Cinema

Mostra del Cinema di Venezia 2020, l’ultraterrena Tilda Swinton Leone alla carriera: “Almodovar il mio amore più recente”

Coppa Volpi qui al Lido nel ’92 come Isabella di Francia in Edoardo II, Oscar per Michael Clayton nel 2008, ha presenziato al corto The Human Voice diretto dal regista spagnolo. Un ruolo magnifico creato da una rivisitazione di Jean Cocteau

di Anna Maria Pasetti

“Se ne stava sdraiata con i capelli oltre il bordo del letto senza far niente. Stregato la osservavo, non accadeva nulla, forse si sarebbe mossa, era meglio che non dicessi nulla, forse si stava preparando per uno scoppio di genialità che avrei potuto rovinare”. Così Derek Jarman scriveva di Tilda Swinton, e nessuno meglio del suo “creatore” l’ha conosciuta né mai la conoscerà.

Non è un caso sia giunta al Lido indossando sotto ogni abito la maglietta originale del jarmaniano Caravaggio, il suo esordio assoluto davanti a una macchina da presa “senza Derek io non esisterei”. Luminosa di luce propria, Katherine Matilda Swinton era l’unico Leone d’Oro alla Carriera (anche se odia la parola carriera, “preferisco parlare di vita”) possibile in tempi di pandemia. Perché è l’unico (s)oggetto che pre-esisteva all’arte/cinema/show ponendovisi già oltre. L’unica immune dal peccato originale, giacché esso l’ha guardato in faccia sfidandolo. Concetti astrusi? Non se applicabili alla (cosiddetta) donna che cadde sulla Terra senza mai contaminarsi, come David (Bowie) il suo gemello separato dalla nascita. Di lei il genio e (l’unico vero suo amore) Jarman aveva capito tutto fin da quando la fece esordire nel 1986, facendole poi vincere la Coppa Volpi qui al Lido nel ’92 come Isabella di Francia in Edoardo II: inutile la mediocrità continui a sprecarsi in aggettivazioni sempre limitanti, Tilda l’ultratterrena, Tilda l’algida, Tilda la sovversiva e poi ancora l’androgina, l’astratta, la pansessuale.. forse è opportuno raggrupparli nell’unico e inconfondibile “swintoniano”. Qualcosa che si concede solo ai grandi, o appunto, agli indecifrabili.

Ha ricevuto un Leone onorario appoggiando al volto una maschera dorata da fiaba veneziana perché indossarne una vera non le si addice: già di troppi mascheramenti è composta la sua carriera, 60 anni a novembre, capigliatura di un colore che non esiste come la sua carnagione, glamourous by definition. Al Lido si è concessa poco, però ha tenuto una Masterclass e ha presenziato al corto The Human Voice diretto da un altro unicum del mondo camp, Pedro Almodovar, “lui è il mio amore più recente, sono così felice di averlo incontrato”. Un ruolo magnifico creato da una rivisitazione “almodovariana” di Jean Cocteau, qualcosa che pulsa di brividi nella mezz’ora della sua durata. Un Oscar da non protagonista per Michael Clayton nel 2008, infiniti altri riconoscimenti per una performer (che si autodefinisce “filmmaker” perché questo è il suo approccio di lavoro dentro al cinema) che lavora solo con chi “sente” possibile la costruzione di un rapporto di “fratellanza” vera: “Da Derek in poi ci sono stati Wes (Anderson, ndr), Jim (Jarmusch), Sally (Potter), Bong (Jon-hoo) e il vostro, il nostro Luca i miei fratelli di vita” riferendosi naturalmente a Guadagnino. “Con tutti loro si mangia insieme, si diventa amici, si cresce insieme.. sono diventati sorelle, fratelli, famiglia”.

Icona super-gender, Tilda vive così il cinema come gesto politico, d’altra parte l’indipendenza le appartiene dal momento che “Hollywood per me è Greta Garbo, e la Garbo ha lasciato Hollywood a 36 anni”. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è che quando Tilda Swinton si butta in un’impresa vi si immerge completamente: così ha fatto da madre dei suoi gemelli quando frequentavano la scuola, ebbene, si è appassionata all’educazione dei ragazzi con tale passione da aver fondato lei una scuola, nel Nord della Scozia. Ora che i figli sono grandi (“i primi passi l’hanno mossi proprio al Lido, al compianto De Bains..”) ha altri progetti per la testa, fra cui un film da regista. E siamo certi che lo farà perché Derek gliel’aveva predetto: “Tilda, un giorno dovresti maturare la volontà di realizzare tu stessa i tuoi film perché credo sia impossibile, a meno che non trovi il giusto veicolo sul quale proiettarti, che tu possa ritenerti soddisfatta”.

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