“Sceso dal barchino e buttato dentro? È bravo. Ma praticamente non c’entra niente con la taranta e la Puglia” ha scritto un utente. Ma sono polemiche senza senso, quelle intorno a Mahmood. Il tutto è nato a seguito della sua performance al festival della Taranta, in cui il cantante, italo-egiziano, ha interpretato una canzone in arabo, Sabri qalil. E allora apriti cielo.
C’è chi ha parlato di storpiature, di aver snaturato una “tradizione pura”. Ma di ‘puro’, in natura, non è mai sopravvissuto nulla. Solo i cambiamenti e le contaminazioni ci hanno aiutato a evolvere.
Ho visto questo video bellissimo, Mahmood che canta una canzone araba alla La Notte della Taranta – pagina ufficiale . È…
Gepostet von Shady Hamadi am Mittwoch, 2. September 2020
Ci sono poi due cose da dire. La prima è che per sua stessa vocazione il festival è nato per dare lustro a una tradizione che è mediterranea. Basta ascoltare le melodie della tarantella pugliese, chiudere gli occhi, per credere di essere ad Alessandria d’Egitto o a Tunisi. La Puglia, poi, è, insieme alla Sicilia, la regione d’Italia dove sono più evidenti le contaminazioni, il miscuglio con la sponda sud del Mediterraneo.
In questo senso vale la seconda nota, quella che Mahmood ha portato una canzone araba che, in verità, ha eseguito non nella versione originale ma mischiandola ai ritmi della musica tradizionale pugliese: ha quindi italianizzato una melodia araba. Perfino l’esecuzione vocale del brano ha ricordato una sorta di Lucio Dalla in versione araba.
Quindi, quelli che si dovrebbero sentire offesi, se di offesa si trattasse, dovrebbero essere gli arabi. Ma siamo certi che Mahmood, grazie al dono della sua voce, al suo talento, è capace in cinque minuti di dirci che è possibile contaminare il presente non negando le proprie origini, ma esaltandole. Come un fiore che sboccia in un nuovo colore.