizzato studio del San Raffaele non ha individuato mutazioni che riducono la contagiosità del virus: ha solo mostrato che la carica virale media è scesa dopo il lockdown, non si sa perché. Uno studio internazionale, anzi, ha individuato un nuovo ceppo (G614) più contagioso di prima. È vero che comincia ad esserci una parziale immunità di gregge. Ma sono soprattutto i comportamenti ad essere più prudenti (si pensi all’uso diffuso delle mascherine), più organizzati (si pensi alle protezioni negli ospedali), più consapevoli (si pensi alle RSA); le scuole sono chiuse; d’estate si vive più all’aperto; il basso numero di focolai consente alle Asl di isolare rapidamente gli infetti. Queste situazioni purtroppo reversibili, rallentano per ora i contagi.

Nel calo della letalità giocano un ruolo i fattori strutturali: una migliore capacità diagnostica-terapeutica; un piccolo calo dell’età media in alcune province. Inoltre, un più preciso rilevamento dei contagiati individua più asintomatici, che fanno sembrare il virus più buono. Ma sono soprattutto fattori temporanei o reversibili a limitare la letalità. Il primo è il basso numero di casi: che consente di curare i malati in tempo, prima che si aggravino. La minore carica virale media degli infetti dipende dalle condizioni climatiche e dalla minore circolazione del virus. Inoltre, in estate l’età mediana dei contagi scende (da 61 a 32 negli ultimi 45 giorni): ma se i giovani sopravvivono meglio, il Covid lascia spesso danni permanenti.

In conclusione: la diffusione di varianti meno letali del Covid è per ora assai dubbia e limitata. La minore letalità e contagiosità del Covid in Italia si spiega in gran parte con il prevalere di situazioni ambientali temporanee. La riapertura delle scuole e l’autunno porteranno verosimilmente a un tendenziale peggioramento della situazione sanitaria. È peraltro illusorio pensare di “riaprire le scuole” se non si è in grado di farlo in sicurezza: al primo caso di Covid i professori resteranno a casa e i genitori ritireranno i figli. Quanto all’economia, finché permarrà l’incertezza le famiglie limiteranno i consumi.

Ma ecco il punto. Fra il partito del lock-down, e il partito del “riaprire tutto”, c’è una terza via meno rozza e più efficace. Per comprenderla, consideriamo le mascherine, il distanziamento sociale, la chiusura dei teatri, il divieto di svariate attività, i posti limitati sui mezzi pubblici, il lockdown generale…: sono provvedimenti che limitano tutti. C’è un motivo: il virus viene diffuso da pre-sintomatici che non riusciamo a individuare! Da qui i distanziamenti generalizzati. Ma se le persone infette si colorassero di blu, noi potremmo isolarle in modo mirato, lasciando agli altri piena libertà. In realtà – attenzione – non è necessario individuare/isolare tutti gli infetti, basta una quota, sufficiente per portare i nuovi casi su un trend discendente. Come? Aumentando il numero di test (tamponi, anche imperfetti) agli asintomatici, fornendo l’esito in tempi brevi, isolando immediatamente i positivi, cercando i loro contatti recenti.

La strategia “test, trace, isolate, support” è stata già proposta in aprile in Italia. Allora, l’alta circolazione virale suggeriva un obiettivo di 2 milioni di test al giorno. Ora questa stessa strategia viene proposta da Crisanti (obiettivo: 300.000 test/g) e Galli (400.000 test/g), quando il costo dei test è sceso (a non più di 5$). In previsione dell’autunno credo bisogna puntare a almeno 500.000 test al giorno (400.000 più di adesso).

Il costo annuale sarebbe non più di: 400.000*4,7eu*365, + 350 milioni per mantenere una rete adeguata di contact tracing, a cui si aggiungano 250 milioni una tantum per organizzare i nuovi laboratori e formare gli analisti: totale 1.286.200.000, circa 1,3 miliardi. Se pensiamo che l’economia ha perso finora oltre 120 miliardi, sembra decisamente un buon investimento: la sicurezza sanitaria rilancerebbe i consumi. E nelle scuole lo screening di massa pare più efficace che imporre mascherine e distanze ai bambini.

Il governo non ha ascoltato questa proposta in aprile. Ora finalmente Crisanti ha trovato udienza presso il viceministro Sileri. È importante che l’opinione pubblica smetta di dividersi fra “rigoristi” e “liberisti”, ma invece si faccia sentire affinché il Piano Crisanti venga adottato il più celermente possibile. L’Italia non può permettersi nuove crisi sanitaria, nuovi lockdown, e lo stillicidio che si profila.

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