di Aurora Notarianni *
Il rientro dei lavoratori dalle ferie estive sarà davvero un “rientro in sicurezza”? Il protocollo quadro, sottoscritto dal Ministro per la pubblica amministrazione e le organizzazioni sindacali a Roma il 24 luglio, è un importante documento che segna il percorso di trasformazione digitale della burocrazia, supporto vitale per l’organizzazione del paese e per il rilancio economico.
Dal 15 settembre 2020, secondo le previsioni del decreto Rilancio (dl 34/2020 art. 263) i pubblici dipendenti ritorneranno a essere presenti nei luoghi di lavoro non solo nei limiti delle attività indifferibili: il lavoro agile diventa un elemento strutturale nell’organizzazione della Pa, tant’è che il decreto elimina la percentuale minima per il telelavoro stabilendo che ogni anno, entro il 31 gennaio, le amministrazioni redigano, sentite le organizzazioni sindacali, un “Piano organizzativo del lavoro agile” (abbreviato in “Pola” nella norma), ove siano indicate le attività che possono essere svolte in questa modalità, le misure organizzative compresi i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale e gli strumenti di rilevazione e verifica dei risultati. In caso di mancata adozione del Pola, il lavoro agile si applica, comunque a richiesta, ad almeno il 30% dei dipendenti.
E’ interessante la previsione sui risparmi di costi derivanti dall’applicazione delle predette norme che restano acquisiti al bilancio di ciascuna pubblica amministrazione con l’auspicio di convertirli in misure di welfare. Il protocollo di luglio indica le direttive principali che possono riassumersi in due parole: responsabilità e flessibilità.
La prima valorizza l’impegno dell’amministrazione di garantire il riavvio delle attività assegnando ai dirigenti definiti driver dell’innovazione organizzativa oltre alle ordinarie funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo anche quelle del confronto con i soggetti sindacali, con il responsabile del servizio di prevenzione protezione, il medico competente e il responsabile dei lavoratori alla sicurezza, per garantire le misure di sicurezza e la verifica costante delle condizioni di salubrità degli ambienti di lavoro.
La seconda interviene sull’orario dei servizi erogati al pubblico e su quelli di lavoro disponendo che siano organizzati in maniera flessibile per ridurre il rischio di affollamenti, ma anche che siano adottati regimi di articolazione dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale diversi da quelli precedenti idonei a favorire la conciliazione dei tempi di vita lavoro, tenendo presenti le condizioni di disagio e di fragilità del personale e applicando le norme contrattuali sulla flessibilità oraria.
Dialogo tra le parti sociali e ri-vitalizzazione della contrattazione decentrata sono gli ingredienti necessari ad attuare i valori costituzionali di salute e lavoro, buona amministrazione ed effettività dell’azione. Già il Comune di Milano ha adottato il suo piano.
Irrisolta la questione sull’utilizzo della piattaforma del Sicid – che consentirebbe al personale il collegamento ai dati dei fascicoli per consentire lo svolgimento del lavoro agile in condizioni di pari efficienza rispetto al lavoro in ufficio – la ripresa in condizioni ottimali dipenderà appunto dal ruolo che i dirigenti e il sindacato sapranno svolgere in sede decentrata, privilegiando non solo i servizi di assistenza all’udienza e delle attività connesse ma anche quelli indispensabile alla realizzazione del servizio, anche di quello erogato al pubblico.
Stabilire l’orario di lavoro è un atto gestorio del datore di lavoro, ma il Contratto integrativo nazionale del 29 luglio 2010 già prevede l’orario di lavoro massimo giornaliero di 12 ore, ricavandolo dall’obbligo di pausa tra le due giornate di lavoro. Con la conseguenza che ampio è il ventaglio delle alternative organizzative attingendo alle varie tipologie di orario, su 4, 5 o 6 giorni alla settimana, flessibile, con inizio della prestazione nelle ore pomeridiane, con turnazioni, plurisettimanale.
Il lavoro agile, secondo la nuova prospettiva post Covid, non è il lavoro da remoto cui siamo stati costretti nel periodo di emergenza pandemica, non è una vacanza, non è una fuga al sud (south working) ma un nuovo modello organizzativo incentrato sugli obiettivi. Si modifica la nozione tradizionale di subordinazione attenuando la soggezione del lavoratore e valorizzando obiettivi e risultato, modificando le nozioni di fiducia e di diligenza.
Smaterializzare tempo e luogo di lavoro impone la necessità di nuovi sistemi di tutela della persona che dovranno rendere ”sostenibile” il lavoro e questo sarà possibile solo attraverso una nuova cultura organizzativa manageriale e una formazione continua, attraverso gli accordi tra le parti per la determinazione di progetti e obiettivi e dei criteri di misurazione e valutazione del risultato raggiunto.
Il protocollo prevede un osservatorio presso la Presidenza del consiglio per il monitoraggio periodico sull’applicazione delle disposizioni e la possibilità di segnalare ogni disfunzioni all’ispettorato per la funzione pubblica che ha il compito di intervenire per consentire l’adeguamento. In questi mesi sono stati fatti passi da gigante ma tanto, tantissimo c’è ancora da fare.
* L’autrice di questo articolo è una delle curatrici del blog. Qui la sua biografia.