Diritti

Disabili, il mio grazie a una famiglia piemontese: un esempio di civiltà contro il doppio schiaffo dello Stato

Nella Gazzetta Ufficiale (Serie Speciale – Corte Costituzionale) n. 30 del 22 luglio 2020 è stata pubblicata la Sentenza 152 con cui la Corte Costituzionale ha imposto l’incremento delle pensioni agli invalidi civili totali. Interessante ed essenziale a mio avviso scoprire che dietro tutto ciò esiste l’ostinata determinazione di una famiglia piemontese che muove i passi verso il giusto riconoscimento di un diritto non solo per sé, ma per tutti.

Ricorrente in questi ultimi decenni il principio per cui il motore della macchina burocratica si accende se seguito allo scoppio determinato di qualche famiglia che finalmente trova la forza, il coraggio, la risorsa economica di volere e pretendere il riconoscimento di diritti che dovrebbero essere oramai scontati, metabolizzati, inclusi in maniera naturale nella vita di famiglie con disabilità.

Allo stesso modo, migliaia di famiglia anni fa si sono riunite ottenendo il riconoscimento embrionale della figura del caregiver. E ancora altre battaglie per vedere la nascita dell’assegno ai caregiver per i disabili in condizione di gravissime pluridisabilità, e poi per gli assegni di cura, per i diritti legati al perseguimento di una vita indipendente poi ancora i diritti a scuola e sul lavoro, alla cure ospedaliere con assistenza del caregiver e molti altri.

Ma ciò nonostante, questa ultima importante e positiva misura a tutela dei disabili mi ha fatto riflettere su quanta sia ancora la strada da percorrere per offrire reale opportunità di vita decorosa e dignitosa al disabile e alla sua famiglia.

Siamo ad oggi dinanzi a gravissime discriminazioni: per citarne alcune pensiamo alle migliaia di genitori e per lo più donne che si ritrovano anche giovanissime ad affrontare disabilità complesse dei propri figli e che per questo devono lasciare la carriera o il lavoro – magari precario o a termine a seconda dei casi. Questi genitori spesso non torneranno più alla loro vita, ma la spenderanno totalmente nella cura del loro congiunto tra ricoveri, interventi, attività di riabilitazione, nutrizione, accudimento eccetera fino alla fine. E poi ? Il vuoto.

Non avranno nessun diritto acquisito. Nessuna pensione o nessuna agevolazione per rientrare a lavorare. Il vuoto. Un doppio schiaffo di uno Stato che prima costringe a surrogarsi a servizi latenti e degrada il ruolo genitoriale a mille altre competenze e poi lo liquida come si faceva con gli schiavi affrancati.

Fratelli e sorelle di persone con disabilità gravissima che vivono condizioni di vita disagevoli, confinate, private di tantissime occasioni formative, educative, emozionali. Giovani che crescono senza che lo Stato li sostenga con borse di studi, percorsi psicologici, punteggi, crediti. Nulla. Come se assistere a 10 o 12 anni a crisi convulsive o urla o chissà quale altra inevitabile sofferenza fosse per loro un atto irrinunciabile.

Genitori con piccole attività lavorative che non possono fruire di quel po’ che esiste e che inesorabilmente chiudono perdendo tutto e consapevoli che sarà per sempre. A fronte di tutto questo ogni tanto si ode in lontananza un grido più forte di qualche anima che vince su tutto e così questa volta si è ottenuto l’incremento oggi che porterà la miseria dei circa 285 euro a circa 650. Ma non per tutti.

Pensiamo a chi ha portato il tema alla Corte Costituzionale e seguiamo questo esempio di legalità e legittimità e ripetiamo questa esperienza. Solo così avremo un vero progresso sancito ufficialmente e solo così il progresso inclusivo potrà essere sempre più percepito. Ovviamente e come sempre poteva farsi di più. Facciamolo. Ma nel frattempo non immobilizziamo il giudizio alla carenza, bensì diamo una spennellata di rosso al successo dell’iniziativa di una famiglia che non si è arresa.

Ci saranno state notti insonni, decisioni da prendere, timore, voglia di cambiare le regole ingiuste, senso civico e etico di voler dare un senso alla vita difficile di quel disabile che oltre il danno subisce la beffa come tanti e come tutti. Non ho voluto scrivere come e dove fare domande o quantificare cifre e commi. Ho voluto condividere una riflessione umana da genitore che ha raccolto con i banchetti in strada tante volte firme a sostegno di diritti mancati.

Mi sono sentita vicina a questa famiglia e a tutte quelle escluse. Siamo in acque molto agitate e a volte intraprendere un’azione così significa rischiare di annegare. Ma dopo tanti anni neanche questo ci spaventa più. Abbiamo imparato che il diritto di esistere è un diritto primario che vogliamo difendere a tutti i costi perché sono quegli occhi buoni, a volte assenti, a volte storti, a volte che non vedono o che vedono troppo ma sono proprio quegli occhi che noi guardiamo prima di decidere che siamo pronti per una nuova battaglie. Il mio personale grazie a questa famiglia piemontese esempio di civiltà.