Più si avvicina il giorno in cui finalmente a decidere saranno i cittadini sulla riduzione dei parlamentari – che tutto l’establishment politico-mediatico fingeva di sostenere da oltre un ventennio – e più emerge chiaramente come il fronte unico del No, “trasversale” e composito solo nella superficie, abbia come obiettivo esclusivo l’annientamento del M5S e la spallata al Conte 2.
Finalmente, meglio tardi che mai, se sta accorgendo anche Nicola Zingaretti che rivolto principalmente ai “suoi” e a Italia Viva ha puntualmente messo in evidenza come “il No sia diventato, a prescindere dal merito, la clava per colpire il Pd, la maggioranza e il governo stesso” aggiungendo che chi ha questo obiettivo “farebbe meglio a chiedere apertamente la fine dell’esperienza di questo esecutivo Pd-M5S-Iv assumendosene le conseguenze.”
La valenza squisitamente politica, la strumentalizzazione del quesito referendario secondo le presunte convenienze e il sostanziale disinteresse al merito della consultazione, al di là delle ragioni nobili della strenua difesa della democrazia parlamentare e della rappresentanza addotte con veemenza dai vecchi e nuovi sostenitori del No, sono sempre più evidenti con la dilatazione del fronte anti-riduzione che comprende al completo casta politico-mediatica, poteri forti, establishment e nostalgici di ogni colore.
Sul fronte politico non poteva mancare Silvio Berlusconi, che ha gettato il suo partito nel caos ondeggiando di giorno in giorno tra “perplessità” e decisa avversione – tanto che il Giornale aveva titolato soddisfatto “svolta di B. sul referendum truffa”; ma una difesa più accorata e agguerrita delle poltrone è venuta, coerentemente per una volta, da un veterano di rango come Pierferdinando Casini, in prima fila per il No, che forte della sua permanenza in parlamento da 37 anni e forse preoccupato di essere tra i prossimi esclusi considera il taglio dei parlamentari alla stregua della ghigliottina.
Per il No anche Romano Prodi, senza esitazioni, ancora meno perplesso di B. a cui come è noto vorrebbe dare l’opportunità di “rafforzare” la maggioranza, presumibilmente in un bel governo di larghe intese dopo l’attuale; e particolarmente incattivito contro “la finalità antipolitica” della riduzione dei parlamentari anche il suo ex-Guardasigilli Giovanni Maria Flick, che a Rainews 24 ha insistito sull’inadeguatezza dei promotori, “persone improvvisate che non sanno che pesci prendere”, cultori della democrazia diretta ma “diretta da chi e diretta dove?”.
Ma nella variopinta galassia del No con cui deve fare i conti Zingaretti dentro casa ci sono anche quelli che come Zanda e la Finocchiaro si sono schierati per il No prevedendo una catastrofica paralisi parlamentare a seguito di un taglio lineare “in mancanza di pesi e contrappesi”. Gli stessi che nel 2008 furono primi firmatari di un ddl costituzionale che prevedeva in “una specifica e circoscritta proposta di modifica la prima e più stringente riduzione del numero dei parlamentari” per corrispondere ad “un’istanza di innovazione del nostro ordinamento costituzionale condivisa da una larghissima maggioranza delle forze politiche e parlamentari”. E’ facile indovinare quale fosse il numero che proponevano questi campioni di coerenza e di faccia tosta.
Fuori casa Pd, ma decisamente nelle vicinanze, ci sono le Sardine arroccatissime sul fronte del No e molto desiderose “di colmare un silenzio sulla parte del No al referendum” (speriamo il riferimento sia ai contenuti) e dunque di manifestare in piazza anche se, come ha garantito Jasmine Cristallo in piazza Santi Apostoli, ci saranno le sedie per garantire il distanziamento sociale e, aggiungerei, forse anche per riempirla dato che al loro ultimo appuntamento romano, prima del lockdown, la stessa piazza stracolma il giorno precedente con il M5S era letteralmente semivuota.
E speriamo che magari a Roma ci sia anche l’occasione di correggere le inesattezze e le distorsioni inanellate da Mattia Santori, chissà se solo casuali, a proposito della presunta allarmante riduzione della rappresentanza che comporterebbe la riforma, in perfetta sintonia con la cosiddetta narrazione renziana. Un racconto basato su una modalità di calcolo parziale e truffaldina, che tiene conto solo degli eletti alla Camera, smentita da ultimo dall’Istituto Cattaneo secondo cui in termini di valore assoluto nella comparazione tra i parlamentari e il rapporto con la popolazione l’Italia odierna ha il più alto numero di parlamentari al mondo, mentre “l’Italia post riforma si colloca in linea con gli altri paesi europei”.
Infine solo un cenno agli “spiriti liberi” e cioè a quelli che lasciano libertà di voto per convenienza, perché magari nonostante il bombardamento mediatico per il No potrebbe stravincere il Sì. Tra questi uno a caso che nel 2016 voleva abolire le elezioni per il Senato e considerava “ridicolo avere 945 parlamentari” ma che ora liquida la riforma, approvata nell’ultimo passaggio alla Camera quasi all’unanimità, come nient’altro che uno spot.
Tutto questo caravanserraglio, per chiamarlo con il suo nome, prospera, imperversa, ci infastidisce o a tratti ci fa ridere e ci distrae da problemi ed emergenze ben più serie perché alimentato dal Giornalone Unico del No e da una bella quota dell’offerta televisiva, ancora e da sempre megafono del pensiero unico.
Se – come emergerebbe dai sondaggi – gli italiani nonostante il perdurante bombardamento mediatico continuano in stragrande maggioranza ad essere favorevoli alla riforma ed intenzionati, a differenza dei loro rappresentanti, a votare coerentemente Sì, è auspicabile che politici e giornalisti continuino imperterriti così, perché l’effetto rigetto è garantito.