Non c’è due senza tre. Dopo i tribunali di Madrid e Amsterdam anche la Corte europea si esprime a favore di Vivendi nella guerra contro Fininvest. Per i giudici del Lussemburgo, il congelamento di parte delle azioni Mediaset in mano a Vivendi non vale. Inoltre, la decisione del cda del Biscione di impedire l’accesso e il voto in assemblea ai francesi è illegittima. Insomma, tutto da rifare. Senza possibilità di appello, visto che la Corte è giudice di ultima istanza. Con i francesi che non solo potrebbero aumentare la partecipazione in Mediaset bloccando i progetti futuri in assemblea, ma potrebbero persino chiedere i danni all’Agcom di Angelo Cardani per un provvedimento che ha limitato a torto i diritti dell’azionista francese. C’è da scommettere che la prossima mossa francese sarà la richiesta di un’assemblea Mediaset in cui far valere la sua intera quota del 29,8%, e cioè sia il 9,9% detenuto direttamente che la restante parte (19%) affidata alla Simon Fiduciaria per venire incontro alle richieste Agcom. “Questa sentenza ha effetti importanti per Mediaset e per le delibere assembleari assunte sul presupposto di validità del provvedimento Agcom – spiega l’avvocato Eutimio Monaco, che ha trent’anni di esperienza in materia antitrust con focus sulle telecomunicazioni – Inoltre, a questo punto, Vivendi potrebbe anche aumentare la sua partecipazione in Mediaset”. Forse anche per questo l’azione del Biscione ha recuperato terreno in Borsa.
Nel dettaglio, Vivendi ha impugnato in Lussemburgo l’articolo 43 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici che ha consentito all’Agcom di intervenire nella querelle fra Mediaset e Vivendi intimando a quest’ultima di ridimensionare il suo peso azionario in Telecom o in Mediaset. Alla base della disposizione dell’autorità di vigilanza, il fatto che aveva “violato la disposizione italiana che, allo scopo di salvaguardare il pluralismo dell’informazione, vieta a qualsiasi società i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche tramite società controllate o collegate 2, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo in Italia” come ricorda la Corte.
Nel caso di Vivendi, la violazione si manifestava nel fatto di essere al contempo socio di peso sia di Mediaset che di Telecom. “In particolare, secondo la Corte, non esiste un rischio per il pluralismo dell’informazione e dei media perché il mercato di riferimento è più ampio di quello preso in considerazione dall’autorità”, riprende l’avvocato Monaco. Per i giudici del Lussemburgo, “la disposizione italiana che impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset è contraria al diritto dell’Unione”, come si legge in una nota stampa. “Tale disposizione costituisce un ostacolo vietato alla libertà di stabilimento, in quanto non è idonea a conseguire l’obiettivo della tutela del pluralismo dell’informazione”.
A questo punto, il governo potrebbe anche decidere di allinearsi alla decisione della Corte con una revisione del Tusmar mettendo mano a una questione che è ormai più politica che economica. Quanto a Mediaset, la sentenza europea indebolisce le posizioni di Fininvest che intanto va avanti nella causa contro Vivendi per ottenere circa tre miliardi di risarcimento per il mancato acquisto della pay tv Premium. Tuttavia, in questa fase, mentre il governo è alle prese con la costituzione della rete unica via Cdp, nulla è scontato visto che Vivendi è anche socio di peso di Telecom Italia. E cioè dell’operatore che, assieme alla rivale Open Fiber, dovrebbe dar vita la rete unica nazionale delle telecomunicazioni fortemente voluta dall’esecutivo. Progetto approvato con il benestare di Vivendi nell’assemblea Telecom.