Dopo avere mancato gli obiettivi del programma 'Test and Trace' per mappare i contagi, il premier ha deciso di compensare i lavoratori a basso reddito che si infettano e si isolano per un massimo di 150 euro per 10 giorni. Una misura pilota partita solo nelle aree a rischio e derisa dai laburisti
La ripresa delle attività a Westminster, il rintocco della campanella scolastica anche in Inghilterra e Galles questa settimana, e le spronate di Boris Johnson ai britannici a tornare al lavoro in ufficio. La Gran Bretagna vuole ripartire, a dispetto della curve crescenti del contagio con altri 1295 casi registrati ieri e una media di 1339 infezioni giornaliere nell’ultima settimana. La Scozia è stata addirittura costretta a reintrodurre misure restrittive a Glasgow dove sono stati registrati 66 nuovi casi e, dunque, sono state bandite di nuovo gli incontri in casa tra persone di famiglie diverse per le prossime due settimane.
Tra gli estremi rimedi implementati da Downing Street per arginare i contagi, il Ministero della Salute britannico ha introdotto un ‘incentivo-quarantena’ per incoraggiare all’auto-isolamento anche chi risulta positivo al virus ma non può permettersi – soprattutto per ragioni economiche – di non andare al lavoro. Già deriso dall’opposizione, il governo Tory compenserà i lavoratori che si infettano, hanno un salario basso (fino a circa 16mila euro l’anno), e non possono lavorare da casa, versando loro un bonus di 13 sterline al giorno (circa 15 euro) per un massimo di 150 euro per 10 giorni di isolamento. Tanti dei lavoratori a basso reddito, infatti, rifiutano di stare a casa per timore di essere licenziati e di dovere affrontare difficoltà finanziarie. Anche i familiari che vivono nella stessa abitazione del contagiato avranno diritto ad un pagamento di 182 sterline (205 euro) per restare a casa 14 giorni in quarantena, se non possono lavorare da casa.
La misura sembra essere stata lanciata per parare al fallimento del programma ‘Test and Trace’ in Inghilterra. Per nove settimane consecutive il servizio della sanità britannica (NHS) ha infatti mancato l’obiettivo ritenuto necessario per contrastare il contagio, ovvero identificare l’80% di soggetti che sono stati in contatto con persone risultate positive al Coronavirus, contattarli e convincerli a mettersi in quarantena. Il risultato migliore ottenuto dal Test and Trace, su base settimanale, è arrivato al 75% di contatti effettuati.
Il 1 settembre la fase pilota di questa sorta di ‘isolati che ti pago’ è partita solo nelle aree dove il contagio è alto (Blackburn, Pendle e Oldham, nel nord dell’Inghilterra) ma dopo un’analisi costi-benefici il programma potrà essere esteso ad altre città dove il virus toccherà i suoi picchi più alti. E in Gran Bretagna, come nel resto d’Europa, si prospetta che l’indice di contagio possa risalire, ora che con la riapertura delle scuole molti genitori potrebbero tornare in ufficio, usando i mezzi pubblici.
“La gente sta tornando in ufficio in massa, questo male continuerà per un po’ ma il nostro paese si sta rimettendo in piedi”, ha detto un ottimista Boris Johnson che sembra però essersi perso le statistiche: nel giorno del grande rientro post-vacanze nemmeno la metà dei lavoratori è tornata alla scrivania. BBC riporta che solo 1 lavoratore su 6 è rientrato in ufficio dall’uscita dal lockdown in maggio, mentre a Londra il flusso di passeggeri registrato dall’ente dei trasporti pubblici londinese (Transport for London) si è ridotto del 50-70%.
Downing Street intanto sta cercando di mettere a punto una difficile roadmap in vista di un inverno che si preannuncia turbolento sul fronte Coronavirus quanto su quello politico. “Non c’è alcun dubbio che negli ultimi mesi abbiamo navigato nella burrasca. Inevitabilmente abbiamo dovuto virare un po’ a destra e a sinistra ma siamo rimasti solidi e abbiamo mantenuto la rotta”, ha precisato Johnson nella sua prima riunione di gabinetto dopo la pausa estiva. Di fatto però, da un sondaggio di Opinium, il premier manterrebbe solo due punti di vantaggio sul leader dell’opposizione laburista Keir Starmer – rispetto ai 26 punti di 5 mesi fa -, affossato dalle critiche per i suoi infausti retromarcia su Covid-19 e per l’ inconcludente gestione della Brexit. Dopo il fallimento delle settima tornata di negoziazioni con la UE lo scorso 21 agosto, il round decisivo è ora previsto per il 7 settembre, quando il capo negoziatore britannico David Frost e la controparte europea Michel Barnier, terranno un vertice di emergenza per scongiurare lo spettro di un no-deal: sarà l’ultima chiamata per raggiungere il famigerato accordo commerciale prima che la Gran Bretagna salpi alla deriva dal resto dell’Unione Europea.