I dati sul composto, chiamato pomposamente Sputnik V, sono stati pubblicati dalla rivista. Ebbene i risultati dei test evidenziano "un buon profilo di sicurezza senza eventi avversi per 42 giorni", inoltre è stata verificata "una risposta degli anticorpi entro 21 giorni". Gli studi non randomizzati di fase I-II, sono stati condotti su 76 volontari a cui è stato somministrato il vaccino in due ospedali di Mosca. Tra questi anche il primo cittadino, Serghei Sobyanin
Dopo l’annuncio di Vladimir Putin di un vaccino russo efficace contro il coronavirus, la comunità scientifica, in assenza di dati sulla sperimentazione, aveva sollevato più di una perplessità. Oggi i dati sul composto, chiamato pomposamente Sputnik V, sono stati pubblicati dalla rivista di The Lancet. Ebbene i risultati dei test evidenziano “un buon profilo di sicurezza senza eventi avversi per 42 giorni”, inoltre è stata verificata “una risposta degli anticorpi entro 21 giorni“. Gli studi non randomizzati di fase I-II, sono stati condotti su 76 volontari a cui è stato somministrato il vaccino in due ospedali di Mosca. La ricerca è stata condotta dal Gamaleya Institute of Epidemiology and Microbiology (Mosca). Il 26 agosto è stata approvata la fase 3 della sperimentazione del vaccino su 40mila volontari che verranno costantemente monitorati attraverso un’applicazione online.
A provare il vaccino anche il sindaco di Mosca. “Per dare vigore ai miei colleghi ed essere sicuri che abbiamo aperto una finestra di opportunità in questa situazione”, ovvero “che in Russia è veramente comparso un nostro efficace vaccino nazionale, ho preso questa decisione. Mi sento bene, Dio voglia che sia così anche più in avanti”, ha detto Serghei Sobyanin annunciando, in videoconferenza con Vladimir Putin, di essersi vaccinato. Il capo del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif) Kirill Dmitriyev, invece, ha sostenuto che la produzione al di fuori della Russia del vaccino potrà iniziare già a novembre. “Abbiamo accordi con l’India, il Brasile e molti altri Paesi, perché siamo veramente concentrati sulla possibilità di esportare questo vaccino, prodotto al di fuori della Russia, sui mercati esteri già a novembre, grazie alla meravigliosa tecnologia sviluppata dal Gamaleya Institute”, ha spiegato in un briefing per la stampa.
Uno degli studi ha preso in esame la formulazione congelata del vaccino e un altro la formula liofilizzata. La prima è prevista per un uso su larga scala, la seconda è stata sviluppata per le zone difficili da raggiungere e, in quanto è più stabile, il futuro vaccino potrà essere conservato a 2-8 gradi centigradi. “Sono state adottate misure senza precedenti per sviluppare in Russia un vaccino anti Covid – ha sottolineato Alexander Gintsburg, tra i curatori degli studi del Gamaleya Institute of Epidemiology and Microbiology – Sono stati effettuati studi preclinici e clinici che hanno permesso di approvare provvisoriamente il vaccino ai sensi dell’attuale decreto del Governo della Federazione Russa del 3 aprile 2020. Questa autorizzazione provvisoria richiede uno studio su larga scala e consente la vaccinazione della popolazione nel contesto di uno studio di fase 3, utilizzando il vaccino sotto stretta farmacovigilanza e somministrandolo a gruppi a rischio”. Anche perché in assenza di uno studio e di una sperimentazione secondo i protocolli il vaccino non potrebbe essere autorizzato e utilizzato al di fuori dei confini russi.
Il vaccino russo include due vettori di adenovirus, quello umano ricombinante di tipo 26 (rAd26-S) e l’adenovirus umano ricombinante di tipo 5 (rAd5-S), che sono stati modificati per esprimere la proteina ‘spike’ Sars CoV 2. Gli adenovirus sono anche indeboliti in modo che non possano replicarsi nelle cellule umane e non possano causare malattie come, ad esempio, il raffreddore. In un commento collegato allo studio, Naor Bar-Zeev, dell’International Vaccine Access Center della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health (Usa), ha sottolineato: “Gli studi dei colleghi sono incoraggianti ma piccoli. L’immunogenicità è di buon auspicio, sebbene non si possa dedurre nulla sull’immunogenicità nei gruppi di età più avanzata, inoltre – aggiunge Naor Bar-Zeev, che non ha partecipato alla ricerca – l’efficacia clinica per qualsiasi vaccino Covid-19 non è stata ancora dimostrata”. Basti pensare che altri candidati vaccini, che sono considerati promettenti, sono stati testati su oltre 1000 persone nella fase I e II e si attendono gli esiti dell’ultima fase — in particolare quello di Oxford/AstraZeneca – su 30mila persone.