Il reato è stato individuato, ma mancano ancora i nomi di chi possa averlo commesso. L’inchiesta sull’infezione da Citrobacter all’ospedale Borgo Trento di Verona è coordinata dal procuratore Angela Barbaglio e condotta dal sostituto Diletta Schiaffino. Al momento è stato ipotizzato un omicidio colposo plurimo, in quanto violazione dell’articolo 590 sexies del codice penale. È la norma che punisce la “responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”. In questo caso le morti di bambini sono quattro, ma in altri 9 casi si sono verificati gravi danni cerebrali. L’articolo 590 sexies prevede l’esclusione del reato “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia”, nei casi in cui siano “rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

La relazione di una commissione della Regione Veneto è invece molto severa nell’attribuire responsabilità ai chi gestiva i reparti di Terapia Intensiva Pediatrica e Terapia Intensiva Neonatale dell’ospedale, che sono stati chiusi a giugno assieme al punto nascite di Ostetricia, il più importante del Veneto. Vi è scritto, tra l’altro, che ci si sarebbe trovati “di fronte ad una contaminazione a partenza ambientale che ha portato ad una diffusione del patogeno, con comparsa di infezioni invasive, con una iniziale sottostima e con il riconoscimento tardivo del problema da parte dei medici della Terapia Intensiva Neonatale con conseguente scarso coinvolgimento del Comitato Infezioni Ospedaliere almeno fino al 1° trimestre del 2020”. Il batterio-killer era annidato nei rubinetti e non sarebbero state rispettate le norme igieniche richieste negli ambienti sanitari.

La Procura ha incaricato degli accertamenti i carabinieri del Nas, ma è evidente che anche la relazione della commissione ispettiva entrerà nel fascicolo processuale, visto che il governatore Luca Zaia ne ha disposto l’invio ai magistrati, con l’auspicio che l’inchiesta possa essere rapida. La conferma viene dal procuratore Angela Barbaglio, che ha spiegato come ancora nessuno sia stato iscritto nel registro degli indagati. “Abbiamo acquisito la relazione della Commissione ispettiva dalla Regione Veneto, con la quale siamo sempre stati in contatto. Le conclusioni verranno confrontate con il materiale finora raccolto dai carabinieri del Nas, che hanno già ottenuto le cartelle cliniche dei bambini. Il nostro compito è capire se ci siano delle responsabilità penali per quanto accaduto”.

Intanto il governatore Zaia ha chiesto ai vertici della clinica ospedaliera veronese provvedimenti disciplinari. Ma il Pd va all’attacco del presidente leghista della giunta, sostenendo che a fronte di quattro decessi, nove piccoli cerebrolesi e quasi 100 infezioni, non se la può cavare dicendo di essere stato informato solo nel maggio scorso, due anni dopo l’inizio di una contaminazione di massa, in un arco di tempo molto ampio.

Intanto l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata ha emesso una nota: “L’Azienda si riserva, come di prassi nella massima trasparenza, di presentare controdeduzioni alla Regione entro il termine richiesto di 48 ore”. E Francesca Frezza, la mamma di Nina, deceduta nel novembre scorso a causa dell’infezione da Citrobacter, si è presentata davanti all’ingresso di Borgo Trento. “Tornerò qui ogni mattina, all’ingresso della maternità. Non ci basta che le relazioni della commissione regionale ci diano ragione. Ora devono cambiare gli attori responsabili”.

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